Il segreto di Lara
di Redazione | in: Primo Pianodi Franco De Anna
2010-12-31 – Fui l’unico ad aver poi compreso quale fosse il segreto di Lara. Neppure glielo nascosi. Così fummo in due a sostenerne il peso per gli anni a venire: in realtà, un segreto dal peso doppio o, per come si voglia considerarlo, un doppio segreto che , se svelato o scoperto, avrebbe danneggiato gravemente non solo i tenutari ma il loro stesso rapporto personale.
In quel tempo Lara aveva tre anni e ne avrebbe compiuti quattro da lì a poco; io ne avevo sessantadue e ne avrei compiuti sessantatrè lo stesso giorno di Lara . Lara e i suoi genitori si erano trasferiti a casa mia in attesa che l’appartamentino acquistato di recente finisse di essere ristrutturato. Mai avevo visto mia moglie tanto felice, sempre vicina alla bambina.
Una mattina, stavamo tutti sul terrazzo grande, quello che porta al giardino scendendo una scala di cinque gradini. Ricordo che Lara mi chiese:
“ Nonno, ci sono topini intorno a casa tua? ”
“ Come lo sai, piccola? ” risposi incuriosito.
“ Io e mamma abbiamo visto tante cacchette qui sul terrazzo ” . Era entusiasmante constatare l’arguzia che dimostrava e il modo con cui avvalorava l’ovvietà della sua risposta: teneva aperte le manine a ventaglio scostandole dal busto, la testa leggermente reclinata sulla spalla destra.
“ Nonno” disse ancora Lara “ bisogna ammazzare i topini, sporcano tutto! ”
“ Certo, cara ” le risposi “ bisogna eliminarli. Ho comprato giusto ieri del veleno in pastiglie da mettere negli angoli ” e non potei non notare quanto un tocco sapiente di sole che si era fatto largo fra gli alberelli ornamentali ne impreziosisse la posa.
“ Papà ” mi disse sottovoce Micaela, sua madre “ Come ti assomiglia Lara! Sembra avere lo stesso tuo carattere, puntiglioso, inflessibile, possessivo. E’ anche ordinatissima, come te, non lascia mai un giocattolo fuori posto e sta veramente bene qui, in questa casa, non si annoia mai, trova sempre qualcosa da fare…poi adesso è diventata l’amica di un bel gatto rosso con un collarino, gli tira sempre qualcosa da mangiare… ”
“ E’ quello dei vicini ” la informai mentre pensavo come anche lei, mia figlia, mi assomigliasse molto “ sono i proprietari della casa col giardino limitrofo al nostro: quel gatto passa sempre di qua nei suoi giri ”.
Di lì a poco, infatti, il gatto arrivò nel giardino ma non si fece assolutamente avvicinare restando a distanza.
“ Forse ha fame ” disse Lara andando verso il bordo del terrazzo e, senza voltare il capo, ordinò: “ datemi qualcosa da fargli mangiare ”.
Entrai in casa ritornando subito con un piattino di mortadella a tocchetti rimasto in cucina:
“ Vedi un po’ se gli piace ” dissi porgendoglielo. Dal terrazzo, la bimba iniziò a lanciare i bocconcini al gatto nel giardino sottostante:
“ Ecco, ecco, sta mangiando la mortadella! ” esclamò gioiosa la bimba ma ebbi l’impressione che ci restasse male nel veder poi balzar via veloce l’animale tanto che esclamò, desolata, le lacrime agli occhi e una mimica deliziosa:
“ Torna qui gatto! Sei mio… ”
“ Non ti preoccupare, piccola ” le dissi “ i gatti sono così, irriconoscenti, si affezionano solo alle case. Lui ormai starà per sempre dal vicino. Comunque, vedrai che ritornerà domani e anche dopo …”.
Infatti, il gatto rosso continuò a tornare tutti i giorni nell’ora serale in cui ci piaceva riunirci sul terrazzo a bere qualcosa di fresco in quell’estate così calda ; dovemmo comprare a Lara delle scatolette di macinato ed una piccola mangiatoia di plastica perché desse il cibo alla bestia direttamente sul terrazzo senza più lanciarglielo nel giardino.
Intanto, lei non mancava di accompagnarmi quotidianamente a dislocare il topicida in confetti; avevo una piantina del terrazzo in tasca dove segnavo quanti confetti mancassero dal giorno antecedente prima di ripristinare i quattro che avevo posto fin dall’inizio in ognuno degli angoli. Non passarono dieci giorni che non dovetti più rimettere alcun confetto ed il controllo nei successivi dieci confermò la presenza delle quattro pastiglie velenose nei posti dove erano state posate. Avevo disinfestato!
