I segreti dell’arte di Mario Vespasiani: “La mia ricerca come un’arte marziale”

I segreti dell’arte di Mario Vespasiani: “La mia ricerca come un’arte marziale”

“Il mio imminente matrimonio? La scelta più coraggiosa e trasgressiva.”

Domenica 17 aprile presso il Caffè Meletti di Ascoli Piceno, la lettura di alcuni brani dal suo primo libro Planet Aurum.

San benedetto del Tronto, 2016-04-16 – Una arte fantasiosa e visionaria quella di Mario Vespasiani, un giovane artista che sa prevaricare la logica del mercato, oggi imperante tra le “Muse” dei giovani artisti. E questa prevaricazione paga, portandolo alla ribalta dell’arte italiana e rendendolo soggetto di scritti di filosofi, critici e storici. A proposito di Muse, oggetto di un suo importante progetto, Vespasiani va controcorrente, in una visione quasi petrarchesca della donna, dicendo: “ E’ l’uomo che deve far sentire unica la sua donna e farla diventare la sua Musa.” Tra i suoi principi, fondamentale la “liberta dell’Io” , che si può raggiungere solo placando la mente per poter essere sereno testimone oculare del reale.

Raccontaci la tua primaria fonte di ispirazione per la tua arte e quale delle tecniche da te usate tra fotografia, pittura, installazione e altre ti incarna maggiormente.

La mia fonte di ispirazione sta nell’essere in contatto col principio creativo universale. Dobbiamo tener presente che il vero potere dell’uomo sta nel prendere parte alla creazione, che continua nell’incessante fatica di comprenderla. Per questo in 17 anni ho lavorato come un forsennato, indagando come pochi non solo svariati temi ed altrettanti strumenti per una esigenza di conoscenza, ma per sperimentare di su di me la libertà di un io che si stacca dall’etichetta per mettersi dalla parte del nascente.

In questa prospettiva tutto può essere una fonte di ispirazione, una donna, un paesaggio, una sensazione particolare, le idee arrivano dal silenzio che riempie il presente di intuizioni. Si tratta di placare la mente, in questo modo i gesti e le parole avranno un’altra forza. Sono certo che l’ammirazione ci avvicina a ciò che ammiriamo, per questo è necessario coltivare la bellezza interiore, senza la quale non si può far brillare ciò che ci circonda. Le tecniche sono solo dei mezzi per raggiungere una precedente visione così come nella vera arte risiede l’acuta osservazione del reale.

Quale vuole essere il messaggio al pubblico, attraverso le tue opere?

Il messaggio è che la vita contiene una dimensione sacra, una tensione verso l’infinito ed io mi sento chiamato nella parte di un testimone oculare continuamente sollecitato. Avviene così: più uno è attento a ciò che lo circonda più riesce ad assorbire ciò che si verifica nel quotidiano, in un movimento che va da fuori a dentro, ma se si è profondi si riesce a compiere il percorso inverso, ossia, portare fuori ciò che di eccellente vi è al nostro interno e qui nasce l’arte o la santità.

Si tratta di un processo faticoso, che richiede una vitalità e una capacità di sintesi reattive, in grado di far affiorare la densità dell’istante.

A me interessa essere testimone dell’esistenza, che è insieme bellezza e mistero e perciò la mia opera si esprime non attraverso l’allegoria, la provocazione o la smaterializzazione del senso, bensì percorrendo la via dell’incarnazione.

Infatti tutti i soggetti ritratti, dai volti ai paesaggi, dal figurativo all’informale, alludono sempre ad una dimensione che li oltrepassa, che non li trattiene, per aprirsi allo stupore, al segno primordiale.

Si tratta di riconquistare lo sguardo autorevole, del bambino, dell’uomo primitivo che dinanzi magari ad un fiore o al sole, si sentono parte del tutto e non turisti o spettatori distratti.

Di te e della tua arte hanno scritto storici, filosofi, critici d’arte. Qual è la descrizione di te e della tua arte che ti ha incarnato maggiormente?

La lettura che è stata fatta al mio lavoro, sia nell’ambito artistico che attraverso le opinioni dei tanti studiosi coinvolti ha sempre rispettato le premesse e l’entusiasmo che ho riscontrato dalla loro viva voce fin dal primo approccio. Non è dunque semplice fare distinzioni, perché ciascuno ha trattato una parte significativa della mia ricerca, ossia di me in un particolare momento. Perciò non posso che essere grato a tutti coloro che ho incontrato e che hanno sottolineato con le loro parole il mio aspetto.

