Vita dopo la morte? Per Bioquark si può

Vita dopo la morte? Per Bioquark si può
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Intervista a Ira Pastor, direttore del progetto ReAnima

Il progetto ReAnima della statunitense Bioquark, situata a Philadelphia, ha ottenuto recentemente la approvazione per sperimentare la rianimazione, quindi il ritorno alla vita, su 20 “pazienti” clinicamente e legalmente morti.

Fantascienza? Fantasia da film horror? Lo chiedo a Ira Pastor, il CEO della Bioquark, in una complessa intervista di cui propongo qui una versione semplificata, accessibile in versione completa con approfondimenti al link in fondo all’articolo.  

L’obiettivo della Bioquark è indurre il cervello e il sistema nervoso a ripararsi fino a rigenerarsi, nello stesso modo in cui alcuni pesci e anfibi sono in grado, in natura, di far ricrescere parti di se stessi. Tutto ciò attraverso l’uso di cellule staminali e di iniezioni di peptide, applicazioni laser e stimolazioni nervose. Al di là del mondo dei fumetti e dei fim di supereroi, finora l’essere umano non ha mai avuto queste capacità autorigeneranti. Ira Pastor ci scherza su: “Per tua informazione, non ho mai amato i film di zombie”. Il cuore della missione del progetto ReAnima della Bioquark è la ricerca sullo stato della morte cerebrale in soggetti che sono da poco stati dichiarati morti ma che sono ancora collegati a macchinari di supporto cardiopolmonare artificiale . Soggetti che in molte parti del mondo vengono chiamati “cadaveri viventi”. Questa ricerca è volta a ripristinare forma e funzioni del sistema nervoso centrale, attraverso sollecitazioni epimorfiche cadenzate. Mentre le ricerche sui “cadaveri viventi” sono andate avanti per decenni in molti Paesi, dice Pastor ” il nostro studio ci risulta essere il primo del suo tipo, esplorando le dinamiche della neurogenesi e della vasculogenesi nel tronco cerebrale di questi soggetti”.

http://articles.baltimoresun.com/2003-02-02/news/0302020371_1_research-living-dead-university-of-pittsburgh

Continua Pastor: “E’ interessante constatare che in molti Paesi finora non ci sono molti obblighi e regole relativi alla possibilità di effettuare studi e ricerche sui morti recenti; ma probabilmente questo cambierà, visto il polverono che noi della Bioquark stiamo sollevando. La cosa importante per noi è che si sappia che questa strada è percorribile, e molti ricercatori con cui siamo in contatto, da oltre 18 Paesi, stanno verificando come questi protocolli possano essere migliorati, visto che esperimenti e interventi di rianimazione su questi pazienti finora sono stati tralasciati. Alcuni Paesi potrebbero anche scegliere di proibire del tutto le ricerche, anche se questo vorrebbe dire togliere del tutto la possibilità di dare una speranza alle famiglie dei pazienti. Come spiegare alle famiglie che i loro cari da poco deceduti non hanno alcuna possibilità di provare a tornare in vita? “

La domanda ovvia è: e poi cosa succede? Risponde Pastor: “Una completa rianimazione, e una piena guarigione di questi pazienti, è una possibilità. E’ una area inesplorata. Gli studi di “disordini della coscienza” come coma e stato neurovegetativo sono molto pochi comparati a quelli sui disordini degenerativi più tradizionali come Alzheimer, Parkinson, etc. La nostra ricerca avrà un benefico effetto a cascata su tutte queste malattie”.

Ira Pastor certo non si fa pregare per spiegare il progetto ReAnima in modo molto ampio. Ecco l’intervista:

Straordinari gli obiettivi di Bioquark. Ricrescita di tessuti e organi umani, diminuzione o eliminazione dei tumori, rigenerazione del cervello inclusi benefici per l’Alzhaimer, rianimazione dopo la morte, benessere e cura della bellezza. Qual è quindi la Vostra principale missione a favore dell’essere umano? Una vita migliore, una vita più lunga?

