Benvenuto e Buona Navigazione, sono le ore 14:21 di Mer 24 Apr 2024

La Sanità vista dagli operatori

di | in: Editoriali

sanità

Il sindacato che non c’é

La Sanità vista dagli operatori – dal territorio all’ospedale


ANCONA – Un gruppo nutrito di operatori della sanità marchigiana sindacalizzati e non, di diverse estrazioni professionali e politiche, ha confrontato le proprie esperienze e le perplessità sulla situazione della sanità marchigiana.

Dall’applicazione delle legge 502-517 di riforma del SSN, dalle leggi regionali 26/96, dalla legge-madre n°13 (ASUR), con le due leggi 17 del 2010 e del 2011 (aree vaste) e per ultima la legge regionale 28, fresca di stampa, e varata nel più completo silenzio, la nostra regione ha visto un continuo susseguirsi di riforme che, purtroppo, hanno avuto l’unico risultato di lasciare il sistema esattamente come era; anzi, accresciuto di strutture dirigenziali, l’una copia dell’altra. Con l’attuale situazione economica e sociale l’organizzazione del Sistema Sanitario Regionale non risponde, ne può rispondere, alle esigenze dei cittadini – utenti, è invece funzionale alle esigenze del mondo politico e di una certa dirigenza sindacale. L’autoreferenzialità e l’inerzia dei soggetti sovra menzionati. è diventata oramai acclarata

Da troppo tempo non vengono date risposte ai mutamenti epidemiologici e sociali della nostra popolazione, anzi si è fatto in modo che i soggetti che dovevano garantire interventi in questo settore potessero non farlo.

Si è prestata maggiore attenzione alla promulgazione di leggi ed ordinamenti che hanno creato: confusione dissesto finanziario ed organizzativo.

Chiediamo, pertanto, alle forze politiche, alle istituzioni ed al mondo sindacale di avere una assoluta attenzione alle richieste di trasparenza, di organizzazione, di economicità e di equità che vengono dal mondo degli operatori della sanità marchigiana.

Non è possibile assistere alle sperequazioni stipendiali tra una zona e l’altra, la mancanza di coordinamento nell’applicazione delle norme contrattuali e soprattutto la mancanza di equità nell’applicazione delle stesse;

Non accettiamo la facilità, sospetta, nel concedere consulenze a chi ha terminato il proprio servizio effettivo ; e non tolleriamo la disapplicazione di istituti contrattuali a dipendenti ancora in servizio.

Ci chiediamo le oscure, ragioni che impediscono una presa di posizione chiara.

I lavoratori, i sindacati, l’utenza, la cittadinanza tutta oggi devono decidere se essere parte attiva di questo sistema in evoluzione.

Noi non vogliamo accettare passivamente le scelte proposte/imposte dal sistema politico-lobbistico regionale.

Alla luce della nuova organizzazione regionale e di area vasta, che evolverà, lentamente ma decisamente verso una nuova organizzazione per aree di degenza riteniamo che ci si imponga, come lavoratori della sanità, una riflessione a tutto campo su questi cambiamenti radicali.

Certo l’organizzazione su area vasta è di per se un cambiamento decisivo rispetto all’attuale organizzazione del S.S.R, anche se negli ultimi anni abbiamo assistito a tanti cambiamenti radicali, ma solo sulla carta, che nella realtà operativa , nel lavoro di tutti i giorni di tutti gli operatori hanno solo peggiorato l’organizzazione,ed hanno confuso operatori e cittadini-utenti.

Di nuovo, come è già accaduto, rischiamo che tutto questo progetto finisca solo per aumentare i livelli di “comando”, spesso in conflitto tra loro; aumentare i costi, mitigati dal depauperamento e dal cattivo utilizzo del patrimonio ospedaliero, costruito nel tempo passato, e creare disagi ai lavoratori a causa di mobilità, più o meno coatte.

Crediamo che, oggi, si debba chiedere chiarezza e impegno di continuità al potere politico regionale. Chiarezza sugli obiettivi da raggiungere. Chiarezza sul metodo per raggiungerli. Ma soprattutto chiediamo continuità, tutte cose che faranno vedere ai cittadini che vi è una reale intenzione di buon governo.

Il variare l’assetto organizzativo del SSR ad ogni minimo sobbalzo. Non è una strada dettata dal giudizio e dal rigore. L’esempio della determina ASUR n°240/2011 ne è l’esempio. Sicuramente sbagliata nei contenuti, ma non nei principi di uniformità ed organizzazione; viene varata, sospesa, forse annullata… ancora presente, ma nel cassetto….in attesa di? E la proposta 233! Ora legge regionale n°28? Che ridefinisce tutti i livelli di programmazione sanitaria regionale? Approvata dall’assemblea legislativa delle Marche il 18 settembre nel più completo silenzio-assenso della politica, dei sindacati e delle istituzioni. Questa confusione non giova certo al nostro Sistema Sanitario regionale. Questo è caos!!!

