Lombalgia, 2a puntata

Lombalgia, 2a puntata

 

di Maurizio Massetti*

 

IL RIPOSO A LETTO

Molti studi hanno confrontato, nei pazienti con lombalgia “benigna”, il riposo a letto con il rimanere attivi. Essi hanno concluso unanimemente che è preferibile una minima attività fisica al riposo totale. In realtà ciò sembra essere vero per la lombalgia classica, senza irradiazione; nel caso di irradiazione sciatica il riposo a letto è invece indicato, seppur per il solo periodo di massima sofferenza. Nella lombalgia iper-acuta il riposo potrebbe essere inevitabile perché il paziente non riesce a stare in piedi per il dolore insopportabile e la contrazione muscolare: in questo caso il riposo non dovrebbe però superare i 2-3 giorni. Infatti è stato osservato che il riposo minimo e quello prolungato non mostrano differenze nel recupero funzionale e nella risoluzione del dolore.

MANIPOLAZIONI, MASSAGGI e AGOPUNTURA

Le tecniche in questione, a cui ricorrono spesso numerosi pazienti, non mostrano significative differenze con l’utilizzo dei farmaci, di cui parleremo più avanti. Salvo i rari casi di peggioramento (soprattutto in caso di lombo-sciatalgia) le manipolazioni sono ritenute abbastanza sicure se eseguite da professionisti esperti. Per quanto riguarda i massaggi non ci sono sufficienti evidenze scientifiche per raccomandarne l’utilizzo. Infine, l’agopuntura non viene citata in nessuna linea guida.

TRATTAMENTO FISICO+PSICOTERAPIA

Oltre a fornire sufficienti spiegazioni sulla patologia in questione il Medico deve tranquillizzare il paziente e indirizzarlo verso il programma terapeutico più indicato. In genere può suggerirgli un abbinamento terapeutico fisico+psichico che includa un approccio cognitivo-comportamentale; è stato visto che questo approccio funziona a patto che non ci siano ostacoli psicosociali e che la terapia sia fatta in gruppo. E’ bene sottolineare che un trattamento così impegnativo è prevedibile soprattutto nella lombalgia cronica, con o senza sciatalgia.

LA TERAPIA FARMACOLOGICA

Quando il mal di schiena si manifesta il paziente tende ad assumere i farmaci che ha “nel cassetto”. In seguito è il Medico di famiglia a suggerire uno o più prodotti per mitigare il dolore. Uno degli obiettivi del Medico sarà quello di controllare continuamente il grado di analgesia ed utilizzare solo i farmaci strettamente necessari.

Spulciando tra le linee guida, cioè le raccomandazioni continuamente aggiornate cui si rifanno i professionisti del settore, si vede che il paracetamolo (o tachipirina) è il farmaco di prima scelta per controllare il dolore. E’ vero che è un farmaco un po’ “deboluccio” senza effetto antinfiammatorio, conosciuto più come antifebbrile che come antidolorifico ma, aggiungiamo noi, se assunto in un certo modo può essere un farmaco con ottimi effetti analgesici e scarsissimi effetti collaterali. In quale modo? Semplicemente assumendolo ad orari fissi, ad esempio, ogni 8 ore (tuttavia è bene associare un altro farmaco al paracetamolo). L’assunzione di paracetamolo non necessita della gastroprotezione.

Un gradino superiore nella potenza antalgica (e nella comparsa di effetti collaterali) è occupato dai FANS (farmaci antinfiammatori non-steroidei): qui l’effetto non è solo analgesico ma anche antinfiammatorio. Tali sostanze sono tuttavia gravate da effetti avversi molto importanti (sanguinamento gastro-intestinale, insufficienza renale transitoria) e vanno assolutamente evitati in pazienti “fragili” (nefropatici, cardiopatici, anziani, etc.). Inoltre, almeno per il periodo in cui vengono assunti, è preferibile utilizzare un protettore gastrico. Tra le decine di FANS a disposizione è bene che sia il medico di famiglia a decidere quale molecola prescrivere (alcuni di essi sono più tossici, altri non si possono utilizzare in corso di determinate terapie croniche). In ogni caso è raccomandabile “confinare” l’utilizzo dei FANS ad un periodo di tempo molto limitato (pochi giorni).

