Rinnovato al suo decennale il patto di amicizia tra Certaldo, Cossignano e Ripatransone

Rinnovato al suo decennale il patto di amicizia tra Certaldo, Cossignano e Ripatransone

 

2017-05-02 – Con un forte e sentito applauso da parte delle rappresentanze delle comunità coinvolte, venerdì 21 aprile 2017, presso la Chiesa dell’Annunziata di Cossignano, i sindaci Giacomo Cucini, Roberto De Angelis e Remo Bruni hanno rinnovato, in occasionale del decennale, il “patto di amicizia” tra i rispettivi comuni di Certaldo, Cossignano e Ripatransone.

Il forte legame tre le comunità si rinviene già a partire dal primo dopoguerra, momento in cui parecchi cittadini dei due paesi dell’ascolano si trasferirono per motivi di lavoro in Toscana, in particolare nelle terre del Boccaccio. La corrente emigratoria dei cossignanesi e dei ripani, al pari di altri concittadini dei comuni limitrofi, si concentrò infatti nei primi anni ‘50. Diverse furono le ragioni determinanti il trasferimento. Secondo il sindaco Roberto De Angelis contribuì sicuramente l’enorme differenza dei prezzi di mercato dei terreni nelle due regioni: un ettaro in Valdelsa costava dalle trecento alle cinquecento mila lire, all’opposto in provincia di Ascoli Piceno da un milione a un milione e mezzo di lire. Questo perché i terreni della nostra collina garantivano al tempo maggiore reddito e soprattutto da noi era difficile trovare del terreno da lavorare essendo la nostra una provincia molto portata all’agricoltura e poco industrializzata. Molti furono, inoltre, i mezzadri che emigrarono a Certaldo, San Gemignano o Castelfiorentino per passare alla categoria di piccoli coltivatori diretti grazie alla figura dei mediatori toscani e marchigiani. Il fenomeno fu anche favorito dal mutuo concesso dallo Stato attraverso la Legge Fanfani, per la formazione della piccola proprietà contadina. Gli agricoltori del piceno sapevano lavorare bene e, soprattutto lavoravano molto. Si sono distinti per la loro meccanizzazione e concimazione: portarono a loro seguito la “pertecara a rospo” o “pertecarò” che era un aratro molto più pesante, più grosso, con cui si poteva arare molto più in profondità. Sicuramente il doppio della profondità ottenuta dal coltrino toscano che arrivava al massimo a 30 cm. Si è appreso dalle testimonianze che in Toscana si tagliava il grappolo con il falcetto mentre i marchigiani utilizzavano già le forbici da vendemmia che poi furono adottate anche dai toscani. Gli agricoltori del piceno contribuirono in generale agli aumenti delle produzioni, alla coltivazione delle colture erbacee e all’allevamento del bestiame. Introdussero la rotazione quinquennale e i raccolti di grano furono duplicati mentre il numero del bestiame fu triplicato. A seguito dei nuovi metodi di coltivazione riuscirono presto a guadagnarsi la stima dei loro colleghi della Toscana e con il loro vivere pacifico, pacato, si integrarono subito nell’ambiente locale anche con numerosi matrimoni.

Da questo importante fenomeno migratorio, che si è protratto per molti anni, si sono consolidati legami di prossimità e di interesse tra le comunità, intensificati negli ultimi anni a seguito del patto di amicizia siglato il 21 aprile 2007 e che è stato recentemente rinnovato dai sindaci pro-tempore, nel suo decennale, al fine di consolidare ulteriormente le relazioni esistenti, rafforzando i legami di amicizia e sviluppando progetti comuni per valorizzare il patrimonio culturale, storico, artistico-architettonico, paesaggistico, delle produzioni tipiche e di qualità dei territori coinvolti.

 

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