Raoul e Lorenzo Paciaroni, “Una notte di guerra”

Raoul e Lorenzo Paciaroni, “Una notte di guerra”

Presentato dall’UTEAM il racconto dei tragici eventi del 12 giugno 1944 a Sanseverino

Il nuovo libro di Raoul e Lorenzo Paciaroni parla di partigiani, fuoco amico, imboscate, tedeschi e ponti da far saltare in aria. Una storia vera.

SAN SEVERINO MARCHE, 14 ottobre 2019 – Una banda di partigiani. Un ponte da far saltare in aria. Un tragico incidente, una sfortunata combinazione e un incontro sgradito. Un’imboscata. Uno scontro a fuoco tra tedeschi, partigiani e altri patrioti. Una fuga rocambolesca, degli spari, un’esecuzione. E il ponte ancora in piedi, il mattino del giorno dopo.

Tutto in una notte, quella tra l’11 e il 12 giugno 1944. “Una notte di guerra”, questo il titolo del libro di Raoul e Lorenzo Paciaroni che racconta gli eventi di quella notte, pubblicato dall’UTEAM – Università della terza Età dell’Alto Maceratese – che lo ha presentato in occasione dei festeggiamenti per i trent’anni di attività al Teatro Feronia di Sanseverino domenica 13 ottobre 2019.

C’è un ponte da far saltare in aria, tra Sanseverino e Serrapetrona, all’altezza di Colleluce. Un gruppo di partigiani guidati dal tenente Antonio Claudi detto “Toto”, di base tra Chienti e Potenza, si reca a minarlo, alcuni ex prigionieri di guerra alleati (Angus Cyril Butler, William Henry Starkey e Archibald Reice Campbell i loro nomi), armati, li proteggono e un posto di blocco a qualche decina di metri assicura che non transiti nessuno. Ecco perché, quando si avvicina un’automobile, superato il posto di blocco deducono siano tedeschi ed eseguono l’ordine di aprire il fuoco. A bordo, però, colpiti dal fuoco amico ci sono altri due partigiani. Ramiro Laureani e Tarcisio Teodori. Come e perché siano finiti in quella camionetta, in quella strada, in quel momento, perché abbiano superato il posto di blocco e i soldati non siano stati avvisati di non sparare sui loro compagni, sono solo i primi dei misteri ai quali gli autori hanno provato a rispondere.

I feriti vengono trasportati all’ospedale di Sanseverino, dove arrivano già morti o in fin di vita. I loro compagni, nel cuore della notte, ripartono per terminare l’opera al ponte di Colleluce, ma il camion su cui viaggiano resta a secco di nafta a poche centinaia di metri dal centro. Proseguono a piedi, intenzionati a fermare il primo automezzo per chiedere carburante. Il primo automezzo, purtroppo, è un camion tedesco. Una colonna di camion tedeschi in transito per la città, intercettata al piazzale della Stazione. Tra i partigiani di Serrapetrona ci sono due tedeschi passati tra le fila dei patrioti dopo la loro cattura; uno di questi, che chiamano Albert, si finge ancora un soldato SS e va a chiedere una tanica di nafta ai tedeschi, mentre gli italiani si nascondono tra le case del piazzale.

Succede però l’inatteso. Un’imboscata. Da ogni direzione esplodono spari contro i tedeschi: altri partigiani, ignoti a tutti, hanno scelto proprio il piazzale della Stazione per attaccare i tedeschi in transito. Albert muore colpito da un proiettile. Durante questo assalto, i nostri cercano di fuggire scavalcando una recinzione di un paio di metri ai margini dello spazio in cui si erano nascosti. Ci riescono quasi tutti, tranne due tolentinati (Francesco Saverio Bezzi – un nobile al servizio della causa partigiana, zio dell’attore e regista tolentinate Francesco Saverio Marconi; la coincidenza dei nomi ovviamente non è una coincidenza – e Vinicio Damiani) e un soldato sudafricano ex prigioniero di guerra di nome Archibald Reice Campbell. Catturati dai tedeschi, i tre vengono fucilati sul posto.

Il mattino dopo i cadaveri sono ancora sul piazzale. Il fotografo settempedano Remo Scuriatti immortala le salme, e sui loro volti compaiono evidenti segni di tortura. Una storia che presenta, a 75 anni esatti di distanza, dei lati ancora oscuri. Una storia a tratti scomoda, per certi versi, quasi inverosimile nel suo essere così cinematografica, per altri, ma che comunque si dava ormai per notoria e agli atti a prendere polvere.

E invece no. Anne Copley, avvocato londinese studiosa di prigionieri di guerra in Italia durante il secondo conflitto mondiale, qualche mese fa si imbatte in un nome di un ex prigioniero di guerra transitato per Sanseverino Marche. Approfondisce l’indagine, chiede informazioni in internet e trova la pubblicazione di Raoul Paciaroni del 2014, “Una lunga scia di sangue”, in cui questi eventi erano già in parte stati narrati.

La Copley capisce un po’ l’italiano, legge i capitoli che riguardano il suo caso e contatta lo storico settempedano. Ha in mano materiale inedito, importantissimo, appena desecretato dagli archivi storici nazionali del Regno Unito. Non è uno scherzo, invia il dossier; in alcune pagine c’è ancora il timbro TOP SECRET. La fattispecie è quella dei crimini di guerra. Il suo caso si chiama Archibald Reice Campbell, ex prigioniero di guerra finito nel 1943 tra i partigiani di Serrapetrona guidati dal capitano Antonio Claudi e trucidato dai tedeschi nel piazzale della Stazione di Sanseverino, una notte di giugno 1944.

Quella notte era il 12 giugno e questa è la sua storia.

Il libro, “Una notte di guerra. I tragici eventi del 12 giugno 1944 a Sanseverino” di Raoul Paciaroni e Lorenzo Paciaroni, pubblicato a settembre 2019 dall’UTEAM, è disponibile presso l’Università della Terza Età dell’Alto Maceratese, via Salimbeni 6, San Severino Marche – telfax +39 0733 634235 – www.uteam3.it – uteam3mc@gmail.com e nelle principali cartolibrerie di Sanseverino.

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