Marco Pezza, “Pioggia” vince il Premio Ugo Betti per la drammaturgia 2016

Marco Pezza, “Pioggia” vince il Premio Ugo Betti per la drammaturgia 2016

 

Camerino – “Pioggia” di Marco Pezza, autore trentacinquenne di Milano, è il testo che si aggiudica il Premio Ugo Betti per la drammaturgia edizione 2016. La giuria, composta dal presidente Marco De Marinis e da Gilberto Santini, Massimo Marino e Pierfrancesco Giannangeli, ha valutato i lavori pervenuti ed è giunta all’unanimità a tale decisione nel corso della riunione che si è tenuta a Bologna il 21 aprile scorso. Marco Pezza vince un assegno di 1.000 euro e la pubblicazione del suo testo.

La giuria ha deciso anche di segnalare due testi che si sono distinti sugli altri: “Il ciclo dell’atropo” di Rino Marino, autore di Castelvetrano (TP), e “La gabbia elastica” di Riccardo Leonelli, di Terni.

I nomi del vincitore e dei due segnalati sono stati resi noti nel corso della cerimonia di premiazione che si è tenuta oggi pomeriggio a Camerino.

“Mi congratulo con i vincitori – ha detto il sindaco Gianluca Pasqui – ma mi congratulo anche con ognuno degli oltre settanta lavori pervenuti perché da una chiacchierata con i membri della giuria ho appreso con grande soddisfazione che la loro scelta non è stata affatto facile. La qualità e la quantità dei testi partecipanti dimostrano che il nostro Premio Betti, nonostante uno stop di qualche anno, non è mai stato dimenticato nell’ambiente. Abbiamo operato una buona scelta, quindi, nel riproporlo, e colgo l’occasione per ringraziare ancora una volta il professor De Marinis, che ha accettato di presiedere la giuria, il professor Giannangeli, che ha assunto il ruolo di coordinatore del Premio, e tutti gli altri membri della giuria”.

La cerimonia di premiazione, che si è tenuta nella Sala Consiliare di Palazzo comunale Bongiovanni, è stata preceduta dal convegno dal titolo “L’autore teatrale: dalla tradizione dialettale alla scena 2.0”, organizzato con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata. Tra i relatori Fabio Macedoni, autore; Francesca Chiusaroli, docente dell’Università degli studi di Macerata; Maria Laura Pierucci, docente dell’Università degli studi di Macerata e Pierfrancesco Giannangeli, nella veste di moderatore.

A conclusione  del convegno è stato proiettato un lavoro curato delle classi terze A/B della scuola primaria – plesso Ugo Betti di Camerino – dal titolo “Ugo Betti. La poesia racconta momenti di vita…  e descrive il nostro territorio”.

“Il progetto didattico che si è sviluppato durante l’anno scolastico – spiega l’insegnante Viviana Viviani – ha visto la poesia di Betti come strumento per conoscere il territorio di appartenenza, come veicolo educativo e formativo per leggere, con occhi diversi, la propria città come luogo geografico, ma soprattutto come luogo delle emozioni”.

VERDETTO UNANIME

 

All’unanimità la giuria presieduta da Marco De Marinis e composta da Pierfrancesco Giannangeli, Massimo Marino e Gilberto Santini, oltre alla preziosa Donatella Pazzelli come segretaria, ha deciso di assegnare il premio al testo Pioggia, di Marco Pezza, e di segnalare alla pari La gabbia elastica, di Riccardo Leonelli, e Il ciclo dell’atropo, di Rino Marino.

Pioggia.

Pioggia è forse il solo copione quasi del tutto immune dai limiti segnalati dalla giuria e provvisto di una certa originalità nell’impianto e nello sviluppo del soggetto. Scritto bene, in un linguaggio secco, scarno, privo di fronzoli, immune insomma dalla verbosità che affligge invece, come si diceva, molti altri copioni. Una drammaturgia d’attore o comunque per l’attore, già predisposta alla scena e forse messa a punto o comunque collaudata proprio su di essa.

Cinque operai addetti alla manutenzione delle strade, quattro italiani più Osman, un immigrato turco, in una casa cantoniera lungo una statale dell’hinterland milanese. La vicenda si svolge di notte con la pioggia che batte incessantemente dall’inizio alla fine, vera e propria, martellante colonna sonora della pièce. Ci è sembrato appunto originale, esente da debiti evidenti verso autori noti o modelli correnti, il modo in cui l’autore (un trentenne, come abbiamo scoperto dopo) tratta temi scabrosi dell’attualità: la difficile convivenza multietnica, il sempre più complicato rapporto intergenerazionale, le xenofobie e i fascismi continuamente risorgenti. Si tratta di argomenti sui quali è facile prendere una piega scontata e di maniera. Qui invece il testo trasuda una violenza sottotraccia, trattenuta anche se sempre pronta a esplodere, mentre in realtà succede poco o niente in scena (il pestaggio del neofascista non è mostrato), come in certi drammi di Pinter o, diversamente, di Koltès. E l’autore non giudica mai i suoi personaggi, tantomeno intende lanciare facili messaggi.

Il ciclo dell’atropo.

Lo segnaliamo come un notevole esercizio di stile, un copione à la manière de, che riscrive Fin de partie con esiti iperbeckettiani, non esenti ovviamente da ironia anche se non immuni da un compiaciuto virtuosismo un po’ fine a se stesso.

La gabbia elastica.

Lo segnaliamo per una confezione drammaturgica abilmente pluristilistica (compresi mascherate ed echi barocchi dal Siglo de oro spagnolo, ma forse anche da Kubrick) e piuttosto originale nel modo in cui tratta un tema scontato e teatralmente ingrato quale quello di poteri forti, lobby segrete e massonerie varie e del successo che dipenderebbe unicamente dal sottomettersi ad essi senza condizioni. Tuttavia il lavoro non è esente da scadimenti, soprattutto nel finale che manca sostanzialmente, e soluzioni effettistiche. 

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