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Rain Machine “Rain Machine”

di | in: Recensioni


Etichetta: Anti
Brani: Intro / Give Blood / New Last Name / Smiling Black Faces / Driftwood Heart / Hold You Holy / Desperate Bitch / Love Won’t Save You / Free Ride / Leave The Lights On / Winter Song


Non solo per i fan dei Tv On The Radio, “Rain Machine” è un disco per tutti. Kyp Malone, che dei Tv On The Radio è chitarrista e seconda voce, esordisce qui in veste solista e lo fa all’insegna di un pop che abbraccia tutto lo spettro cromatico che va dai Blonde Redhead a Cody Chesnutt
Se il ritmo frenetico di Give Blood rimanda alla band madre, già con New Last Name si entra in un mood che i Tv On The Radio sfiorano soltanto: ballata sorretta da un dolce giro di chitarra elettrica, indolente come una domenica mattina, stonata dalla botta di erba della sera prima, da ascoltare ancora a letto, prima ancora di muovere un arto, abbracciando col pensiero le nostre persone importanti. Il romanticismo di questa ballata che stende senza cedere nulla ma proprio nulla al patetico trova eco in altre tracce del disco, come  Leave The Lights On e la mastodontica Love Won’t Save You, che allarga lo spettro cromatico di cui sopra e raggiunge una disperazione che gli permette di sentire – se mi passate l’irriverenza – un altro Chesnutt, il più grande: Vic. La voce non indifferente di Kyp ha il suo bel peso specifico e, specie quando declina in falsetto, sa toccare l’anima nei suoi punti più delicati. Così anche un brano come Hold You Holy, ritmo trascinante da dancefloor fighetto, decolla grazie al ricco impasto vocale che si incastra magicamente con l’acidità sottostante. Ma è proprio il forte taglio psych che rilassa allunga dilata a non permettere all’album nella sua interezza di girare alla perfezione. Talvolta Kyp dà la sensazione di non saper quando fermarsi. Fossero rimaste tutte sotto i quattro minuti, le canzoni di “Rain Machine” non avrebbero perso nulla, anzi. Invece Smiling Black Faces si protrae per sei minuti e mezzo, Desperate Bitch, che inizia come una ballata del Beck si “Sea Change”, si trascina per quasi nove minuti, la conclusiva Winter Song supera i dieci minuti. Il senso di straniamento è garantito, ma la presa sul disco scema man mano che si va avanti. Traslando in ambito pop-rock un vecchio consiglio hemingwayiano, il buon musicista dovrebbe fornirsi di un adeguato joint detector. Il buon musicista, cioè, deve sapere quand’è il momento di smettere di rollare.




29 Gennaio 2010 alle 20:59 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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