Stupri di serie A e di serie B

Stupri di serie A e di serie B

 

di Raffaella Milandri

 

 

 

2333 nei primi sei mesi del 2017

 

2017-09-01 – Quale donna oggi è a rischio di essere vittima di uno stupro? Probabilmente tutte. Giovani e giovanissime, anziane, single, sposate, disabili, belle e brutte, transgender. Le strade, le città, oggi non sono più posti sicuri. Basta un uomo, o un gruppo di uomini, italiani o stranieri, che siano su di giri, vogliosi di potere, sesso e violenza. Basta rientrare a casa di sera in una strada appartata, uscire per un giro normale di faccende da sbrigare. Oggi, quel rumore di passi nel buio o quello sguardo insistente bastano a una donna per temere per la propria incolumità.

Vi sono stati 2333 casi denunciati in Italia (dati del Viminale riportati da Repubblica) solo nei primi sei mesi del 2017. Attenzione, è solo la punta dell’iceberg se pensiamo a quanti casi restino nel silenzio per vergogna o paura. Stupratori italiani o stranieri? Su 2333, 1534 italiani, ovvero il 61% , e 904 stranieri, in testa un 8,6% romeni sul totale, un 6% albanesi, etc. Nella lotta tra difensori e accusatori dei migranti, i dati sembrerebbero dar ragione a chi dice che gli italiani sono i peggiori. Ma attenzione però: a onor del vero, in Italia ci sono oltre 23 milioni di uomini italiani dai 14 agli 80 anni, mentre gli uomini stranieri sono poco oltre 1 milione e mezzo. Le percentuali vere sono quindi diverse.

Sapete quale Paese è il primo per stupri al mondo? Il Sudafrica: tra aprile e dicembre 2016, oltre 30.000 casi di stupro sono stati riportati, e secondo una recente ricerca di The Economist, solo un caso su nove viene denunciato. Ma torniamo a parlare di Italia.

Viviamo in un Paese dove si cerca di garantire il massimo a livello di diritti del cittadino. Una buona parte di noi italiani è arrabbiato: contro il governo, contro la scuola, contro il sistema sanitario, contro il sistema giudiziario, contro la agenzia delle entrate. E siamo pronti ad arrabbiarci molto più di venti anni fa, quando le tragedie e le violenze di cui apprendevamo sui giornali o in tv ci rendevano prima di tutto sgomenti, e solo in un secondo tempo si parlava di responsabilità, fosse essa pubblica o privata. Adesso, siamo pronti a indignarci subito, in particolare virtualmente: sui social media siamo pronti al linciaggio, alla violenza, alle minacce. In questi ultimi giorni, lo stupro a danno di una turista polacca effettuato da quattro nordafricani a Rimini ha invaso le cronache, scatenando l’ira del web. Ed ecco che lo stupro non è più un orribile e gravissimo crimine contro le donne, ma diventa faccenda di migranti e di giustizia internazionale. Poche parole invece per il transessuale violentato nella stessa scorribanda dei quattro. Nel frattempo sono avvenuti altri stupri: a danni di una ottantenne a Milano, di una diciannovenne in Puglia, etc. Attenzione, lo stupro non è giudicato tout court: la gravità dipende. Dipende da cosa? Da chi stupra, e da chi viene stuprato. E tutto ciò è molto triste. Ancora echeggiano nelle nostre menti testimonianze in casi giudiziari dove la donna viene accusata di provocare la violenza, sulla base di atteggiamenti, di abbigliamento. “Se l’è cercata”, ecco la frase magica che butta discredito su chi è senza dubbio una vittima. Che però non si può applicare alla ragazza polacca che era insieme al suo fidanzato, o alla ottantenne di Milano. Certo la ottantenne non fa scalpore: “Sarà stata pure contenta” commenta qualcuno su facebook. E la compassione per il transessuale è pressoché inesistente: “Tanto si prostituisce”, commentano altri sempre su facebook. E’ lo stupro della ragazza polacca che scatena i media, perché la violenza ha toccato non solo una donna ma una coppia, in cui l’uomo è stato picchiato e ha dovuto assistere. Non ci sono scusanti per gli stupratori: non se la è cercata. Il perbenismo e il buonismo, nonché alcune scelte politiche, non consentono ai media di puntare il dito contro gli immigrati nordafricani; eppure, sui social media la gente è pazza di rabbia: si parla di immigrati, e chi prova a difenderli si prende un sacco di brutte parole. Il problema è enorme e si muove su due fronti: la ennesima discriminazione delle donne, che vengono soppesate di fronte allo stupro come vittime di serie A e di serie B, sulla base di età, cittadinanza, mestiere. E la discriminazione dello stupro in base a chi sia il violentatore. Sicuramente c’è il tentativo dei media e del governo di dominare e incanalare una rabbia crescente verso gli immigrati nel nostro Paese; eppure, solo pochi giorni fa è apparsa la notizia di un immigrato subito rilasciato dopo aver abusato di un minore disabile. La responsabilità di tutto questo odio è di un sistema giudiziario inefficace, e di media che mettono l’accento su alcuni fatti più che su altri, e che non riportano solo le notizie, e analisi obiettive di ciò che accade. Oggi, la realtà è che il “mestiere di essere donna” è difficile e pericoloso. Per il lavoro sottopagato, per le discriminazioni. Per gli stupri, per i femminicidi, per le violenze domestiche.

 

 

 

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