– Il team di Simone Galeotti dell’Università di Urbino: “le emissioni di CO2 potrebbero portare a un innalzamento dei mari di 60 metri” –
Urbino – Una nuova ricerca suggerisce che la calotta Antartica non è così stabile come si credeva e che era molto più piccola delle sue dimensioni attuali l’ultima volta che i livelli di CO2 in atmosfera furono simili a quelli che si prevede saranno raggiunti prima della fine di questo secolo.
La ricerca, pubblicata questa settimana sulla prestigiosa rivista Science è basata sull’analisi di carote sedimentarie recuperate nel Mare di Ross, sul margine del continente antartico durante il progetto internazionale di perforazione ‘Cape Roberts Drilling Project’ cui ha partecipato il nostro paese.
Il team di ricercatori, guidato dal Dr. Simone Galeotti dell’Università di Urbino, ha documentato la crescita della prima calotta alla scala continentale, avvenuta circa 34 milioni di anni fa in seguito a una graduale fase di diminuzione delle temperature medie globali che pose fine a un periodo caldo durante il quale i livelli di CO2 atmosferica erano circa il doppio degli attuali. I risultati ricavati dall’analisi delle perforazioni dimostrano che, nelle sue fasi evolutive iniziali, la calotta antartica ha avuto un comportamento molto dinamico con fasi di scioglimento e successiva espansione. “Ci sono alcuni risultati innovativi che ottenuti con questa ricerca – sostiene Galeotti. – Infatti, abbiamo documentato per la prima volta direttamente le fasi di espansione della calotta antartica che si completarono circa un milione di anni dopo quello che si credeva.”
“Il risultato di maggiore rilievo, però, riguarda il comportamento molto dinamico della calotta se sottoposta a condizioni climatiche riconducibili a livelli di CO2 atmosferica compresi tra 600 e 750 parti per milione. Con questi valori di CO2 atmosferica la calotta perde la stabilità che la caratterizza attualmente e aumenta di moltissimo il rischio di un suo scioglimento”. Considerando che gli attuali livelli di CO2 si attestano a 400 ppm e il tasso di crescita di questo valore, lo studio fornisce importanti indicazioni sulla potenziale stabilità futura della grande calotta antartica.
“L’insieme della calotta antartica è suddivisibile in due parti. La più piccola calotta occidentale e le grande calotta orientale. Sappiamo della vulnerabilità della calotta occidentale dovuta al fatto che una considerevole parte di essa è sotto il livello del mare, ma pensavamo che la grande orientale, tutta poggiata sul continente sopra il livello del mare fosse più stabile.
“I livelli di CO2 oltre il quale la calotta diventa instabile, ovvero 600 ppm, saranno raggiunti entro la fine del secolo se non saranno rispettati gli accordi sulla riduzione delle emissioni antropiche raggiunti durante la conferenza sul clima tenutasi a Parigi nel dicembre 2015”.
“Un completo scioglimento della calotta antartica comporterebbe un aumento del livello del mare pari a circa 60 metri”.