dall’Amat

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PESARO, TEATRO ROSSINI DA GIOVEDÌ 6 DICEMBRE

ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI CON NATALINO BALASSO DIRETTO DA VALERIO BINASCO

Da giovedì 6 a domenica 9 dicembre torna al Teatro Rossini di Pesaro la stagione di prosa promossa dal Comune di Pesaro e dall’AMAT con Arlecchino servitore di due padroni di Carlo Goldoni diretto da Valerio Binasco e con protagonista Natalino Balasso. Con la stagione prosegue anche Oltre la scena, ciclo di incontri curati dall’AMAT con le compagnie protagoniste al Teatro Rossini, preziosi momenti di approfondimento per il pubblico. L’incontro la compagnia di Arlecchino servitore di due padroni si svolge sabato alle ore 18 presso la Sala della Repubblica del Teatro Rossini (ingresso gratuito).

«Non faremo uno spettacolo ispirato alla Commedia dell’Arte, e non useremo le maschere della tradizione» dichiara subito Valerio Binasco del suo Arlecchino servitore di due padroni. Il regista sceglie deliberatamente di resistere alla «pura, impressionante forza teatrale» del meccanismo della commedia di Goldoni. E prende un’altra strada, con il proposito di dare al testo un sapore moderno, e di restituire realismo e credibilità ai personaggi, non cedendo alla «pur irresistibile tentazione del formalismo». Sarà un “Arlecchino” che guarda più alla commedia all’italiana che alla Commedia dell’Arte, con un forte, sentito richiamo all’umanità vecchio stampo, di sapore paesano e umilmente arcaico. Quella che «ha abitato il nostro mondo in bianco e nero», ricorda Binasco, «si è seduta ai tavoli di vecchie osterie, ha indossato gli ultimi cappelli, ha assistito al trionfo della modernità con comico sussiego, ci ha fatto ridere e piangere a teatro e al cinema con le ‘nuove maschere’ dei grandi comici del Novecento, e poi è svanita per sempre, nel nulla del nuovo secolo televisivo».

Famelico, bugiardo, disperato e arraffone. L’Arlecchino “contemporaneo” di Valerio Binasco è un poveraccio che sugli equivoci costruisce una specie di misero riscatto sociale. Dopo il Don Giovanni di Molière, Binasco, cinque volte premio Ubu, torna a cimentarsi con un titolo del grande repertorio. «A chi mi chiede: “come mai ancora Arlecchino?” rispondo che i classici sono carichi di una forza inesauribile e l’antico teatro è ancora il teatro della festa e della favola», dice il regista. Che mette il suo stile cinematografico, fatto di sintesi, unità di azione e suspense, al servizio del testo di Goldoni, un perfetto congegno che dal 1745 non smette di funzionare e incantare il pubblico. La “commedia della stravaganza” diventa così un gioioso viaggio nel tempo, alle origini del teatro italiano e della sua grande tradizione comica, con un cast di attori straordinari, molti dei quali collaborano da tempo con il regista. Personaggio dalle molteplici contraddizioni: meschino e anarchico, irriguardoso e servile, Arlecchino riesce a portare scompiglio nell’ottusa società borghese, con una carica che suo malgrado si può perfino dire “sovversiva”.  «Come avevano capito benissimo Alonge e (in modo assai più radicale) Fassbinder – scriveva Binasco a proposito del Bugiardo – Goldoni è un autore capace di rappresentare inquietudini moderne, con lampi di vera contemporaneità».

Valerio Binasco è dal 2018 il Direttore artistico del Teatro Stabile di Torino. Le sue scelte registiche si sono spesso orientate verso il teatro contemporaneo, con lavori da Pinter, Fosse, Paravidino, McPherson, che si sono alternati ai grandi classici, come il Don Giovanni di Molière, programmato nella stagione 2017/2018 del Teatro Stabile di Torino, con un grande successo di critica e pubblico. Ha vinto cinque premi Ubu, tra cui quello del 1999 per il personaggio di Amleto diretto da Carlo Cecchi e quello del 2004 per il ruolo di Polinice nell’Edipo a Colono diretto da Mario Martone, e due Premi dell’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro. La giuria del Premio “Le Maschere del Teatro Italiano 2018” gli ha appena conferito il premio per la migliore regia per lo spettacolo La Cucina di Arnold Wesker. Nella sua carriera è stato diretto dai più importanti registi italiani (Martone, Comencini, Giordana, Ozpetek), nel 2016 Binasco è stato nominato per il David di Donatello come miglior attore non protagonista per il film Alaska di Claudio Cupellini.

Accanto a Natalino Balasso in scena ci sono: Michele Di MauroFabrizio ContriElena GigliottiDenis FasoloElisabetta MazzulloGianmaria MartiniIvan ZerbinatiLucio De FrancescoMarta Cortellazzo Wiel. Le scene dello spettacolo sono di Guido Fiorato, i costumi di Sandra Cardini, le luci di Pasquale Mari e le musiche di Arturo Annecchino. Lo spettacolo è prodotto da Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale con il sostegno di Fondazione CRT.

