Don Luigi Ciotti a UniMc: “L’accoglienza è la base della civiltà”

Don Luigi Ciotti a UniMc: “L’accoglienza è la base della civiltà”

Il fondatore di Libera insieme all’ex sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini è stato ospite al terzo appuntamento con il seminario permanente “Una sola terra”.

Il rettore Adornato: “Università, luogo per lo sviluppo di un pensiero critico”.

Macerata – “L’accoglienza è la base della civiltà, è la vita che riconosce la vita”. Lo ha detto Don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e di Libera, che ieri, insieme a Giusi Nicolini, già sindaco di Lampedusa, ha partecipato al terzo appuntamento con il seminario “Una sola terra”, organizzato dall’Università di Macerata in collaborazione con l’Università per la Pace. Uno spazio di conoscenza e dialogo, perché, come ha ribadito il rettore Francesco Adornato, “le Università sono chiamate ad erigere ponti, non muri, e costituiscono il luogo migliore per lo sviluppo di un pensiero critico, neutro ma non neutrale”. Un momento di confronto molto partecipato e aperto a tutti, che ieri ha visto un folto pubblico, ad ascoltare gli appassionati interventi dei due ospiti d’eccezione, introdotti dal rettore Adornato, dal presidente dell’Università della Pace Mario Busti, e dal professor Roberto Mancini.

“L’esperienza, la conoscenza, l’incontro, le storie dei morti ti permettono di considerare i migranti non più numeri, ma persone – ha testimoniato Giusi Nicolini -. Fino al 2014 il recupero di corpi era un continuo. Ogni corpo mi diceva che nel mare erano rimasti in centinaia di cui non si sarebbe mai saputo nulla. Oggi sembra esserci un’assuefazione all’orrore”.

“La tratta di esseri umani è un business – ha puntualizzato -. Si distingue dai traffici di droga e armi non solo perché la merce è umana, ma perché si paga alla partenza. Il business non si realizza alla consegna, non importa che le persone arrivino vive o morte, annegate, uccise perché lo scafista ha buttato le medicine della bambina diabetica. Chi accusa le Ong non capisce di cosa sta parlando e non può combattere una criminalità organizzata ramificata anche in Europa. La lotta si fa pretendendo dai governi libici l’arresto di criminali conosciutissimi, non utilizzando i sopravvissuti come arma ricatto per l’Europa. Lampedusa è un esempio delle possibilità: dopo essere stata lasciata sola per vent’anni, non è morta, non si è spopolata, ma è in crescita demografica, è aumentato il turismo”.

“In questo momento di crescita dell’odio persone – ha concluso -, del populismo digitale, di grande difficoltà a veicolare informazioni corrette, abbiamo bisogno di trovare le strade per arrivare al cuore delle persone. È in gioco la nostra stessa sopravvivenza e la sopravvivenza della democrazia. Il tema dei diritti umani è la strada da percorrere”.

Don Luigi Ciotti ha contrapposto la commozione suscitata da foto come quella di Amal, la bambina simbolo della guerra in Yemen, al cinismo delle fabbriche dove, ha detto, lavorano tanti italiani, che vendono armi per bombardare proprio lo Yemen. “Le emozioni – ha esortato – devono trasformarsi in sentimenti. Non basta commuoversi, bisogna muoversi. I migranti sono i più grandi lottatori di speranza, perché lottano per la vita, attraversano deserti, il mare, il pericolo di diventare ostaggi di mafie e bande criminali. Proviamo a metterci nei loro panni”.

“Vi auguro – ha proseguito – di essere fragili. Prendere coscienza della fragilità mi rende forte. Chi allontana la fragilità degli altri, non vuole riconoscere la propria. Una società forte accoglie e riconosce la fragilità degli altri. La nostra è una società debole che si crede forte. L’accoglienza parte dalla relazione e si estende alla vita sociale. La relazione è l’unità di misura dei rapporti umani è la relazione. Si odia ciò che non si conosce”.

“Le leggi devono tutelare i diritti, non il potere, promuovere la giustizia sociale. La politica deve occuparsi di chi sta ai margini, partire dai bisogni, dalla vita concreta delle persone, deve essere al servizio del bene comune e della pace. Dobbiamo diventare anche noi lottatori di speranza e di vita”.

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