Francesco Ruiz, vita da counselor: sconosciuti a sé stessi

Francesco Ruiz, vita da counselor: sconosciuti a sé stessi

Allontanarsi da noi stessi è la prima causa di un profondo disagio psicofisico. La cura? Recuperare la comunicazione.”

 

San Benedetto del Tronto, 2016-03-05 – Se la quotidianità del nostro tempo da un lato sembra offrire una buona qualità di vita e tante certezze, dall’altro in realtà pare accentuare, in molti di noi, profonde insicurezze e disagi psicofisici che vanno a minare la stabilità, la capacità di essere sereni e di apprezzare ciò che si ha. Molti oggi vivono in situazione di affanno e seria difficoltà, spesso non riuscendo a focalizzare il vero problema. Una figura professionale di riferimento, oltre a quella dello psicoterapeuta, è il counselor. Il counselor è un esperto di comunicazione e relazione, che guida la persona in difficoltà attraverso un percorso di autoconsapevolezza, affinché trovi dentro di sé le risorse per aiutarsi. Per indagare su questi aspetti del counseling incontriamo Francesco Ruiz, esperto di terapie a mediazione corporea, counselor e professionista della relazione di aiuto. Il 20 marzo, all’Auditorium Tebaldini di San Benedetto del Tronto, Ruiz è relatore all’incontro “Identità e personalità virtuale sui social. Rapporto tra il sè off-line, il sè on-line e gli altri” insieme al Dott. Felice Vecchione, psicologo e pedagogista e alla Dott.ssa Maria Aureli, assistente sociale, counselor. L’interessante evento, organizzato dalla Omnibus Omnes e col patrocinio del Comune di San Benedtto del Tronto, parlerà dei rischi e delle dipendenze create da una identità virtuale.

Francesco, spiegaci la tua area di competenza specifica ma, soprattutto, spiegaci la tua personale “missione” come counselor ed esperto in comunicazione

Ho mosso i primi passi in questa professione circa trent’anni fa, quando sotto la guida di mia madre ho iniziato a rendermi conto che il disagio psicofisico può essere curato anche attraverso una relazione umana reale, accogliente ed empatica. Da lì in poi, non solo per DNA ma anche per una serie di fortunate casualità, ho continuato ad approfondire i temi della relazione d’aiuto e della comunicazione non verbale e mi sono appassionato al counseling ed in particolare al counseling corporeo. Nel modello di counseling che utilizzo, il focus non è sul disagio in sè e sui suoi sintomi, quanto piuttosto sulle potenzialità di cui la persona è portatrice e che, abilmente orchestrate, possono aiutarla ad uscire da una situazione anche grave di disagio interiore e sociale. Non sono rare le situazioni in cui eventi scatenanti più o meno drammatici rallentano o interrompono il naturale processo di evoluzione personale, spingendo la persona verso la sfiducia, l’isolamento e la rinuncia ad una vita piena e gioiosa. Fondendo la comunicazione corporea con i principi e gli strumenti del counseling ho sviluppato un metodo per facilitare il recupero del dialogo perduto tra mente, corpo ed emozioni. Recuperare la comunicazione può essere il mio slogan, l’idea che guida la mia ricerca personale e professionale: comunicare con le parole ma soprattutto con i gesti, con il corpo e con i sensi. Ed anche con il silenzio. Comunicazione è sinonimo di relazione e la nostra capacità di entrare in comunicazione e di immedesimarci nella vita interiore di un altro da noi, nei suoi pensieri e nelle sue emozioni è tanto più sviluppata quanto più abbiamo imparato ad ascoltare la nostra voce interiore. Nel linguaggio comune si usa l’espressione entrare in comunicazione. la relazione autentica accade in modo direttamente proporzionale alla quantità di emozioni e di passioni che riusciamo a provare, prima che a condividere. La comunicazione è circolarità, cambiamento, sostegno, relazione, vita. È un continuo scambio, un confronto tra un Io ed un Tu che si trasforma in un Noi. Il mio ruolo nella relazione – il ruolo del counselor, ed in particolare del counselor corporeo – è quello di educare la persona all’ascolto, di farle riscoprire la sua capacità di comunicare, creando ponti interiori tra sé e gli altri. Il counselor non guarisce nulla, aiuta la persona che si affida a lui a far emergere le potenzialità, naturalmente. Agisce in modo maieutico, come fa una levatrice che porta alla luce la vita.


Quali sono i problemi più comuni che ti trovi ad affrontare con i pazienti che si rivolgono a te?