Il primo obiettivo di Bioquark sin dall’inizio è creare nuovi interventi terapeutici per le malattie che sono cause primarie responsabili del deterioramento, della sofferenza e della morte dell’uomo. Siamo mirati a sviluppare e commercializzare una nuova gamma di prodotti e servizi biotecnologici che abbiano la capacità di modificare lo stato biologico che regola organi e tessuti umani, con lo scopo di curare un ampio spettro di malattie.Nel 2016, nel mondo sono stati spesi oltre 7 bilioni di dollari in spese sanitarie, di cui oltre 1 bilione solo per prodotti farmaceutici. Lo stesso anno, oltre 200 miliardi di dollari sono stati spesi per ricerche e sviluppo nella scienza della “nuova vita”. Nonostante queste incredibili dinamiche finanziarie, stiamo assistendo ad una paradossale crescita di quasi tutte le malattie croniche degenerative responsabili per la sofferenza e morte umana, di pari passo con un incremento della età della popolazione.

L’innovazione dei farmaci ha un costo per lo sviluppo di un nuovo prodotto di miliardi di dollari, i tempi di realizzazione talvolta superano i quindici anni, e la maggioranza dei nuovi farmaci approvati-e in media 1 ogni 10.000 arriva a questo- offre da un minimo a nessun beneficio sulle terapie già esistenti. In più, ben si sa ma non se ne parla, la verità delle industrie farmaceutiche è sempre la stessa: tutte le medicine che escono sul mercato funzionano solo su una bassa percentuale di popolazione; ciò è dovuto alla sempre crescente diversità di pazienti e malattie. Nessuna medicina sarà davvero efficace al cento per cento. I costi stimati sulle ricerche cliniche e pre-cliniche sono vicini a 100 miliardi di dollari l’anno.Infine, gli organi centrali che regolano la sanità di Paesi avanzati (FDA, EMEA, etc.) sono divenuti più burocratici e tornati indietro di decenni nelle loro capacità di stare al passo con le nuove piattaforme scientifiche, e della approvazione di nuove modalità di test clinici che sono appropriate per pazienti, malattie e farmaci del XXI° secolo.

Il che ci porta alla inevitabile domanda: cosa è andato male per arrivare a questo approccio, e dove sono le cure per le malattie? Dall’inizio della moderna industria farmaceutica, i ricercatori hanno cercato di ridurre e studiare la salute umana e le malattie al livello dei loro componenti base -proteine, geni, cellule- cercando nuove combinazioni che possano intervenire positivamente nei processi biologici.

In parallelo, dal punto di vista clinico, i pazienti hanno continuato ad essere classificati e studiati in un modo standard, basato sui sintomi delle malattie, attraverso la medicina basata sulla evidenza- la prova clinica randomizzata.

Mentre questi approcci hanno recentemente permesso alla industria farmaceutica di crescere in dimensioni e profitti, dandoci molte terapie per le malattie, ci hanno dato pochissime cure per le malattie, con la sola eccezione dell’antibiotico. Il motivo principale di questo è che la innovazione nella industria è tornata indietro di decenni rispetto a ciò che la scienza ci ha insegnato nei laboratori. Riassumendo, l’approccio a medicine sviluppate per un solo obiettivo basato esclusivamente sui sintomi della malattia, combinato con modelli di studi clinici che hanno ignorato l’eterogeneità delle malattie umane, ci ha portato a dove siamo oggi: molte terapie, modesti risultati, nessuna cura.

Etica. Qual è la maggior opposizione con cui dovete combattere? Sperimentazione animale? Remore religiose sulla rianimazione dopo la morte cerebrale?