Oltre alla riorganizzazione per aree di degenza degli ospedali, altro punto cruciale è l’assistenza sul territorio, che oggi si caratterizza sempre più come una mera erogazione di prestazioni mansionariali (termine scorretto ma concreto).

L’evoluzione delle professioni passata e futura, dovrà coincidere con una implementazione ed integrazione forte anche sul territorio.

Il crescente numero di strutture territoriali, la tendenza ad una dimissione ospedaliera sempre più precoce, la riorganizzazione del sistema di emergenza e pronto soccorso pongono oggi delle richieste a cui il sistema sanitario regionale non riesce a rispondere.

Anzi la risposta è solo nelle slide propagandistiche che presentano le Equipe Territoriali come ultimo punto di restituzione del soggetto alla comunità. Bè, a tutt’oggi, queste Equipe di professionisti territoriali NON ESISTONO nella regione Marche.

Un tempo si sarebbe detto: RISPOSTE SOLO SULLA CARTA

La presa in carico dell’utenza, la continuità assistenziale e la prevenzione non possono e non riescono ad essere relegate al MMG.

La necessità di professionisti sul territorio è sempre più marcata. L’Infermiere (l’assistente sanitario, l’OSS, l’assistente sociale, il fisioterapista…..) di comunità è oggi un esperienza confermata in molte realtà italiane. La presenza del medico nelle realtà di assistenza domiciliare è sempre più marginale. Le ambulanze Infermieristiche sono realtà validate a livello internazionale, come metodi di riduzione dei costi e di implementazione dei servizi all’utenza.

La specificità ed il processo che interessa oggi e nell’immediato futuro l’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Ospedali Riuniti di Ancona” necessita di una ulteriore e più precisa discussione.

L’attuale assetto aziendale è di fatto chiamato a modificarsi nei prossimi anni, su richiesta esplicita del sistema politico regionale che si è ben palesata all’interno del PSSR 2010-2012.

Si dice che, sempre più l’AOR di Ancona dovrà diventare centro di eccellenza e di specialità, diagnostica e terapeutica, diventando “punto di riferimento regionale per le alte specialità e nodo rilevante nelle principali reti cliniche”. Riallocando al tempo stesso le attività di minore complessità nelle strutture territoriali (che però stanno riducendosi….).

Ma, a fronte delle notizie che filtrano sulla stampa, non vi è nulla di certo sull’evoluzione futura della azienda ospedaliera in termini organizzativi; tanto meno si hanno informazioni sulle decisioni che riguardano il riconoscimento del maggiore impegno professionale al personale. L’unico aspetto, ad oggi reale, è che Ancona, merito forse della debolezza Municipale, rischia di perdere l’ennesimo polo ospedaliero. Sarà sede universitaria e di eccellenza, ma le prestazioni ordinarie, i piccoli interventi…… saranno de-localizzati: dove? Non è dato saperlo.

E l’INRCA, continuamente riformato e ridotto, in attesa di essere definitivamente assorbito nella palude del SSR, sarà ultimo ospedale di Ancona a chiudere? Ed i bisogni dei cittadini di Ancona? Quale rete ospedaliera sopperirà all’estinzione della sanità ordinaria del capoluogo?

Gli ospedali sono gli stabilimenti lavorativi più grandi del territorio, sono quelli che erogano più prestazioni e servizi alla cittadinanza. Questi centri di grande aggregazione DEVONO essere i nodi del trasporto pubblico, data anche l’età sempre più avanzata dell’utenza. Il CUP regionale sulle cui difficoltà sorvoliamo, è un inutile e costoso orpello, prenotare prestazioni a decine e decine di chilometri dalla residenza è inutile e beffardo se non mettiamo in condizione l’utenza anziana di raggiungere i punti di erogazione dei servizi. Distretti ed ospedali devono essere fortemente integrati nella rete del TPL, con collegamenti diretti fra loro e con gli altri grandi nodi scambiatori (es. stazioni ferroviarie); prevedendo orari congrui alle necessità degli operatori e dell’utenza. Solo così la tanto invocata razionalizzazione dei servizi avrà un senso diverso dall’escluder fasce intere di cittadinanza dalla possibilità di curarsi.

Oggi, come ieri, il sistema politico ci chiede sacrifici, rinunzie, ma non è in grado di sostenere le azioni che potrebbero dare l’avvio ad un vero cambiamento, che consenta di effettuare vere economie di scala e quindi di ridurre gli sprechi mantenendo quelle attività che implicano un reale beneficio per i cittadini. Crediamo che il sistema politico regionale non meriti più l’aiuto dato dai lavoratori, a danno dei lavoratori stessi e dell’utenza. Si rivolga a chi quotidianamente viene interpellato ai tavoli regionali e condivide con loro strategie e tagli… La ricreazione è finita!!!




21 Ottobre 2012 alle 12:48 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

Ricerca personalizzata