Kent Haruf “Le nostre anime di notte”

Kent Haruf “Le nostre anime di notte”

E’ in libreria il commovente testamento letterario di Kent Haruf, storia di due anziani che decidono di condividere le rispettive solitudini nell’immaginaria cittadina di Holt, che presto sarà un film con Robert Redford e Jane Fonda.

 

Le nostre anime di notte” è il libro terminato da Kent Haruf appena prima di morire e permette, a chi già conosce la “Trilogia della pianura”, di tornare per un’ultima volta ad Holt, l’immaginaria cittadina del Colorado dove lo scrittore era solito ambientare le sue storie, e, a chi si avvicina adesso alla sua prosa, di visitarla per la prima volta. Si tratta di un libro magnifico, un ritratto minimale e rarefatto di quel tempo della vita in cui ci si può ribellare alla rassegnazione e regalarsi un bagno rigenerante che cancelli via le scorie di tutti i sogni infranti. Come quello che, fuor di metafora, i due protagonisti si concedono nel torrente Chief Creek verso la fine del romanzo, in assoluta nudità.

Quella de “Le nostre anime di notte” è letteratura da camera, giocata su toni delicati ma incisivi, costruita su piccoli episodi che possiedono tutta la serenità, la leggerezza e la poesia che una questione privata tra due settantenni possono trasmettere. Brindare con un bicchiere di vino, cenare in una tavola calda, tenersi la mano di notte, in fondo l’autore non fa che parlare di momenti di una quotidianità disarmante come questi.

Il romanzo è stato scritto con un’inusuale fretta, quella necessaria ad Haruf per terminare il racconto prima di morire. Eppure nelle sue centosettanta pagine nulla fa pensare ad una prosa non controllata, perfettibile, sfibrata. Haruf procede, capitolo dopo capitolo, in modo rigoroso, sistemando i pezzi del suo puzzle emotivo con precisione entomologica, schiudendo cassetti di memoria dolorosi, ammettendo nella sua drammaturgia della vecchiaia la parola libertà. Sono liberi come non lo sono mai stati in vita loro Addie e Louis, i due protagonisti, entrambi vedovi, che ad un certo punto decidono di fregarsene dei pregiudizi e delle chiacchiere di paese e di condividere le rispettive solitudini, dormendo insieme tutte le sere a casa di Addie.

Non c’è un tardivo assalto di lussuria nelle loro intenzioni, solo un bisogno di intimità al quale non abbandonarsi per rispetto di stupide convenzioni sociali sarebbe un peccato irrecuperabile. E qui si compie il miracolo di Haruf. Leggendo delle giornate di Addie e Louis, scandite da gesti rituali e concluse dalle conversazioni sotto le lenzuola nel cuore della notte, si finisce per invidiarli. Nonostante i dolori e le sconfitte accumulate, nonostante le frustrazioni e i rimorsi per i tanti non detti e i troppi non fatti. Li si invidia perché non a tutti capita, nell’arco di un’esistenza, di attraversare un periodo di incauta libertà come il loro.

Addie e Louis scelgono di passare insieme le notti non perché sono amici da sempre, ma perché, pur essendo vicini di casa, si conoscono troppo poco e hanno voglia di recuperare.
Perché la notte può essere terribile se si è costretti ad attraversarla da soli.
Perché hanno smesso di preoccuparsi di quello che pensa la gente e all’improvviso non c’è più tempo per le fesserie.
Perché devono raccontare l’amore, mentre fingono di non accorgersi di viverlo.
«Mi chiedevo come mai hai scelto proprio me. Non ci conosciamo poi così bene.
Credi che avrei potuto scegliere chiunque? Che io voglia soltanto qualcuno che mi scaldi il letto di notte? Un anziano qualsiasi con cui parlare?
Non pensavo questo. Ma non so perché hai scelto me.
Ti dispiace che io l’abbia fatto?
No, per niente. Sono soltanto curioso. Me lo stavo domandando.
Perché credo che tu sia una brava persona. Una persona gentile.
»
Si ripetono che sono liberi di interrompere la loro amicizia in qualsiasi momento, ma si capisce che il legame che un poco alla volta li unisce è di quelli destinati a non spezzarsi mai.

 

Kent Haruf è uno scrittore americano nato in Colorado nel 1943 e scomparso il 30 novembre 2014 a causa di una malattia polmonare. Tra le sue opere, tutte pubblicate in Italia da NNE, Canto della pianura, Crepuscolo e Benedizione, che insieme costituiscono la cosiddetta Trilogia della pianura. Ha vinto il Whiting Foundation Award, il Colorado Book Award ed ha ricevuto una menzione speciale dalla PEN/Hemingway Foundation.

 

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