“Irrational Man” di Woody Allen

“Irrational Man” di Woody Allen

Siamo lontani anni luce dal miglior Woody Allen, ma tutti i suoi titoli degli ultimi dieci (venti?) anni sono lontani dal miglior Woody Allen. Il regista torna ad un tema amato e già molto trattato (in “Crimini e misfatti”, “Sogni e delitti” e “Match Point”), quello del delitto, inserendolo stavolta nel contesto accademico di un piccolo college del New England e perpetrandolo per mano di un personaggio votato ad una radicale forma di esistenzialismo, dove la legge morale di Kant è quanto di più distante da una realtà in cui a prevalere sono odio e malvagità.

Depresso ma seducente, Abe Lucas (un imbolsito Joaquin Phoenix) è un professore di filosofia che è passato non indenne attraverso alcuni drammi personali e si è guadagnato un’aria da irresistibile perdente e una pericolosa dipendenza dallo scotch di puro malto. Poco dopo il suo arrivo nel college, si imbatte in due donne disposte a tutto pur di stare con lui (la collega Rita, interpretata da Parker Posey, e la studentessa Jill, una primaverile Emma Stone) e, soprattutto, trova nel delitto la chiave di volta della sua esistenza precocemente ingrigita, la spinta per risvegliarsi dal torpore che da troppo tempo lo immobilizza.

E’ questa deviazione dall’amato “Delitto e castigo” e dai tormenti del giovane Raskol’nikov a rappresentare l’intuizione più originale di “Irrational Man”: l’omicidio di uno sconosciuto, di un giudice mai incontrato eppure velocemente inserito nella categoria dei cattivi, come forma di panacea esistenziale. Peccato che, da questo punto in poi, Woody Allen rinunci a perseguire il delirante progetto di morte del protagonista e decida di ripetere uno schema ormai noto, lo smascheramento del colpevole mediante dettagli disseminati nel film che, grazie all’aiuto del caso, si raggrumano nel finale per il prevedibile colpo di scena. Per questo “Irrational Man” è un film con buone premesse ma uno sviluppo troppo poco coraggioso per essere promosso con un voto superiore alla sufficienza. Il racconto è compatto, nonostante la scelta della doppia voce narrante avrebbe potuto sfilacciarlo; fotografi e scenografi hanno lavorato con il preciso intento di colorare il grigio, edulcorando così i toni plumbei che il professor Lucas si porta addosso; il jazz del Ramsey Lewis Trio regala una raffinata e gradevole frenesia; eppure “Irrational Man” poco aggiunge alla filmografia di un maestro sempre più prolifico ma anche sempre più stanco.

 

 

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