I decontratturanti (farmaci rilassanti la muscolatura scheletrica), pur essendo molto utilizzati, non trovano posto nelle linee guida citate poco fa: il loro effetto benefico sarebbe di poco superiore al “placebo”…

Un gruppo di farmaci molto importante per il largo utilizzo che se fa è quello degli steroidi, cioè i cortisonici. Questi farmaci hanno un notevole effetto antinfiammatorio ma il loro utilizzo è molto discusso e gli autori di tanti articoli scientifici non sembrano affatto d’accordo… I cortisonici, in effetti non dovrebbero essere utilizzati nella lombalgia benigna (l’effetto antinfiammatorio è già assicurato dai FANS) e il loro impiego sarebbe più razionale in caso di sciatalgia, una situazione patologica in cui il disco intervertebrale erniato “schiaccia” una radice nervosa provocando un dolore intenso per tutta la gamba; il cortisone avrebbe una relativa efficacia nel decongestionare il nervo e diminuire la grandezza dell’ernia.

Se il dolore non è ben controllato da paracetamolo e FANS, o se questi sono controindicati, si può ovviare con la somministrazione di oppioidi deboli (farmaci simili alla morfina ma con effetti molto più blandi). La codeina e il tramadolo, in compresse o gocce, assicurano generalmente un controllo del dolore abbastanza sufficiente.

In molti casi i prodotti farmaceutici contenenti 2 diversi principi attivi, le associazioni, presentano numerosi vantaggi: la comodità d’uso (con una compressa si assumono 2 farmaci); la “sinergia” tra due diverse molecole, che significa potenziamento reciproco; la bassa tossicità, poiché i farmaci presenti nelle associazioni sono spesso “sotto-dosati”. Nel nostro Paese sono disponibili associazioni di: paracetamolo-codeina, paracetamolo-tramadolo, paracetamolo-FANS, FANS-oppioide debole.

Nel caso della lombalgia cronica, cioè di una patologia in cui il dolore è continuo anche se meno intenso, se la qualità di vita è fortemente compromessa può essere prevista una terapia a lungo termine, anch’essa cronica. Se è vero che i FANS non possono essere utilizzati per lunghi periodi, come è vero che paracetamolo e oppioidi deboli possono essere inefficaci, si dovrà ricorrere agli oppioidi forti. Ossicodone, tapentadolo, idromorfone, fentanyl sono oppioidi potenti che, al dosaggio più basso possibile e ad orari fissi, possono concretamente aiutare il paziente a ritrovare una qualità di vita “decente”. Naturalmente questi farmaci vanno assunti sotto controllo medico e per periodi di tempo limitati, magari a cicli.

Sull’utilità di complessi vitaminici, soprattutto del gruppo B, somministrati nella fase acuta della malattia c’è molta confusione. In ogni caso, nessuna linea guida ne raccomanda l’utilizzo.

Infine, un gruppo di farmaci anticonvulsivanti (gabapentin e pregabalin) sono ampiamente utilizzati nella lombalgia acuta: queste sostanze agiscono sulla velocità di conduzione dei nervi, rallentandola. Il loro impiego più razionale sarebbe, come per il cortisone, in presenza di una compressione dolorosa di un nervo: non ci sono evidenze sulla loro utilità nella lombalgia meccanica senza sciatalgia.

LA TERAPIA INFILTRATIVA

Tra la terapia medica, spesso inefficace o scarsamente tollerata dal paziente, e l’intervento chirurgico esiste una via di mezzo: la terapia infiltrativa. Con le infiltrazioni peridurali il terapista del dolore inietta una miscela di cortisone ed anestetico locale proprio nella colonna vertebrale, quindi laddove il problema-dolore inizia il suo insidioso percorso. Nonostante le linee guida internazionali indichino le infiltrazioni peridurali come una terapia specifica delle ernie del disco, quindi delle sciatalgie, tali procedure si rivelano spesso efficaci anche nella lombalgia semplice non irradiata. Questo perché, all’origine di un mal di schiena in via di cronicizzazione, coesistono sempre vari fattori: disidratazione dei dischi, artrosi interapofisaria, stenosi del canale, etc., tutti piuttosto sensibili all’azione antinfiammatoria del cortisone. Attualmente è possibile sostituire l’infiltrazione classica con impulsi elettrici grazie alla tecnica della radiofrequenza.

LA TERAPIA CHIRURGICA

La lombalgia classica, cioè benigna-meccanica, non contempla alcuna indicazione chirurgica. Fermo restando che, al giorno d’oggi, le indicazioni alla neurochirurgia della colonna sono molto limitate e severe, l’intervento è indicato soltanto in alcuni casi dopo il fallimento di tutte le altre terapie: sciatalgia persistente e invalidante (intervento di decompressione), anomalie nell’allineamento delle vertebre o spondilolistesi (intervento di stabilizzazione) e stenosi del canale vertebrale con lombalgia e claudicatio (intervento di “recalibrage”).

 

2017-11-04,  (2a puntata)
* dott. Maurizio Massetti
Responsabile S.O.S.D. “Terapia Antalgica”
Area Vasta 5 – Asur Marche

 

 

 

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