di Raffaella Milandri
La qualità della vita, oggi, si misura in base alle occasioni da fotografare con il cellulare e postare su Facebook? Con il cellulare, chiunque è sempre pronto a scattare foto e fare filmati, anche “a tradimento” e di nascosto, in cerca di notorietà, di tanti “mi piace” su facebook. Ovviamente, mi duole dire, il gatto di casa, il piatto di pastasciutta, la zia Clara che si cimenta con il karaoke o la cugina Clementina in mutande sono interessanti e simpatici, ma la “Fotografia” con la F maiuscola è un’altra cosa, nella maggior parte dei casi.
Se una gita fuori porta basta per scatenare il “fotografo” latente in ognuno, invece un viaggio in Italia o all’estero, sia come viaggiatore indipendente che in gruppo turistico organizzato, trasforma molti di noi in pirati all’arrembaggio di una nave carica di… immagini da catturare con il cellulare o, meglio ancora, con l’obiettivo fotografico. Le situazioni più impensate, colorate, folkloristiche e straordinarie spingono all’azzardo estremo e un selfie può portare addirittura alla morte; lo documenta ad esempio questo articolo http://www.lospillo.net/10-incredibili-storie-di-persone-morte-per-un-selfie/ . Ognuno è alla ricerca dello “scatto memorabile” di se stesso o del prossimo, o del panorama, o di un animale selvaggio.
In qualità di fotografa sono a chiedere provocatoriamente: scattare foto può infrangere i diritti umani? Parliamone anche a proposito di viaggi dalle culture diverse, in Paesi in via di sviluppo in Asia, Africa o Sudamerica. Nella frenesia del momento, di catturare l’immagine, di congelare l’attimo, si rischia seriamente di dimenticare alcune regole fondamentali del rispetto per persone e culture. Sia il turista e viaggiatore, sia il fotografo non devono mai ignorare la sensibilità, il senso di pudore, l’orgoglio, la educazione e la cultura di chi si trova di fronte all’obiettivo o al cellulare . E non devono mai mancare di rispetto, ma essere coscienti della responsabilità di un possibile influsso negativo su chi andiamo a ritrarre: magari vive in un mondo dallo stile di vita così diverso dal nostro. Prima di tutto, ovunque nel mondo è fondamentale chiedere il consenso al soggetto ritratto. Basta un cenno di assenso del capo, se la foto non verrà utilizzata a fini commerciali non è indispensabile il MODEL RELEASE, il consenso firmato che autorizza all’uso della foto. Rubare un ritratto o un primo piano senza permesso può essere considerato un furto, una violenza che si compie sul soggetto, che in taluni casi è un bambino, o un indigeno che non parla la nostra lingua, in altri casi è una persona povera e malvestita, o magari una coppia in cerca di intimità. I più elementari diritti umani non vanno violati. Certo , in zone remote e villaggi rurali magari qualche anziano potrebbe credere che la fotografia rubi l’anima…
La cultura locale va rispettata. Ad esempio in India, durante le cremazioni dei defunti, ho visto turisti accalcarsi con macchine fotografiche e cellulari sguainati, incuranti dei familiari del defunto e dei cerimoniali. Senza alcun rispetto del dolore, della cultura e della religione. Ho visto scene di estrema violenza e brutalità: fotografi spintonare una sposa per poterne fare una foto. Scattare senza pietà sul volto piangente di un disabile.
Laddove c’è povertà e c’è turismo, è facile che chi fa una foto si lavi la coscienza dando qualche spicciolo al soggetto ritratto. Ma si crea così la falsa illusione , per molte madri con bambini in special modo, di poter vivere di elemosina. Ecco che una bella bambina che inizia a raccogliere soldi per strada, facendosi fotografare, non verrà mai invogliata ad andare a scuola o ad imparare un mestiere. Col nostro comportamento rischiamo di modificare lo stile di vita, con una semplice foto pagata con un euro. Questo euro magari, in quel Paese, equivale alla paga di due giorni di lavoro. Siamo in grado, quando visitiamo un paese economicamente sofferente, di calarci nei panni di chi ci vive, di adattare i nostri pasti ai loro, di ragionare con i loro parametri?
Mi appello a tutti i fotografi, viaggiatori e turisti perché ovunque, ma specialmente durante i loro viaggi in Paesi in via di sviluppo adoperino tutta la loro sensibilità, attenzione, responsabilità nell’interagire con le persone del posto. La traccia che ognuno lascia va a segnare il sentiero per quelli che seguono.