Feci la scoperta dopo aver sentito parlare mia figlia Micaela con Lara, poco tempo dopo la derattizzazione. Eravamo come sempre tutti sul terrazzo, tardo pomeriggio, un gran caldo, due mesi che non pioveva.
“ Dov’è il gatto rosso? Non lo vedo più da qualche giorno… ” stava chiedendo la madre.
“ Non so mamma ” rispose la piccola.
“ Credo sia…ma sì…è dal giorno del compleanno tuo e del nonno che non viene più ”
“ Forse sì, mamma ”
“ Ma tu, tesoro, hai continuato a mettere il cibo nella ciotolina? ”
“ No…mamma ”
“ E da quanto tempo non lo fai, Lara? ”
“ Da quando…ha lasciato lì il cibo che c’era, mamma ” e indicava il punto del terrazzo dov’era posizionata la piccola mangiatoia: era ancora piena a metà di carne tritata, coperta di mosche.
“ Lara, tesoro ” disse Micaela “ non si lascia la ciotola sporca col macinato stantio… ”
“ Vado io, vado io ” dissi a mezza voce togliendo l’incombenza.
Raccolsi la ciotola e, sceso nel giardino, mi avviai per svuotarla nell’immondezzaio e lavarla nella vicina fontanella. Così notai qualcosa emergente dal macinato rappreso e un po’ maleodorante. Col bastoncino che usai per far cadere il cibo nella pattumiera potei controllare anche meglio: due, ce n’erano due.
Tornai piano sul terrazzo risalendo i cinque gradini, la ciotolina lavata in mano, nessuno badava a me. Lara, spronata dalla madre, stava intonando la sua canzoncina preferita. Fingendo di cercare un posto dove ricoverare la ciotolina-mangiatoia controllai con lo sguardo gli angoli del terrazzo: sì, in tutti – ed erano sette – mancava una delle quattro pastiglie di topicida. Il dì seguente, il titolare del consorzio agrario dove l’avevo acquistato confermò che cinque pastiglie potevano essere più che sufficienti.
Finalmente era piovuto e l’aria molto rinfrescata: trattenersi sul terrazzo grande sul far della sera, tutti assieme, ancor più piacevole. Gli altri sorbivano il gelato mentre io me ne stavo appoggiato alla balaustra guardando il giardino di sotto. Arrivò un gatto ma era grigio : come l’altro le prime volte, si fermò a guardarci da lontano. La chiamai piano accanto a me:
“ Lara, vieni ”. Venne:
“ Sì, nonno…oh, un altro gatto! ”
“ E’ sempre del vicino. Alla moglie piacciono. Ne tiene più di cinque “
“ Do da mangiare anche a questo, nonno! “ disse la piccola.
“ Forse è meglio di no, cara, a questo è meglio di no…” dissi io e, facendomi coraggio, senza guardarla, aggiunsi:
“ Perché l’hai fatto, amore di nonno? Ti sentivi gelosa e possessiva? Perché? ”.
Con la coda dell’occhio vidi che si era messa le manine sui fianchi e, fingendo di essere indispettita, anche lei senza girarsi, continuando a guardare il gatto nel giardino (me la sarei mangiata tanto era carina!), andò immediatamente al sodo:
“ Nonno, quello rosso riempiva il nostro giardino di cacchette! Ma non come quelle dei topini: grandissime cacchette! E io le ho anche pestate con le scarpine nuove! E mamma mi ha sgridata! ”.
Lara, oltre che arguta, parlava un perfetto linguaggio da adulta, l’avevamo così abituata.
“ Zitta, zitta!” sussurrai , sempre senza guardarla “ Zitta! Non lo dobbiamo dire a nessuno! A nessuno! D’accordo? ” . Ci pensò solo un attimo:
“ Va bene, nonno!” rispose anche lei sussurrando e si portò le manine a chiudersi la bocca (me la sarei mangiata tanto era carina!).
In quel mentre, Micaela la chiamò :
“Vieni da me Lara, canta la nuova canzoncina che nonna ed io ti abbiamo insegnato oggi!”
La bimba corse accanto alla madre, si mise in posa e , con quella sua vocina melodiosa (me la sarei mangiata tanto era carina!), iniziò a cantare quel vecchissimo refrain:
“ Maramao perché sei morto… ”