Tuttavia dobbiamo dire che la critica d’arte generale (d’altronde come la filosofia e la politica) attraversa una grave crisi, non è dunque semplice scegliere nuovi interlocutori che abbiano l’elasticità di spaziare dal loro campo e la voglia di confrontarsi con un autore davvero indipendente da certe logiche e dalle mode, ma anche perché sono spesso persone riservate, che appaiono poco e che si conquistano col tempo.

Va poi considerato che nel vuoto aperto sulla tela da Burri e Fontana il pensiero intellettuale ci è caduto dentro e fino ad oggi non lo ha ancora saputo colmare, così con i miei coetanei ci siamo ritrovati a riprendere un cammino ognuno da punti differenti, visto che la storia dell’arte ha saltato un’intera generazione proprio nel frattempo in cui il mondo è passato da globo a network.

Attualmente vi è una gran confusione di linguaggi e di contenuti e così a prevalere specie sui giovani è la logica del mercato, di chi più strilla più vale (chi vusa pusè la vaca l’è sua), perciò io mi muovo sul fronte opposto: in me la pittura resiste e sopravvive, perché la considero parte del sentire umano, un’arte millenaria che indaga soglie indecifrabili ben lontane da tutte queste esaltazioni provocatorie dell’orrido e dell’osceno, dell’esibizionismo dell’autore o del minimalismo concettualista che fanno tanto tendenza.

All’evaporazione dell’artista come figura militante, alla sopravvalutazione del pensiero a scapito dell’opera, ti rispondo con una frase controcorrente che mi ha dedicato il cantante Giovanni Lindo Ferretti, che conclude il suo testo in catalogo: Grazie, Mario per il tuo operare. Tu porti il fuoco, anche i sassi ne sono partecipi.

E c’è stata mai una critica che ti abbia infastidito e se sì, quale?

Per come funzionano le cose è molto difficile essere infastidito, in quanto anche se ad uno non piaci per niente, non te lo dirà mai perché non gli interessa avere un nemico in più e pure gratis, quando invece facendo la gatta morta potrebbe avere se non proprio un cliente, un follower, che poi compra anche il suo libro insieme a quei quattro studenti.

Quanto farebbe bene avere una serena critica al vetriolo ben argomentata, aiuterebbe ciascuno di noi a riflettere meglio, a ragionare su tema, su un’opera o su quello che potrebbe sembrare solo un esercizio di stile campato in aria!

Comunque sì, ci fu un commento che proprio all’esordio mi lasciò perplesso per non dire infastidito. Una persona mi definì nei modi e nel dipingere monaco Shaolin mentre io mi sentivo un selvaggio di genio perché volevo afferrare tutto ed ogni cosa che facevo mi piaceva. Nel tempo questa definizione mi è rimasta nella testa ed oggi riguardando diciassette anni di pittura penso che non ce ne sia stata di più concreta. Senza saperlo ho inteso la mia ricerca come un’arte marziale, in cui la preghiera e la meditazione erano parte dell’opera e i modi di fare erano segni di accoglienza e il gesto pittorico un’arma d’assalto. L’Oriente era presente in me ed io non me ne ero accorto, percorrevo la via dello Zen senza saperlo. In effetti, per tutti questi anni non ho fatto altro che praticare un’attività profondamente legata tra mente e azione, tra il mio io e la mia vita, in armonia col mondo, facendo ciò che doveva essere fatto, diventando Unità con quello che cercavo di esprimere.

Il tuo progetto Mara as Muse vede la donna al centro delle tue opere. Come vedi la donna oggi, e cosa ha di diverso la tua Musa – se ha differenza – da quella comune che si può incontrare tutti i giorni?

Mara as Muse è un progetto per certi versi rivoluzionario, che mette al centro della creazione un rapporto reale, uno scambio continuo che si verifica nella conoscenza, in cui ognuno ha il suo ruolo e nessuna strategia di convincere gli altri, se non di conquistarli con l’autenticità che ci riconoscono. Oggi che gli intellettuali e molti artisti sembrano essere collaborazionisti, ossia a libro paga di chi gli offre visibilità e stabili dove il mercato li vuole, noi abbiamo intrapreso una strada opposta, magari più faticosa ma che stimola ad allargare il cuore e la mente. Si tratta di un’avventura che è tutt’uno con la vita e dagli incontri, dai luoghi che visitiamo, dallo stare insieme nascono immagini e oggetti che come vere opere d’arte parlano di noi.

