Dario Cresto-Dina “Sei chiodi storti”

Dario Cresto-Dina “Sei chiodi storti”

Nel 2016 ricorrono i quarant’anni dalla prima e unica Coppa Davis conquistata dal nostro tennis. Il giornalista Dario Cresto-Dina ripercorre, attraverso l’impresa sportiva, un’intera epoca.

 

Mai tanto talento si era ritrovato tutto insieme in una squadra italiana. E non solo. La squadra del 1976 aveva “superbia, distacco, poesia, scarificio, rabbia” e mai ce ne sarebbe stata una simile nemmeno negli anni a venire. In campo Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci, Tonino Zugarelli, giocatori “estrosi, umorali, discontinui”, e in panchina Nicola Pietrangeli che, dopo averla più volte accarezzata da giocatore, vinse la Coppa Davis da capitano al primo tentativo, formavano una squadra tanto litigiosa e arrogante quanto vincente. Il 1976 del tennis italiano era già stato toccato dalla grazia: a primavera Panatta aveva vinto sia gli Internazionali d’Italia che il Roland Garros. Mancava il successo della Nazionale, che arrivò il 18 dicembre dopo quella finale. Perché, persino negli anni Settanta in cui tutto aveva una valenza politica, in Italia non era ancora successo che un incontro di Coppa Davis divenisse una questione diplomatica. In finale gli azzurri trovarono il Cile, da affrontare a Santiago, con il regime di Pinochet al potere.

 

Mentre Panatta e gli altri si sbarazzavano dell’Australia, nell’altra semifinale l’Unione Sovietica aveva boicottato la sfida contro il Cile, lasciando ai sudamericani la strada libera verso la finale. Una decisione politica. Una presa di posizione non così infrequente per quegli anni, se si pensa che la finale di Davis del 1974 non si disputò per la scelta dell’India di non scendere in campo contro il Paese dell’apartheid, il Sudafrica. Ovvio che anche la politica italiana provasse a speculare su un evento sportivo, trasformandolo in un terreno di scontro tra le parti.

 

Io ne discussi con la mia coscienza, lo stesso fecero i miei compagni”, ricorda Barazzutti, “volevamo andare a Santiago per battere Pinochet e la sua giunta e per scolpire il nome dell’Italia sull’insalatiera d’argento della Davis, impedendo al regime di un dittatore fascista di guadagnarsi a tavolino un’altra medaglia propagandistica”.

 

E’ un pezzo della nostra storia. I tentativi disperati di non far partire i nostri ragazzi. Il governo Andreotti che tentenna. La nostra “coppia di fatto” del doppio, Panatta e Bertolucci, che scende in campo con la polo rossa. Le minacce, le intimidazioni sui giornali, la Rai che non trasmette gli incontri. E’ un pezzo di storia, sarebbe meglio dire, che ha rischiato seriamente di non essere scritta e che, nonostante sia stata firmata dai nostri campioni con merito, tende ad essere ingiustamente dimenticata.

Dal primo incontro vinto da Barazzutti in quattro set contro Fillol, della vittoria in scioltezza di Panatta su Cornejo, del 9-7 al quarto set di Panatta e Bertolucci contro Fillol e Cornejo dobbiamo invece conservare la memoria, sembra ammonirci Cresto-Dina. Il suo “Sei chiodi storti” racconta tutto questo, senza edulcorare la storia e senza indugiare nella nostalgia.

 

 

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