Non c’è bisogno di dire che la opposizione e le critiche sul nostro progetto così unico come Reanima possono essere feroci da molte angolazioni, nell’immaginario collettivo. Mettiamo subito da parte la “critica Zombie” come un puro fenomeno hollywoodiano: non si può discutere la scienza di fantasia; in ogni caso no, non inizieremo una Apocalisse degli Zombie.In relazione alla potenziale accusa di “giocare a fare Dio”, non la vediamo in questo modo. Questa discussione è andata avanti per oltre 100 anni attraverso l’era della moderna medicina, anche durante la creazione di strumenti come i defribillatori, i polmoni articiciali, e trapianti di organi. Se qualcuno vuole criticarci per aiutare la famiglia il cui bambino di tre anni è accidentalmente affogato in piscina, o quella di cui il figlio di 16 anni è caduto dalla moto senza elmetto, che non accettano la frase ” ci dispiace, non c’è nulla che possiamo fare per loro” da un sistema sanitario globale che genera 7 bilioni di dollari all’anno, lo faccia pure. Non posso dire a chi ci critica che era “volontà di Dio”, specialmente con le basi tecnologiche che oggi abbiamo nelle nostre mani. Non “giochiamo a fare Dio”, cerchiamo di aiutare.E potreste discutere per sempre, sul fatto che una persona morta abbia una migliore qualità di vita di una persona in coma. Ma se otteniamo questa grandiosa transizione dalla morte al coma non ci fermeremo qui, sarebbe stupido non continuare a provare, attraverso la gamma dei disturbi della coscienza, fino a portare la persona ad uno stato di veglia. E in un sistema che costa 7 bilioni di dollari all’anno, pochi pazienti in coma non andrebbero a sovraccaricare i costi.

Avete già iniziato la sperimetazione del progetto Reanima in India? Con quali risultati?

Abbiamo la approvazione, ma non abbiamo ancora “reclutato” il paziente numero1, è una cosa che può richiedere tempo. Ma ci arriveremo. In ogni caso, proprio in questi giorni stiamo dialogando con molti gruppi in altri Paesi, per espandere il progetto, avere più centri di sperimentazione, avere molti più esperti coinvolti. Esperti da 18 Paesi finora stanno esplorando come i nostri protocolli potrebbero essere migliorati nelle loro realtà. Più ci focalizziamo sull’obiettivo, più veloci arriveremo al successo

Quali prevedete siano le condizioni di una persona che torna indietro dalla morte cerebrale, dopo il vostro programma ReAnima?

Eccellente domanda. Non c’è bisogno di dire che su questa domanda la gente ha filosofeggiato per oltre 100 anni, e noi siamo entusiasti del fatto che il nostro lavoro possa essere la chiave per iniziare a rispondere a questa domanda. Alcune persone nel mondo della neuroscienza hanno scommesso sul modello “connettomico” https://it.wikipedia.org/wiki/Connettoma della mente umana; in sostanza, noi non siamo altro che cento miliardi di neuroni e bilioni di connessioni dentro il cervello. Nel mondo della neuroscienza cognitiva c’è praticamente una divisione in due tra questa posiizione e chi dice che siamo più di questo: ovvero che il cervello è solo una parte di un più complesso processo mentale che coinvolge “relatione a cose”(la complessità elettrochimica del resto del corpo, il suo ambiente, le sue connessioni sociali etc) e che il tuo cervello da solo , che siede miracolosamente da qualche parte tenuto vivo in un contenitore pieno di fluidi in un laboratorio, non sarebbe più Raffaella. Basandosi su molteplici fattori, la Bioquark scommette che la mente umana è molto di più che un connettoma e che la memoria sia una comodità recuperabile oltre il tempo. C’è così tanto che non sappiamo sulle profondità della mente umana, ma il nostro programma senza dubbio ci aiuterà a chiarire molte cose.

I prodotti e i servizi della Bioquark saranno accessibili a tutti, o saranno solo per una elite di persone ricche?

Saranno accessibili a tutti, a differenza di altre biotecnologie più “esotiche”  come il gene editing, l’ingegneria tissutale ex vivo, etc :a Bioquark sta usando strumenti che sono già parte del sistema e hanno un costo di produzione abbattuto, come proteine,  cellule stromali / staminali derivate da tessuto adiposo (ASC), etc.

 

Per saperne di più l’intervista completa è in allegato:

Intervista Bioquark completa

 

 

Ira Pastor
Ira Pastor

 

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