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Omer Avital Quintet, al Lauro Rossi il jazz del contrabbassista israeliano

di | in: Cultura e Spettacoli

TLR Jazz

La rassegna TLR jazz chiude il 2011 nel segno della contaminazione tradizione-innovazione



MACERATA – Prima della loro musica a parlare è l’immagine. Coppole e barbe incolte accanto alla classicità di un abito scuro. Capelli lunghi ricci, bracciali e l’ordine pulito di un cranio rasato. Che vi fosse contaminazione tra mondi diversi era evidente sin dal primo sguardo. Ma quando si fa musica, l’immagine è ovvio che non possa bastare. L’israeliano contrabbassista Omer Avital e la sua band sono approdati al palco del teatro Lauro Rossi di Macerata sabato scorso per il terzo ed ultimo appuntamento del 2011 della rassegna jazz guidata da Musicamdo.

Una formazione complessa di ben cinque elementi: gli arabeschi di Omer Avital al contrabbasso, la tromba “telaviviana” di Avishai Cohen, l’eleganza del sax tenore e soprano di Joel Frahm, la purezza metallica del piano fresco di Jason Lindner, la locomotiva ritmica di Jonathan Blake. 

Le atmosfere iniziali, che si dipartono dai primi tocchi delle corde del contrabbasso, sono stralci di visioni avanguardistiche. Il quintetto segue i suggerimenti e sospende il suono in note pizzicate, vibrate, stirate sino ad interruzioni cadenzate in cui il motivo inizialmente accennato si arricchisce di fronzoli compositivi, si ripete aggiungendo sempre un tocco in più di colore. La tromba gioca spesso in aritmia, sosta per lunghi momenti per poi reinserirsi in spazi semiocclusi, cercando e trovando fraseggi con il sax. I momenti di assolo sono pochi, unico è lo spazio solitario del poet of the bass come viene chiamato mister Avital. Ma nella complessità del suono, gli strumenti ritagliano momenti di distacco dal blocco sonoro, un chiaro scuro musicale dato dall’ombra proiettata sull’aria generale della composizione.

Ineccepibile la ritmica della batteria che esplode in accelerazioni, cambiamenti costanti, ritorni, duetti-prove di forza e violenza con il contrabasso.

È un suono sempre elegante e pulito, anche quando si sporca di contaminazioni e giunge prepotente e monolitico dal punto di vista dell’intensità; uno sciame d’api che corre compatto verso lo stesso alveare. Maestria e precisione e non v’è tempo per lo stupore, chè il pezzo seguente attacca subito e rinnova la meraviglia della scoperta.

Nel suo assolo, Omer Avital, ceduto il cromatismo delle luci al monocchio di un faro elettivo, ci mostra come può suonare un contrabasso. Percuote la cassa armonica del contrabbasso, pizzica le corde con violenza e poi con dolcezza, distorce ed allunga il suono, palpa suadente l’intero corpo legnoso solcando suoni forti, duri, spezzati nelle note basse e poi dondolando e diffondendo vibrazioni in quelle alte.

Il sax restituisce melodia ed immaginazione; si aprono atmosfere di una New York cinematografica, virtuosi i suoi frammezzi capaci di dipingere scenari ed atmosfere.

E poi si torna alla tradizione, quando il vento soffia da est e ai grattacieli della grande mela si sostituiscono gli scenari sionisti, le grandi sale da concerto, pollini yemeniti e un po’ di sabbia dal marocco.




19 Dicembre 2011 alle 21:47 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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