Informazioni: biglietteria del teatro tel. 0721 387621. Inizio spettacoli da giovedì a sabato ore 21, domenica ore 17.

RECANATI, TEATRO PERSIANI GIOVEDÌ 6 DICEMBRE LO SCHIACCIANOCI DEL BALLETTO DI ROMA

 

Giovedì 6 dicembre (ore 21) appuntamento con la danza al Teatro Persiani di Recanati e il nuovo Schiaccianoci, titolo tra i più amati del repertorio classico sulle splendide note di ?ajkovskij, qui proposto dal Balletto di Roma – diretto da Francesca Magnini – su coreografie di Massimiliano Volpini, nella stagione teatrale promossa dal Comune di Recanati con l’AMAT e realizzata con il contributo di Regione Marche e MiBAC. Sulle note di Pëtr Il’i? ?ajkovskij, Massimiliano Volpini porta in scena, attraverso una danza fresca e attuale, una riflessione lucida e insieme poetica sul classico natalizio che tutti conosciamo, stimolando lo spettatore a osservare la fiaba da più punti di vista. Pur nella conservazione del binomio realtà/sogno, questo Schiaccianoci scopre i risvolti terreni e umani di una società contemporanea piena di contraddizioni. Una rilettura carica di emozioni positive, che ci fa assaporare una prospettiva di trasformazione continua, delle persone e delle cose.

Non è Natale senza Lo Schiaccianoci ma, si sa, non è Natale solo dove splende la luce. La rilettura del più classico dei classici, ideata dal coreografo scaligero, ribalta l’ambientazione originale del primo atto, sostituendo all’enorme casa borghese in festa la strada di un’immaginaria periferia metropolitana: qui, abitanti senzatetto e ribelli senza fortuna vivono come comunità d‘invisibili, adattandosi agli stenti della quotidianità e agli scarti della città. Un muro imponente separa due strati di società, chiudendo fisicamente e idealmente una fetta d’umanità disagiata in un angolo di vita separata e nascosta.  Nessun pupazzo o soldatino, ma solo un principe, il Fuggitivo, e la sua amata: i due giovani temerari tenteranno il grande salto oltre il muro e affronteranno bande di uomini oscuri, vigilanti di rivoluzionari tumulti. La tradizionale ‘battaglia dei topi’ si trasformerà in un cruento scontro di strada il cui esito sarà l’evasione del Fuggitivo e la salvezza di Clara. Attraverso il coraggioso passaggio a un’altra dimensione – il viaggio immaginario di Clara è tutto ciò che avviene nella testa della giovane un attimo prima di decidere se seguire o no il suo eroe verso luoghi ignoti – la coppia di avventurosi inizierà una nuova vita, non bella e fantasiosa come quella immaginata, ma pur sempre fiduciosa verso il futuro. Il secondo atto riaggancia ambientazioni e personaggi della tradizione, in un viaggio tra danze di mondo e personaggi bizzarri, un incanto che cancellerà per un attimo gli incubi grigi di una vita nell’ombra. La magia non durerà tuttavia per sempre e sul finale Clara, pur tentando davvero la fuga da quel luogo, tornerà ad osservare il muro della sua prigionia con la consapevolezza di un’impossibile liberazione: dall’altra parte continueranno a vivere gli invisibili, estranei al suo nuovo mondo come pezzi mancanti di un’umanità irrisolta. Ma cosa rappresenta davvero la festività nella contemporaneità? Volpini l’ha voluta immaginare come una Pandora dei tempi moderni, sorpresa a scoperchiare un grande vaso di verità. Sorpresa. Proprio così è l’effetto che il vetro, la plastica, il legno, la carta e il cartone – materiali molto preziosi recuperati e riutilizzati grazie al riciclo creativo – hanno dato vita nei costumi e nelle scenografie di questo originale Schiaccianoci del Balletto di Roma. Il passo verso una riflessione sul tema ecologico è breve, un contesto avvertito ormai come una vera e propria necessità di riscoperta del sé. È tramite un processo giocoso e naturale che Lo Schiaccianoci svela pezzi di tela, cartone, plastica e quant’altro disponibile alla fantasia, inventando nuovi mondi e dimensioni che strappano questi oggetti dal rischio di trasformarsi in un semplice “rifiuto”. Un’attenta analisi delle caratteristiche dei materiali, dimenticata la loro funzione iniziale, ha aiutato a dare agli oggetti una nuova vita, una nuova storia, sfruttandone potenzialità e caratteristiche specifiche, in una corroborante e creativa fase di studio e progettazione. Così una vecchia scatola di cartone dimenticata in soffitta si scompone in tante divertenti sagome da appendere a un albero di Natale fatto di bottiglie di plastica e una manciata di vecchi bottoni spaiati o di tappi colorati potrà rappresentare una fantasiosa alternativa a perline per bijoux.