La vita delle persone è costellata da una miriade di eventi e di situazioni che rappresentano una sorta di obbligo sociale da cui sembra impossibile sottrarsi ma che, allo stesso tempo, lasciano un profondo ed incolmabile senso di frustrazione. Quando ci allontaniamo dalla nostra vera essenza, ovvero dai nostri naturali ritmi bio-psico-fisici, facciamo poi tanta fatica nel ritrovare nuovamente lo scopo ed il senso profondo delle nostre azioni. Le somatizzazioni rappresentano la reazione non intenzionale e non consapevole con cui la persona risponde all’ampia fascia di disagi che si situano tra lo psichico ed il corporeo, con manifestazione di una sintomatologia organica di cui è possibile, a volte, percepirne l’origine psicologica. Questi sintomi possono portare ad un livello di disagio sociale e personale molto elevato e condizionare spazi sociali, affettivi e lavorativi molto ampi, impedendo, a volte, anche le azioni quotidiane più semplici. È tipica la situazione in cui una rabbia non espressa ed inibita, canalizzata attraverso un meccanismo di somatizzazione sul corpo, produce il mal di pancia ricorrente. Comunemente questi disturbi si attribuiscono allo stess, all’ansia, alla paura, ma è qualcosa di più complesso: queste emozioni attivano il sistema nervoso autonomo, spesso in maniera esagerata, come se ci si trovasse sempre in situazioni di emergenza. Le difficoltà maggiori che mi trovo ad affrontare sono legate al fatto che, spesso, la persona che mi chiede aiuto non è consapevole delle reali motivazioni del suo malessere e pone numerose iniziali resistenze con cui difende il proprio Ego dal rischio di mettere in gioco il suo Vero Sé.

 

 

E quindi, qual è secondo te il male maggiore del nostro tempo?

Alienazione. E con questa parola intendo l’allontanamento da noi stessi e dai nostri ritmi naturali che produce un senso di estraneamento, di solitudine, spesso perfino di angoscia, anche laddove apparentemente, non esistano motivazioni che giustifichino il nostro stato d’animo. Stiamo perdendo la capacità di ascoltare, di sentire, di percepire, di assaporare, di gioire. Stiamo perdendo il senso di Unità e di Coesione e ci sentiamo sconosciuti a noi stessi nel mondo, che il sociologo Bauman ha definito liquido.

 

Se avessi una bacchetta magica per cambiare qualcosa della nostra vita “moderna”, cosa cambieresti?

Lo scrittore Silvano Agosti, autore di “Lettere dalla Kirghisia”, parla di un mondo in cui si lavora solo 3 ore al giorno mentre il resto del tempo è dedicato alla vita. Un luogo in cui, quando qualcuno compie 18 anni gli viene regalata una casa, e se qualcuno desidera un po’ d’intimità mette un piccolo fiore azzurro sul petto in modo che tutti lo sappiano. È una fantasia che dà speranza e che mi sento di condividere. Il punto di svolta nel mio percorso di ricerca è avvenuto quando mi sono recato all’Esalen Institute, in California. Ho conosciuto Esalen grazie ad un mio amico e collega che mi ha raccontato di Jack Kerouack, della Big Generation, degli anni ’70, dei Figli dei fiori. Quando mi sono recato ad Esalen ho scoperto che esiste un luogo così, dove è possibile entrare in quell’atmosfera, in quella nuvola di sensazioni. Esalen è un istituto dove si studiano le discipline psicologiche come la Gestalt, le arti terapie e c’è una parte dedicata al massaggio. Il massaggio ad Esalen non è inteso come riabilitazione, come medicalizzazione ma è un pretesto per entrare in una relazione profonda ed é questo il senso del massaggio di Esalen che nel corso degli anni ho studiato ed elaborato. Il ricordo del primo Massaggio che ho ricevuto ad Esalen da Kathleen O’Shaughnessey resterà per sempre nella memoria della mia pelle. La mia ricerca sulle complesse implicazioni del contatto umano, ed in particolare del Massaggio, si è ispirata a quella originaria ed illuminante esperienza. Con la mia bacchetta magica creerei un mondo in cui le persone si concedano nuovamente la libertà ed il piacere di una comunicazione intima ed autentica, cui purtroppo non veniamo educati e di cui abbiamo spesso paura.

 

 

Nella tua professione cosa sta cambiando, cosa è in evoluzione?

In una società in cui tutto cambia vertiginosamente, le professioni che hanno la responsabilità di orientare e di sostenere l’uomo nel suo processo di cambiamento verso il benessere non possono non tener conto delle forti pressioni cui egli è costantemente sottoposto. D’altro canto, si sta verificando una parallela positiva tendenza verso l’integrazione. Numerose ricerche scientifiche condotte negli ultimi decenni hanno osservato l’uomo come unità complessa e molte scoperte hanno dato credibilità e spessore agli approcci naturali di cura e sostegno, finora considerati con sospetto. In particolare, i benefici del counseling corporeo sono giustificati da un’ampia letteratura scientifica sviluppata in area pedagogica, psicologica, biologica e neurofisiologica. Il mio personale impegno è proprio quello di promuovere un metodo in cui tecnica e conoscenza si alimentano vicendevolmente, in un’evoluzione senza fine.

