Il bilancio della discordia

di Giancarlo Vesperini*

 

San Benedetto del Tronto, Consiglio comunale del 30/07/2015 –  

Faro’ una considerazione molto breve. Per motivare il mio voto favorevole.

Molto è stato già detto nel merito con competenza tecnica e troppo con arroganza e supponenza per un esasperato protagonismo.

Questo bilancio è una risposta concreta, all’altezza di quell’evento epocale che è la crisi finanziaria ancora in atto. Un giusto bilancio secondo principi di “adeguatezza”, ”proporzionalità” e ”gradualità” dettato dall’evidenza dei numeri e condizionato dalla ricerca di sintonia con le aspettative dei cittadini, la crisi continua a rendere un lusso i diritti.

Dal punto di vista POLITICO: Credo giusto puntare a togliere a questa coalizione di centro-sinistra quell’etichetta di amministrazione delle tasse che gli impedisce di parlare compiutamente alla città che lavora e produce.

(Siamo attualmente spronati alla “sobrietà”, ma in verità ci si pretende intimoriti dai possibili contraccolpi personali delle proprie decisioni. Ci si esorta a essere “responsabili” nelle scelte e quel che davvero si vuole è che si agisca condizionati dalla ricerca di sintonia con le aspettative dei cittadini.)

Scaricare ogni volta tutte le varie problematiche solo su chi governa è troppo comodo politicamente

(Oggi la sostanza del problema di fondo è la medesima: quali rapporti possono esserci tra l’amministrazione e i partiti . Tali da far combaciare il peso soverchiante dei partiti, i suoi modelli ideologici, economici, culturali, con le esigenze di governo di una amministrazione.

(si è sempre detto il partito fa politica e l’amministratore governa). In questa occasione il problema non sarebbe così drammaticamente evidente se ad alcuni del partito fosse riuscita l’operazione di trasformare la loro potenza elettorale, in aspirazione al dominio come esercizio di un’egenomia per cui alla fine appare sempre a chi osserva dall’esterno come un’espressione diretta di puri rapporti di forza e pertanto qualcosa di autoritario e necessariamente odioso e appare fondamentalmente autoreferenziale, incapaci di proporre alla città una prospettiva che vada oltre il feticistico “ rispetto delle regole” e solo alle loro. Queste”regole”di partito non possono andar bene come norma fondamentale di sostegno per un progetto politico-amministrativo quale è il bilancio di previsione)

Mi dispiace che nonostante le esperienze fatte in vari anni e l’impegno personale di diversi consiglieri non si nota attualmente la” politica” quella con la P maiuscola come spesso si è detto! : quella cosa fatta di passioni e di audacia, di lungimiranza e di creatività.

Vignoli ha denunciato una mediocrità culturale-politica nella maggioranza, ma deve riconoscere che ha contribuito la minoranza che non ha svolto il ruolo di opposizione e non ha obbligato una risposta puntuale della maggioranza. 

Dal punto di vista ECONOMICO il bilancio affronta il cuore dei problemi strutturali della città, questa amministrazione ha compreso che la pressione fiscale troppo elevata su quanti pagano le imposte soffoca la possibilità di ripresa economica, ha attuato una politica che interviene non più e non solo sui meccanismi, cioè sull’HARDWARE della macchina amministrativa, ma sul SOFTWER cioè sull’intelligenza profonda che permette a una città di evolvere, di confrontarsi con le esigenze reclamate dei cittadini. Tutto questo con le difficoltà incontrate in questi anni nella revisione della spesa pubblica e che fanno ben sperare sul fatto che questa possa essere una risposta alla domanda di recupero delle risorse.

Sono d’accordo con chi mi ha preceduto in maggioranza e confermo che questo bilancio è accompagnato da realismo gestionale necessario a evitare delusioni nei cittadini e nel rispetto di chi potrà proseguire a gestire politicamente questa città.

Questa è capacità, correttezza, concretezza di questa amministrazione.

 

(Il bilancio va approvato dall’unità della maggioranza e non minato da” consiglieri” che sempre hanno svolto il ruolo di precari e stampelle per chiedere sempre il conto del loro sostegno.

Questa occasione è una sfida tra conservazione e innovazione.

Risolto il problema dei numeri rimane il problema politico con chi scommette ancora alla fine del mandato contro questa amministrazione e restano nello stesso partito e in maggioranza.

Gli stessi che dopo essersi divisi nel voto “regionali” si dividono ancora nelle scelte condivise dalla maggioranza di cui fanno parte per questo bilancio.

Oggi non è in ballo il salvataggio dell’amministrazione Gaspari ma, il salvataggio della nostra città.

