Pasolini: mistificazione ideologica del suo pensiero
di Redazione | in: Editorialidi Lucio Garofalo
2015-11-02 – Una circostanza commemorativa, solo apparentemente rituale, si offre agli avvoltoi ed agli sciacalli della disinformazione di regime, come occasione utile per compiere l’ennesima operazione di strumentalizzazione e mistificazione ideologica del pensiero di Pasolini. Alludo ad alcuni esponenti prezzolati dell’informazione nazionale, a quanti hanno provato a distorcere e strumentalizzare in modo indegno e disonesto una posizione assunta da Pasolini il 16 giugno 1968, quando pubblicò i famosi versi intitolati “Il Pci ai giovani”, sugli scontri di Valle Giulia a Roma. In quella circostanza Pasolini si schierò dalla parte dei poliziotti, essendo di estrazione proletaria, mentre criticò apertamente la “massa informe” degli studenti, figli della borghesia che egli detestava profondamente. Eppure Pasolini non ha mai rinnegato o disdegnato i movimenti di contestazione quali, ad esempio, Lotta Continua oppure altre formazioni extraparlamentari, con cui ha persino collaborato in importanti esperienze di controinformazione. Si pensi solo alla controinchiesta condotta dal collettivo politico di Lotta Continua guidato da Giovanni Bonfanti e Goffredo Fofi, che si concretizzò nel film-documentario “12 dicembre”, uscito nel 1972, incentrato sulla strage di Piazza Fontana. Fu un impegno che coinvolse in modo diretto Pasolini, il quale contribuì pure alla sceneggiatura. La disonestà intellettuale e la mistificazione ideologica di questi presunti operatori dell’informazione dominante, in evidente mala fede, risiedono soprattutto in un elemento: essi espongono solo la versione dei fatti che fa loro comodo, mentre tacciono, ovvero omettono o fingono di dimenticare, quella porzione di verità che non conviene e non interessa raccontare. In tal senso, credo che sulla vertenza della TAV, è assai probabile che Pasolini avrebbe solidarizzato e simpatizzato nei confronti delle mobilitazioni di massa e delle lotte popolari sorte in Val di Susa. Affermo ciò in quanto conosco il rispetto sacrale e la passione viscerale che egli nutriva per lo studio e la salvaguardia di ogni identità culturale ed antropologica particolaristica. Da intendersi in un’accezione che è tutt’altro nostalgica o reazionaria, intimamente connessa ai valori più autentici e genuini dell’essere umano. Valori essenziali che sono stati spazzati via dall’omologazione imposta dall’ideologia del “pensiero unico”. In tal senso la vertenza scaturita in Val di Susa è paradigmatica, in quanto la TAV non è un progetto al servizio del progresso dei popoli, ma del dio denaro e dei profitti ad esclusivo vantaggio di quelle forze economiche egemoni nel mondo capitalista. Una vicenda esemplare, che smaschera il vero volto ipocrita, autoritario ed affarista dei presunti, sedicenti “stati democratici”, che dirottano i soldi pubblici nelle tasche della grande imprenditoria privata, infiltrata dalla criminalità organizzata, per finanziare opere faraoniche prive di benefici sociali, discutibili a livello economico, in quanto costose ed inutili per rilanciare l’economia in crisi. Nel contempo si depotenziano le infrastrutture ferroviarie del Sud Italia, ritenute di minor rilievo, e si tagliano fondi ai settori pubblici che, oltre a creare opportunità di lavoro, forniscono beni e servizi utili alla collettività. In questa ottica la TAV è una testimonianza dell’assoluta subalternità del potere pubblico alla logica del profitto privato, l’ennesima prova che certifica il primato della sfera economica sulla dimensione collettiva della politica, anteponendo le leggi ferree e ciniche del mercato e la forza smisurata del capitale, agli interessi della comunità, del territorio, della sanità locale, della democrazia e della giustizia sociale. Di fronte ad un ingranaggio così folle e mostruoso, si erge in termini antagonistici il movimento No TAV che, a dispetto di quanti sostengono il contrario, denota un ruolo di protagonismo attivo delle popolazioni locali, che oltrepassa i confini territoriali della Val di Susa e coinvolge gruppi di militanti provenienti da tutta l’Italia e dall’estero. Non è un caso che questa vertenza “locale” si allacci saldamente con le proteste e le rivolte di mezzo mondo. D’altronde, una lotta per la tutela dell’ambiente e della salute della gente, potrebbe configurarsi come una sorta di posizione di retroguardia, quindi di conservazione. E in un certo senso lo è. A riguardo rammento una provocazione “corsara” che Pasolini lanciò oltre 40 anni fa, l’ennesima intuizione “profetica” del suo genio immenso: in una società consumistica di massa che promuove “rivoluzioni”