Cronaca di una visita ad Arquata, oggi

Cronaca di una visita ad Arquata, oggi

di Raffaella Milandri

 

 

Confesso. Era da parecchi mesi che non tornavo ad Arquata, e non ero mai entrata nella famosa “zona rossa”. Non avevo la curiosità né la voglia di andarci, perché sapevo che sarebbe stato doloroso. Ma la occasione del sopralluogo organizzato oggi per il Dott. Graziosi, responsabile ONU Italia Unric, era importante per parlare di Arquata, per non dimenticare. A malincuore, ho preso con me la macchina fotografica, per poter documentare. Io, fotografa, personalmente non ho mai finora voluto fare foto di Arquata e di questo terremoto. Per rispetto.

Oggi era una giornata splendida. Il sole faceva brillare il verde rigoglioso degli alberi, delle piante, e il vento dei Sibillini accarezzava le fronde. Un paesaggio favoloso, un luogo fantastico, ma che svela tutt’oggi le proprie profonde ferite. La natura fiorisce rigogliosa, insetti, farfalle e probabilmente animali –volpi, cinghiali, chissà- nel sottobosco si sono appropriati di Arquata, dove il silenzio regna sovrano. Ci inerpichiamo su per la salita che porta al paese, dopo aver passato il posto di blocco dell’esercito. E tutto è rimasto uguale, dal 30 ottobre, la data in cui le nostre montagne hanno ricevuto il danno maggiore, e sono state spazzate via le speranze della comunità che ancora, quel giorno, viveva là, indaffarata e pronta a raccogliere le forze per ricominciare. Dagli squarci delle case, affiorano scarpe, coperte, materassi, sedie, finestre, e ogni casa è un piccolo mondo sottosopra, dove le macerie in bilico sembrano sfidare la forza di gravità. Il centro di Arquata è distrutto. La torre emerge su tutto, gli ultimi due merli si ergono fieri. Silenzio e rispetto.

Scatto alcune foto, perché è importante dire al mondo che oggi, qui, è tutto come prima. Dopo oltre dieci mesi dal primo terremoto del 24 agosto 2016, nulla è cambiato. La terra continua a brontolare, di tanto in tanto, scuotendo piano le macerie, le 350.000 tonnellate stimate, di cui finora ne sono state rimosse solo circa 30.000, un 8% circa. E noi chiudiamo gli occhi, ascoltando il silenzio e il soffiare del vento, ed esprimiamo col cuore il desiderio di rivedere presto Arquata e le sue 13 frazioni rinascere. Di sentire risuonare ancora di vita il borgo. Ma per fare questo, occorrono fatti. Le prime 26 casette sono lì dove giaceva il campo sportivo, oggi ancora disabitate. Non dimentichiamo. E Aleandro Petrucci, il Sindaco di Arquata, raccoglie in due parole il suo appello: “Non abbandonateci”.

 

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