Lo Schiaccianoci di Volpini è uno stimolo ecologico a riflettere anche sulla condizione delle persone-rifiuto, sullo smarrimento d’identità sociale e sui mille volti del nostro “essere”; se ci si arrende all’idea che questa entità sia unica e immutabile, infatti, si rischia di “ammalarsi” di noia, insoddisfazione e apatia. Quest’opera fa pensare che in tutti noi si possa sempre nascondere una piacevole sorpresa e che è importante coltivare i sogni custoditi in fondo ai cassetti perché potrebbero rivelarsi meravigliosi progetti di vita nuova, troppo spesso offuscati dalla paura e dall’incapacità di affrontare una svolta decisiva: imparare a “riciclarsi” con la stessa gioia e facilità con cui da bambini giocavamo con un pezzo di carta.

Le scene e i costumi sono di Erika Carretta, il disegno luci di Emanuele De Maria. Lo spettacolo è una produzione Luciano Carratoni – Balletto di Roma. Info: biglietteria del teatro 071 7579445.

 

 

ANCONA, GIOVEDÌ 6 DICEMBRE AL MUSEO OMERO

PRESENTAZIONE DEL ROMANZO DI DAVID MILIOZZI E TUTTO INIZIÒ A TREMARE

INTERVIENE GILBERTO SANTINI, DIRETTORE AMAT

 

 

Giovedì 6 dicembre il Museo Tattile Omero ad Ancona ospita alle ore 17 presso la sala conferenze la presentazione del libro E tutto iniziò a tremare (Pendragon editore) di David Miliozzi scrittore, critico d’arte e docente di sostegno al Liceo Artistico “Cantalamessa” di Macerata a cura di Gilberto Santini direttore AMAT.

David Miliozzi dirige la rivista “Le variazioni critiche” e il sito “hyperexpressionism.org”. Per Pendragon ha pubblicato i romanzi Senza parabrezza (2003), A un passo dal nulla (2205) e Segni premonitori (2008). Inoltre dall’aprile 2018 è nel Consiglio di Amministrazione dell’AMAT, Associazione Marchigiana Attività Teatrali.

Esilarante, ironico, commovente, doloroso, potente, E tutto iniziò a tremare è un romanzo finanche di formazione, perché non si smette mai, nella vita, di crescere e imparare, e caratterizzato dai forti connotati autobiografici. Racconta una storia coinvolgente ed emozionante nella quale vengono ritratti a tinte più che vivide un grappolo di sentimenti forti e autentici che fanno sì che chi legge si senta immediatamente coinvolto nella credibilissima storia, che affronta senza retorica e con piglio brillante e asciutto tanti temi importanti come per esempio la genitorialità e la relazione con persone con disabilità.

Il lavoro trae spunto da due eventi sconvolgenti nella vita dell’autore, l’attesa di un figlio e il terremoto che ha colpito la nostra regione, esperienze forse antitetiche ma accomunate da una fortissima dose di emozioni contrastanti, attesa e cambiamento. Una dichiarazione d’amore verso la vita come afferma lo stesso autore: “tutte le grandi emozioni ci fanno tremare, si trema per paura ma anche per gioia. Racconto le emozioni, spesso belle, a volte brutte, della vita di ognuno di noi. Le nostre aspettative tradite, il dolore come crescita. L’idea iniziale era quella di raccontare il rapporto tra un insegnante di sostegno e il suo alunno disabile. Un romanzo sulla scuola che capovolgesse alcuni pregiudizi sul rapporto tra normalità e disabilità. Non è facile raccontare la disabilità, non riuscivo a trovare la cifra stilistica giusta. Finché non ho deciso di concentrare il racconto sui nove mesi della gestazione, un periodo sospeso in cui l’attesa diventa la grande protagonista e ti porta a provare emozioni uniche. Alla fine ho lavorato a questo romanzo nove anni per raccontare i nove mesi della gravidanza dal punto di vista del papà”. Nelle pagine trova spazio anche il racconto del terremoto. “Mentre stavo lavorando a questo romanzo – prosegue l’autore – sono arrivate quelle terribili scosse di terremoto. L’imponderabile è risalito dal profondo della terra e noi stavamo qui sopra, impotenti e in attesa. Un fatto che ci porteremo dentro per sempre. Il terremoto è entrato in questo libro con prepotenza, l’attesa delle scosse si è intrecciata con l’attesa della vita. Il titolo E tutto iniziò a tremare vuole però sottolineare che sotto molti aspetti tremare significa anche essere vivi”.

La presentazione del romanzo (ingresso libero) – proposta nell’ambito dell’iniziativa Scuola e territorio. Voci per l’integrazione scolastica realizzata dal Museo Tattile Statale Omero con il Liceo Artistico Edgardo Mannucci di Ancona – è riconosciuta dal Miur ai fini dei crediti formativi a docenti di ogni ordine e grado.

Maggiori informazioni e programma completo su www.museoomero.it.

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