Mi chiedi della donna oggi: il suo potenziale è straordinario solo se si unisce a quello maschile, senza scendere nella trappola della competizione o della seduzione bensì nel sentirsi trasportata da una passione comune. Se guardo alle ragazze artefatte o a quelle eccessivamente dedite alla carriera, si percepisce una mancanza di equilibrio di fondo; ma bisogna anche dire che se l’uomo non riesce a far sentire unica la donna che ha di fianco al punto da modificare la sua psicologia, è lui quello da curare.

Concludendo la risposta ti dico che non ci sarebbe niente di diverso tra la mia musa e una ragazza qualsiasi. Mara ha solo trovato un ragazzo che non guarda a se stesso, ma che si rispecchia in lei. Forse è questa la forza del nostro progetto: parla di quotidianità, di cosa vogliamo essere, senza sentirci vittime dell’apprezzamento degli altri, di finire per forza avanti agli altri o di piacere a troppi. Noi siamo il nostro stile. E chi ci conosce ci ama.

A tal proposito, è vero che ti sposerai quest’anno?

Vero. Sarà il 10 luglio, al duomo di Fermo, giorno che si colloca a metà tra i nostri due compleanni, nella città che ci ha fatto conoscere e nella chiesa che lo scorso anno ci ha accolti mano nella mano ma con addosso vestiti d’epoca dietro il Palio dell’Assunta che ho dipinto e che Mara ha interpretato, nel corteo come Dama del Palio e nel drappo nel volto di Maria.

Si tratta di una decisione importante, intesa come Fiducia da accettare senza riserve, un concetto che spesso la cultura occidentale ha offuscato in quanto non è rivolta ad un essere limitato, bensì a ciò che non conosciamo, ma che ci chiama. Siamo in continuo mutamento ed insieme proviamo a porre la fiducia da qui a lì, da ciò che non siamo a ciò che potremmo essere e che l’anno santo in corso ha riconosciuto nella Misericordia.

Una curiosità da gossip sulla sposa: conoscendo Mara immagino che indosserà un vestito di una tale raffinatezza per cui le novelle sposine da quel giorno in avanti non potranno che prenderlo come riferimento.

Parlaci dei tuoi nuovi progetti.

Il matrimonio mi sembra il progetto più coraggioso mai affrontato, visto che da più fronti si sta attaccando il ruolo della famiglia, che è invece è un nucleo fondamentale che mantiene in equilibrio non solo l’individuo ma tutta la società. Ora arriva proprio da un artista come me, ossia dalla persona che dovrebbe essere la più libera e irrequieta di tutti, la decisione di “ufficializzare”. Oppure non sarò davvero il trasgressivo visto che oramai la normalità sta nel non farlo, dato che il conformismo ha messo in minoranza non solo le nozze, ma persino il buon senso? Ciò che mi affascina è quel Sì, è il coraggio di aver maturato una decisione definitiva e di provare a mantenerla, è quell’amore che mi supera e che non conosco, sono i miei limiti che affido a una forza superiore. Esattamente quello che faccio ogni giorno quando dipingo.

Imminente è invece per domenica 17 aprile presso il Caffè Meletti di Ascoli Piceno la lettura di alcuni brani tratti dal mio primo libro interamente dedicato agli scritti intitolato Planet Aurum, interpretati per l’occasione da due protagonisti dell’opera lirica contemporanea. Da sempre attento alle nuove forme di contaminazione, cerco di aggiornare l’idea del caffè filosofico per invitare il pubblico ad un contatto diretto, a prendere parte ad un evento che si presenta senza precedenti e che si pone da stimolo per entrare nel processo creativo mediante la lettura di storie, che riguardano opere non ancora realizzate ma ben chiare nella mia mente e che tenterò di concretizzare facendo forza sul potere del racconto e dell’immaginazione.

