Il bello della (Presa)Diretta

Il bello della (Presa)Diretta

Riccardo Iacona   “L’Italia in presa diretta”

Teatro delle Api

Porto Sant’Elpidio – 12. 5. 2016  h21.15

     Ha l’aria di essere appena sceso da un treno scomodo, Iacona, abiti un po’ sgualciti e la voglia di stare in piedi, così schizza via quasi subito dalla rossa sedia/poltrona di (spaventoso) design preparata per lui sul palco, se ne scusa con l’intervistatrice, non riesco a stare seduto…

Risponderà per una interessantissima ora e mezza a domande (inutilmente) paludate, sui temi del prossimo ciclo di “Presa Diretta”. Sono gli stessi maneggiati quotidianamente con sussiego pari alla superficialità, da un giornalismo italiano provincialissimo e povero – anche nel linguaggio – disinformato e salottiero, con un tasso di indigeribilità proporzionale alla ridondanza dei nomi e alla (pre)potenza delle testate.

Perciò ascoltare Iacona stasera è una rigenerante, catartica boccata d’ossigeno: giornalismo vero e onesto – specie quasi estinta – giornalismo d’inchiesta che entra mani e piedi e testa nelle realtà che indaga (“Sabato ri-parto per Baghdad…”), che non ti lascia dormire, che chiama le cose col loro nome, che ti strattona per dirti: ehi, ti riguarda!

      Il terrorismo e la guerra all’Isis, per cominciare: saranno a settembre i primi argomenti delle puntate, e la sintesi che qui ne fa Iacona è di estrema chiarezza e di terribile “semplicità”. L’orrore dispiegato in Europa dall’Isis è studiatissima operazione di marketing e propaganda, funzionale all’esibizione di una forza che deve attrarre e moltiplicare il reclutamento; obiettivo, la destabilizzazione di un ordine costituito (dalle potenze vincitrici alla fine del secondo conflitto mondiale) in territori sui quali esso intende imporre e mantenere il controllo.

Il contrasto all’Isis non può venire da potenze impegnate a scrollarsi di dosso le rispettive responsabilità per il mostro che hanno generato con lo sciagurato intervento del 2003 in Iraq e la successiva catena di errori: la divisione interna del Paese; lo scioglimento del partito baathista (il partito di Saddam) e 400mila militari dello sconfitto esercito iracheno esclusi da incarichi militari e stipendio ma con la possibilità di mantenere le armi; la cecità sul ruolo degli ex funzionari baathisti nell’ascesa dell’Isis (quasi tutti i leader dell’Isis sono ex funzionari iracheni). L’Iraq è dunque fallito, e Baghdad è oggi città in guerra con quotidiani attentati terroristici e centinaia di morti (e scarsissimo impatto sul nostro sistema mediatico).

Ma nessuna delle potenze coinvolte sembra voler seriamente sconfiggere il mostro, ognuna anzi “fa per sé” perseguendo obiettivi propri (i paesi del Golfo finanziando l’Isis contro l’Iran, la Turchia cercando solo di disfarsi dei Curdi interni, la Russia impegnandosi solo a difendere Assad, e l’Europa che… non c’è affatto).

E di migrazioni – drammatico corollario di ogni guerra e catastrofe – si occuperà il programma di Iacona in una puntata che si chiamerà “Muri”. C’è passione nel giornalista che racconta dei campi profughi in Libano, dei siriani che lì vegetano da quattro anni, dei bambini che non andranno a scuola e perciò “stiamo costruendo i terroristi di domani…”. Eppure all’incapacità dei governi suppliscono l’accoglienza diffusa delle associazioni, e i corridoi umanitari come quello della Comunità di Sant’Egidio che è riuscita a far passare mille persone, e “se ci fosse una distribuzione intelligente non ci sarebbe bisogno di muri”. Parlerà, la trasmissione, delle prigioni a cielo aperto in Grecia per i richiedenti asilo; dei fallimentari accordi con la Turchia (“braccio armato della Nato”), vecchio gioco della vecchia Europa (voi-vi-tenete-i-profughi-e-ci-pensate-voi)  coi dittatori di turno (con la Tunisia di Ben Ali, con la Libia di Gheddafi, ora con la Turchia); dei fascismi europei di ritorno (Ungheria, Bulgaria, Polonia ecc.).