 

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Ho dedicato gran parte della mia vita professionale alla ricerca e alla diffusione di un modello di relazione più vera ed autentica e credo che continuerò, instancabilmente, a promuovere questo progetto. Il campo sul quale la mia ghianda è cresciuta è quello dello Sviluppo delle Potenzialità Umane che significa, in altre parole, attualizzare ciò di cui la persona già dispone. Ivano Gamelli, professore di “Pedagogia del Corpo” alla Bicocca di Milano è rimasto particolarmente colpito dalla parte del mio libro dedicata ad Esalen. In effetti, è un’esperienza che mi porto nel cuore, così intensa che ho sentito il desiderio forte di condividerla con gli altri. Ad Esalen, negli anni ’70, venivano curati i reduci del Vietnam. Le ferite non erano solamente fisiche ma anche, e soprattutto, psicologiche. Ad Esalen è nato il movimento per il potenziale umano che ha fatto da faro illuminante per le generazioni successive e anche per la mia missione. Il mio libro “Il Massaggio del Sé” avrebbe dovuto chiamarsi “La pelle del Sé”, poiché il termine “Massaggio” è riduttivo e sposta l’attenzione su un modo di “toccare l’Altro/a” che sta male. In realtà, posso anche toccare una persona che non stia così male, ma che abbia bisogno di essere sostenuta nel suo personale processo evolutivo. E d’altronde, il primo fondamentale bisogno di un individuo è quello di essere riconosciuto nel suo Essere. Ogni individuo nasce con delle capacità, delle potenzialità che andranno attualizzate. Allora, per far sviluppare un’intelligenza, una competenza relazionale, una competenza verbale, la capacità di sviluppare i propri gesti, il proprio corpo, per fare in modo che tutto ciò diventi concreto, c’è bisogno di un sostegno empatico. Il “Massaggio del Sé” è un sostenere, aiutare l’individuo a superare le difficoltà create da una carenza empatica. Non pone l’attenzione su quello che non va, ma su quello che funziona. Se un individuo ha delle potenzialità, io non farò altro che sostenere e permettere uno sviluppo maggiore di quelle potenzialità. Nel momento in cui quelle forze diventeranno attuali cancelleranno spontaneamente tutto quello che non funziona. Anche sul piano sensoriale, il massaggio è un pretesto relazionale, per entrare in una relazione più profonda. Questo permette una trasformazione, un cambiamento in chi sta ricevendo e in chi sta all’interno di questa relazione il più possibile empatica. Il senso dei miei progetti futuri risiede in questa premessa: continuare a sviluppare un metodo con cui sperimentare e promuovere una modalità sana, naturale ed efficace di entrare in relazione con Sé e con l’Altro. Il “Sé” si struttura nel momento in cui il mio organismo incontra l’ambiente esterno, in quel momento “Io” divento, in un continuum senza fine.

 

Biografia di Francesco Ruiz

Si occupa professionalmente da quasi trent’anni di Counseling e Relazione d’aiuto. Si è formato in Gestione delle Risorse Umane ed in Psicologia Umanistico-Esistenziale, diventando esperto Pratictioner di terapie a mediazione corporea quali Shiatsu, Riflessologia Plantare, Therapeutic Touch, Ipnosi Eriksoniana, Sensitive Gestalt Massage. Docente di “Tecniche di comunicazione”, “Competenze Relazionali” e “Counseling corporeo” presso Istituti ed Enti di Formazione italiani. Studia per anni il l’Esalen Massagecon Brita Ostrom presso l’Esalen Institute di Big Sur (California) ed il Watsu e Tantsucon Jo Moore presso la School of Shiatsu and Massage di Harbin Hot Spring (California).Durante la sua attività professionale elabora il programma “Ridansia”, un metodo di integrazione corpo-mente per il controllo e la gestione autogena dei disagi causati dalle distonie neurovegetative. Ispirandosi alle più recenti acquisizioni delle Neuroscienze Cognitive ed alla Psiconeuroendocrinoimmunologia, crea il metodo psicosomatico “Il Massaggio del Sé”, la cui teoria e pratica è contenuta nel testo pubblicato da Edizioni Mediterranee. Da qualche anno si dedica alla diffusione del Massaggio del Sé e del suo modello applicativo offrendo una formazione specifica chiamata “Comunicazione Corporea”, in cui integra le Neuroscienze, la Gestalt Therapy e la Terapia Centrata sulla Persona. Nel settore del volontariato partecipa al team per la progettazione e messa in opera di attività dedicate al sostegno del disagio mentale. Insegnante di Massaggio Sensitivo Gestaltico, Metasomatica e Massaggio del Sé, coordina le attività formative dello Studio Bio Cromo. 

20 marzo 2016
20 marzo 2016
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