MARIO VESPASIANI nasce nel 1978 vive e lavora nelle Marche e nei luoghi che meglio si prestano a sviluppare i suoi progetti. E’ uno dei talenti più eclettici dell’arte italiana, con una ricerca che lo sta portando ad innovare il concetto di pittura sia nelle varie modalità espressive che nello studio delle luminosità del colore. Le sue opere adottano un linguaggio simbolico e si rivolgono ad un più vasto itinerario dell’anima, incentrandosi sul profondo mistero della creazione e sulla trasmissione dei moti dello spirito. Per i risultati raggiunti e per la profondità della sua ricerca, nel novembre 2015 il periodico Panorama lo ha definito la Nuova generazione dell’Arte italiana.

 

Nel 2008 a dieci anni dalla prima personale realizza la mostra che avvia il progetto denominato “La quarta dimensione” attraverso il quale propone un dialogo con alcuni grandi maestri dell’arte italiana a lui particolarmente vicini in un determinato momento della ricerca. Il primo avvenne nel 2008 con Mario Schifano mettendo in risalto il colore e il gesto pittorico che contraddistingue il procedere istintivo dei due autori, per l’approccio grintoso, per la carica vitale e mai prevedibile della pittura. Nel 2010 presso la Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Ascoli Piceno le sue opere si affiancarono all’astrattismo lirico di Osvaldo Licini, in questo momento le tele di Vespasiani sempre meno figurative forniscono una panoramica del tratto pittorico che raggiunge soluzioni stilistiche più evanescenti ed essenziali.

Sulla linea colorista, che scende lungo l’Adriatico, nel 2012 presenta il dialogo in tre sedi con i capolavori di Lorenzo Lotto, il quale oltre ad essere uno dei più autorevoli interpreti è anche colui che ha saputo rivoluzionare i codici del ritratto e la mostra ha focalizzato l’attenzione sull’interpretazione psicologica e formale del volto, dalle espressioni comuni alle tensioni umane più profonde. Nel 2015 il gallerista Pio Monti presenta la mostra La quarta dimensione nella fotografia di Mario Giacomelli e Mario Vespasiani dove per la prima volta le sue immagini fotografiche si specchiano nei riflessi comuni e nello sguardo appassionato di Giacomelli, uno dei fotografi più incisivi del ‘900. Con la mostra Gemine Muse espone giovanissimo ai Musei Capitolini di Roma, a 27 anni vince il primo Premio Pagine Bianche d’Autore, nel 2011 viene invitato al Padiglione Italia della 45° Biennale di Venezia, figura nel libro Fragili eroi di Roberto Gramiccia dedicato ai più interessanti artisti italiani del futurismo ad oggi e sul Dizionario dell’Arte Italiana edito da Giancarlo Politi.

Tra i primissimi artisti italiani ad espandere l’impronta pittorica dai nuovi materiali alle tecnologie, viene inviato nel 2012 dall’Accademia di Belle Belle Arti di Macerata a tenere una conferenza dal titolo: L’essenza e il dono. Arte, relazione e condivisione, dalla tela all’iPad e nello stesso anno con le opere realizzate mediante l’iPad ed applicate su alluminio partecipa al Premio Termoli. Per tutto il 2014 si è dedicato al progetto Mara as Muse sottolineando, in piena controtendenza, il ruolo di una Musa quale figura ispiratrice dell’atto creativo e delle sue molteplici forme espressive. Nel 2015 realizza delle opere in pura seta intitolate Storie di viaggiatori, territori e bandiere che espone come fossero vessilli di un’arte che torna ed essere simbolo e immagine di un’identità ben precisa e che va oltre le classiche modalità espositive per mostrarsi in una performance nella Pinacoteca civica di Ascoli Piceno, in un happening con le opere disposte al vento sulla cima della Torre dei Gualtieri di San Benedetto del Tronto e al 48° Premio Vasto. Nel mese di maggio esce Planet Aurum il suo primo libro interamente dedicato agli scritti e nello stesso anno la città di Fermo lo invita a dipingere il Palio dell’Assunta dedicandogli contemporaneamente una personale. La città di Santa Vittoria in Matenano gli riserva una grande mostra che raccoglie per la prima volta le opere dagli esordi ad oggi ed una importante pubblicazione generale.

 

Dal 1998 sono trenta le mostre personali documentate con volumi prodotti in serie limitata, arricchiti da testi critici, interviste e da testimonianze trasversali. Contemporaneamente alla pittura, ha frequentato un workshop di fotografia con Ferdinando Scianna e di cinema con Lech Majewski. Del suo lavoro se ne sono occupati oltre agli storici e ai critici d’arte, anche filosofi, scrittori, antropologi e teologi.

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