Di Silvano Liberati

Di Silvano Liberati

A qualche giorno dalla morte del Professore di Musica Emidio Liberati, da sempre e da tutti chiamato Silvano, non appaiono sconvenienti alcune precisazioni.

Non era assolutamente “non vedente”. Ma solo cieco.

Vedeva benissimo, distintamente. Le immagini, specie quelle dei ricordi, erano trasmesse al cervello per il tramite della parola.

Ad esempio, quelli che il lunedì lo andavano a trovare dove risiedeva e che l’avevano ben capito, mentre lo facevano passeggiare nei corridoi della residenza, gli chiedevano :

“Silvano, rammenti Gaspare e Melchiorre…? Silvano, ti ricordi quella volta che Baldassarre…?“ .

“Gaspare, Melchiorre… e come no! E come no!” rispondeva lui ed era evidente come ben li vedesse, parlandone.

Però, col tempo, il progredire di ulteriori patologie avverse che lo avevano colpito non gli permise più esternazioni definite ancorché, purtroppo, il deambulare. Anzi, tendeva a minare così fortemente le immagini cerebrali che, lui, correndo ai ripari, già ampliava, estremizzandolo, un altro tramite: quello musicale.

Cominciò ad usare il suono della parola, pur sempre meno articolato, modulandolo su tematiche armoniche. Lo si sentiva vocalizzare continuativamente e qualcuno, ad esempio quelli del lunedì, lo trascinava con facilità nella melodica di un Paoli o di un Foster o di Conte.

E che lui vedesse un film piacevolissimo, nessun dubbio. Nessuno.

Certo, non meraviglierebbe se la complessità dei concorsi avversi su Silvano Liberati venisse classificata nei testi medici col nome specifico di “Sfiga”: quando la Sfiga superò un certo livello, anche il tramite vocalizzazione-melodia venne meno ma non certo l’ulteriore contrapposizione del Professore di Musica alla malattia.

Trasferì il tramite visivo, nella ritmica sonora. Battendo instancabilmente, metronomicamente, quello aperto della destra sul palmo della sinistra o sulle ginocchia, così permettendo a terzi, ad esempio quelli del lunedì, di cantare per lui, sostanzialmente con lui.

Tempo dopo, superati tutti i livelli, quando la Sfiga arrivò a bloccare ogni reattività di Silvano Liberati, è sopravvenuta anche la morte: due giorni prima, che non era lunedì, quelli del lunedi’ l’avevano salutato:

“Ciao Silvano“ gli avevano detto carezzandogli una spalla “Siamo qui, Tizio, Caio, Sempronio…” e giurerebbero di aver notato un leggero tremito ai lati della bocca del Professore.

Resta il fatto che uno di loro abbia poi detto agli altri che il Liberati ora avrebbe dovuto aspettare, si, qualche tempo (per lui infinitesimo, peraltro) ma, poi, avrebbe diretto ancora, senza meno, grandi cantate. Stellari.

Franco De Anna

San Benedetto del Tronto, 2019-11-08

 

Silvano non suona più

 

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