E non basta dire che si volta pagina ne può essere considerata una vera soluzione dare ancora incarichi a chi sostiene un sistema per il quale l’interesse personale o di correnti o di comitati di potere partitico prevale sull’interesse di amministrare questa città.

Questo modello di tutela di certi interessi per favorire una futura campagna elettorale per una prossima amministrazione, deve finire e non deve fare “ scuola”, è stato un ricatto odioso e irresponsabile un antico modo di fare politica che dimostra l’ignoranza, l’incapacità di un impegno possibile per non alimentare ulteriormente il movimento dell’anti politica.

Basta dire “ è sempre colpa di qualcun altro”. Devono scusarsi con i sambenedettesi che li hanno votati )

 

 

Il sindaco ha cercato con professionalità politica la possibilità di far concludere in modo leale e rispettoso la nostra collaborazione politico-amministrativa.

 

Ora vorrei riportare una riflessione che possa essere utile a ognuno di noi impegnati nel sociale.

C’è una priorità morale.

La tesi economica attuale che riguarda lo scarto tra il benessere di pochi e le difficoltà economiche di molti è diventato un tema cruciale.

La disuguaglianza, ha preso il centro del discorso politico nazionale ed internazionale e che ancora non sappiamo affrontare.

E come dice Danilo Taino: “Le differenze di patrimonio sono ancora alte come quelle di reddito, ma nel frattempo sono nati i servizi sanitari.”

L’istruzione si è allargata a dismisura. Gli avanzamenti tecnologici hanno distrutto diseguaglianze in misura impensabile: il telefonino, la televisione, internet, le automobili mettono tutti sullo stesso piano.

Quindi l ‘innovazione sociale e l’innovazione tecnologica sono forze egualitarie che hanno rivoluzionato il mondo. C’è una dose di ideologia dietro le teorie sull’ingiustizia della diseguaglianza e la questione è diventata una narrazione politica potente.

Non possiamo far finta di non accorgercene se vogliamo continuare ad avere un ruolo.

Diversamente lasceremo il campo a politiche che affrontano la questione con soluzioni deleterie.

Il fondo monetario internazionale nei giorni scorsi ha calcolato che l’aumento dell’1% della quota di reddito accaparrata dal 20% più ricca della popolazione riduce la crescita economica dello 0,08% nel giro di cinque anni.

I canali attraverso cui ciò avverrebbe possono essere diversi: chi è in basso nella scala del reddito ha maggiori difficoltà ad accedere ad una buona sanità o a una buona scuola; tende a indebitarsi di più, chiede politiche di sostegno.

Alcuni economisti sostengono che un euro in più a un povero verrà speso e farà crescere l’economia, un euro in più a un ricco finirà in banca.

Le differenze sociali hanno conquistato il centro del discorso politico: è un terreno nel quale sarebbe più corretto parlare di povertà invece che di disuguaglianza, dal momento che non sono affatto la stessa cosa.

Quindi se la disuguaglianza ci preoccupa, dovremmo preoccuparci di noi stessi. Perché il vero nodo è la povertà.

Alcuni filosofi invitano a concentrarsi più sull’eliminazione della povertà che sulla riduzione della distanza tra ricchi e poveri. PERCHE’? perché la povertà è una condizione dolorosa, è un elemento che non si riesce a sradicare dalla vita sociale, mentre la disuguaglianza può apparire più suscettibile di un controllo. O forse è facile vedere la disuguaglianza come ingiustizia, mentre la povertà può essere imputata ai fallimenti personali del povero.

Quindi un obiettivo ragionevole non è l’uguaglianza, ma l’auto sufficienza. Se la politica offre la possibilità di raggiungere una posizione nella quale una persona possa trovare la vita soddisfacente, allora non è particolarmente importante se ci sono persone che occupano posizioni superiori.

La povertà non implica disuguaglianza infatti i filosofi

( anche Aristotele: ETICA NICOMACHEA ) che si sono interessati di questo argomento socio-politico hanno proposto: occorre promuovere misure per garantire a chiunque di avere abbastanza per vivere, senza doversi preoccupare se ha meno di altri.

Certamente c’è difficoltà politico sociale per affrontare la tematica, potrebbe aiutare una legislazione mirata, naturalmente, ma alcune disuguaglianze sono cosi profondamente radicate nella natura dell’uomo che si rivelano relativamente immuni alle diverse forme di manipolazione sociale. In conclusione: avere meno degli altri non è uno scandalo; il dramma è la povertà.

( oggi ne parla solo il Papa Francesco).

 

*Consigliere di Maggioranza Dott. Giancarlo Vesperini

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