Mam, Museo d’Arte sul Mare: la storia – 19

Mam, Museo d’Arte sul Mare: la storia – 19

LE OPERE DEL MAM E LA LORO STORIA – 19
L’anno del secondo murale all’Agraria.

 

 

di Piernicola Cocchiaro

 

 

 

San Benedetto del Tronto, 2019-02-15 – Di seguito le foto delle opere del MAM realizzate durante la diciannovesima edizione di “Pittura & Scultura Viva”, nel 2015 e la loro storia.

Le foto sono tratte dal catalogo del Festival dell’Arte sul Mare 2018, realizzato da Fabrizio Mariani, mentre la storia e’ tratta dal libro “Cercavo proprio te” di Piernicola Cocchiaro.

2015

Pittura & Scultura Viva – Edizione “tuttitaliana”

La diciannovesima ed ultima edizione fu dedicata ai soli artisti italiani. Dopo 18 edizioni che avevano visto la presenza di artisti di ogni parte del mondo, mi sembrava doveroso rendere omaggio alla nostra Italia e alla sua cultura artistica. Così invitai quattro scultori e quattro muralisti italiani e chiami l’edizione “tuttitaliana”. Questo, tra l’altro, mi permise di smaltire diverse vecchie richieste di partecipazione al simposio di artisti italiani che si erano via via accumulate a causa del fatto che per tenere alto il livello di internazionalità dell’evento, ormai da diversi anni mi limitavo ad invitare un solo scultore italiano oltre a quello locale.
Per la sezione scultura, invitai Bruno Pon, Antonio De Marini, Pietro De Scisciolo e come artista locale il giovane Donato Gentili. Per la sezione pittura murale, invitai una ragazza romana, Gio Pistone, la coppia Wally e Alita degli Orticanoodles e Luca Flebo Tayebian, un giovane locale esperto di lettering. Ormai, la pittura murale era diventata una componente importantissima; il murale di Zed1 dell’anno precedente era finito su diverse riviste specializzate e dunque in suo onore, dopo 18 anni, il nome del simposio, da “Scul.tura Viva” divenne “Pittura & Scultura Viva”.
Gio Pistone e Flebo, avrebbero realizzato ognuno un murale di sei metri di lunghezza per due di altezza sui blocchi di cemento del molo sud, mentre Wally e Alita, prima avrebbero realizzato un murale unico di dodici metri di lunghezza sugli stessi blocchi e poi si sarebbero dedicati al grande murale dell’Agraria di circa 180 metri quadrati, sulla facciata della palazzina gemella a quella dipinta da Zed1.
Il risultato fu eccezionale, ma a differenza di Zed1, gli Orticanoodles lavorarono usando la tecnica dello stencil, cioè dello stampo. Arrivarono a San Benedetto con una macchina piena di rotoli di carta che altro non erano che le matrici perforate delle sagome dei colori che avrebbero composto il murale. Una volta iniziato il lavoro, per prima cosa stesero le matrici sulla parete e con una bomboletta spray spruzzarono la vernice sui contorni perforati delle sagome che così si stamparono sul muro sottostante, prima di venire riempite con il colore previsto.
Un pò come faceva Michelangelo cinquecento anni prima, quando con la tecnica dello spolvero e cioè della polvere di carbone che veniva battuta sul contorno traforato delle figure, stampò le loro sagome sulla volta della Cappella Sistina prima di colorarle.
Per il murale del molo sud Wally e Alita avevano previsto di dipingere una tartaruga gigante, la Caretta Caretta, mentre per il murale dell’Agraria avevano pensato di realizzare invece, il ritratto stilizzato di un loro idolo, Andrea Pazienza, che, avevano scoperto, era vissuto a San Benedetto.
Inutile dire che vennero fuori due capolavori, ma più del risultato, sul quale ci avrei giurato, quello che più mi colpì fu, come era già successo con Zed1, la loro affabilità e simpatia. Non c’era persona dell’Agraria che non avesse scambiato due chiacchiere con loro e succedeva spesso che quando qualcuno dalla strada chiedeva a loro, sù in alto nel cestello, cosa rappresentasse il murale, loro smettevano di lavorare, abbassavano la piattaforma elevatrice e raggiunta la persona, si mettevano a spiegare nei dettagli il lavoro che stavano facendo.
Insomma fu una bella esperienza vederli al lavoro e soprattutto fu una cosa bellissima vedere alla fine i due grandi murali imponenti e ricchi di colori, dare vita all’intero quartiere, vibrando su quelle due pareti affiancate.
Anche la sezione scultura ottenne un buon successo e tutte le opere furono oggetto di apprezzamento da parte del pubblico. Bruno Pon realizzò un bel bassorilievo dal titolo “Il nucleo della vita”, che era un inno all’amore, Pietro De Scisciolo un’onda che sgorgava da un’apertura quadrata immaginata sul blocco di travertino, Antonio De Marini “Memoria”, un dialogo armonico e sobrio tra linee e piani e il giovane Donato Gentili, dimostrò le sue già buone qualità scultoree con un’opera che rappresentava una piovra.
Quell’anno Peppino si dedicò al Presepe subacqueo e realizzò la statua di un cordaio da posizionare sugli scogli intorno alla sua Natività sommersa nel mare. Lavorò senza sosta e in pochi giorni scolpì una figura a tutto tondo a grandezza naturale che fu forse la più ammirata della 19^ edizione.
L’unico lato negativo di quell’edizione fu il ritorno del vandalo seriale che non colpiva più da ormai alcuni anni e che evidentemente, anche se ormai di una certa età, non resistette all’impulso di distruggere una piccola scultura in terracotta rossa, che rappresentava una barchetta di carta e che Pietro De Scisciolo, nonostante i miei ripetuti avvertimenti, aveva per forza voluto fissare in bella vista sulla sua scultura, quasi fosse un invito a romperla.
Nonostante ciò fu comunque una bella edizione che inoltre già emanava il profumo della successiva, quella del ventennale.

 

 

 

 

MAM, Museo d’Arte sul Mare

 

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