E di crisi italiana si parlerà, anche e molto, a Presa Diretta. Di come essa sia irrisolvibile (un solitario +0,8% del PIL non creerà posti di lavoro), di come ci sia ancora tutto da fare, perché l’Italia è priva delle leve economiche, perché disinveste in settori chiave (un secco -20% l’investimento per l’Università*), perchè l’austerità non ci porterà fuori dalla crisi se non affrontiamo anche il problema della redistribuzione della ricchezza; perché non investiamo in alta tecnologia e in formazione; perchè l’impoverimento strutturale crea al Sud una zona di recessione costante (v. ultimo rapporto Svimez )**; perchè l’impoverimento demografico parla di un’Italia che si sta svuotando, e non solo al Sud.

Il deserto che si sta preparando anche in Europa richiederebbe 120 milioni di nuovi cittadini e un’intelligente politica di accoglienza dell’emigrazione. Come quella attuata dal Canada, che rilascia visti di lavoro attraverso i consolati diffusi nei paesi di partenza.

L’ultima domanda della conduttrice sollecita il giornalista sul tema del femminicidio. Le inchieste di Presa Diretta – dirà Iacona – mettono a nudo la realtà di 150 donne uccise ogni anno nel nostro Paese: “sono il nostro Afghanistan”, perchè la vita è il prezzo che esse pagano per la libertà, e ciò che il sistema mediatico chiama “amore” distorto e malato è solo il racconto “che fa comodo a un paese che odia le donne”. E’ una politica di apartheid, quella italiana nei confronti delle donne: che nega loro il sostegno costringendole a scegliere tra famiglia e lavoro; fa sì che siano le prime ad essere licenziate in caso di crisi; determina in certe zone tassi di disoccupazione femminile a livelli di Tunisia. “Non può uscire dalla crisi un paese che emargina le donne”, dirà.

E si lega a questo, anche, il tema dello sfruttamento femminile nella cultura prostituiva, in Italia e in Europa (da noi, 9 milioni di rapporti prostituivi all’anno: “ci sono più puttanieri che professori a scuola….”). La legalizzazione del fenomeno è solo teoricamente una soluzione. Nei paesi  in cui questa è applicata – come la Germania – resta una schiavitù sancita da un meccanismo capitalistico di sfruttamento, che non ha eliminato il traffico di esseri umani ma lo ha anzi moltiplicato. E 15 miliardi di euro l’anno è il volume di affari che si genera sul corpo delle donne. Non a caso la Svezia, paese civile e progressista per definizione, vieta la prostituzione: non accetta che il corpo della donna possa essere venduto.

Qualche domanda ancora, stavolta dal pubblico. Infine i saluti.

Cento di questi incontri, viene da augurarsi. Specie se aperti come stasera da due brevi ma intensi brani classici per chitarra del bravo giovane musicista di ottavo anno di Conservatorio.

Peccato la letale lenzuolata di sponsor di cui s’è sentita la “necessità” di sciorinare i nomi dal palco, uno a uno! Sarà così anche la sera dopo, a Fermo – sponsor diversi e più numerosi! – nel presentare Stefano Benni: Rubinetterie, Distributori automatici, Locande, Tacchifici, Scatolifici, Lacci per calzature…

      Il bello della (Presa) Diretta, il brutto della provincia.

 

*Il percorso intrapreso tende […]a fare della formazione universitaria un “bene di lusso” la cui produzione e somministrazione avviene in deroga, in sospensione di un diritto fondamentale (art. 117, comma II, lett. m e art. 119, comma V della Costituzione; legge n. 42 del 2009). Adriano Giannola, 4 aprile 2016 

**Per l’Italia, i dati OCSE dipingono[…] il quadro di una nazione che ha intrapreso con decisione la via del declino civile, culturale ed economico…Una nazione, l’Italia, che investe poche risorse umane e finanziarie nell’istruzione universitaria e che negli ultimi anni ha tagliato ulteriormente nel contesto di un generale disinvestimento riguardante l’intero settore dell’istruzione. (ROARS – Return On Academic Research)

 14. 5. 2016                                                  Sara Di Giuseppe       

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