Andrew Bird “My Finest Work Yet”

Andrew Bird “My Finest Work Yet”

Etichetta: Loma Vista
Brani:
Sisyphus / Bloodless / Olympians / Cracking Codes / Fallorun / Archipelago / Proxy War / Manifest / Don The Struggle / Bellevue Bridge Club

 

E’ sempre stato un artista originale Andrew Bird, col suo violino e il suo fischiettare ha portato un’ondata di bizzarria nel territorio spesso fin troppo stereotipato del folk-rock americano. Il problema dei suoi dischi è stato semmai il loro essere poco a fuoco, col risultato che ogni volta potevano dirsi “dispersivi”. Con l’ultimo “My Finest Work Yet” accade però qualcosa di diverso. Andrew riesce a mettere in mostra il lato sociale e anche politico della sua musica: una volta si sarebbe parlato di disco “impegnato” e difatti molti pezzi trattano di risvegli di coscienze, istanze ambientali, pugni alzati e mani tese. L’ironia non manca, questo è chiaro sin dal titolo e dalla copertina, ma allo stesso tempo sembra che Andrew faccia sul serio come non aveva mai fatto prima d’ora.

Sisyphus ha un’irresistibile melodia beatlesiana che si attacca subito addosso. Bloodless è un invito a mettersi in gioco, una chiamata alle armi contro l’imbarbarimento di social e populismi. Do The Struggle offre reminiscenze di vecchie soluzioni birdiane. Manifest è semplicemente una delle migliori canzoni dell’anno, perfetto incastro di musica e testo, un country old-fashioned che flirta con la filosofia e con il pop con la stessa elegante nonchalance. “My Finest Work Yet” è un inno in dieci tracce all’apertura, alla comunicazione, al confronto (anche con i propri nemici: “all my enemies they just fall in love with me”, canta in Archipelago). Un inno stramaledettamente rotondo dal punto di vista sonoro, dolce, deciso, a tratti perfetto.

 

 

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