John Darnielle “Master of Reality”

John Darnielle “Master of Reality”

“Mia sorella lo sa che se avessi le cassette starei meglio. Quando ascolto la musica riesco a capire benissimo le cose, altrimenti mi distraggo troppo. Se volete che mi concentri dovreste lasciarmelo fare nel miglior modo che conosco! Dovreste almeno ridarmi Master of Reality dei Black Sabbath. E’ la mia preferita.”

 

 

A scrivere è il giovane Roger, ospite di un istituto psichiatrico nel quale impongono di tenere un diario e nel quale vige la nefasta regola di sequestrare beni preziosi, come per esempio, un walkman con le cassette. Siamo nel 1985, non è difficile capire che per un ragazzo problematico e appassionato di musica, il walkman possa essere il migliore degli amici. In particolare, Roger rivuole indietro la cassetta di Master of Reality, il terzo album dei Black Sabbath, quello della maturità, della conferma dopo il successo di Paranoid, quello con una copertina senza immagini, ma soltanto con una scritta ondeggiane che può indurre chi guarda a porsi la domanda “Cos’è la realtà?”, una domanda che non sempre è conveniente porsi, soprattutto se si è un adolescente alle prese con la difficile ricerca del proprio posto nel mondo (“Vorrei che conducessero un sondaggio nazionale per scoprire chi si sente fuori posto nel mondo. Solo per farsi un’idea delle proporzioni. Per capire indicativamente quanti siamo. A volte al lavoro ho la sensazione che deve essere tipo il 100%”). I Black Sabbath sono la band preferita di Roger perché sono musicisti autentici, non dei saputelli che stanno tutto il tempo a sfoggiare la propria bravura; sono dei disagiati come chi li ascolta, capaci però di tirare fuori dal niente un singolo riff di chitarra che “ti precipita addosso come una valanga”. Children of the Grave, Lord of This World, Into the Void non sono semplici canzoni ma universi (solo apparentemente) malvagi nei quali trovare riparo, cura, pace.

Nella seconda metà del libro ci spostiamo nel 1995, Roger è un giovane adulto con un lavoro e una normalità riconquistata a fatica, ma ha ancora tanta rabbia che lo porta a ricominciare a scrivere il diario iniziato dieci anni prima. Si rivolge ancora a Gary, lo psicologo che lo aveva in terapia e che non l’ha capito e forse non ha nemmeno provato a farlo. Prova ancora a spiegargli quanto Ozzy Osbourne e Tommy Iommi, rispettivamente voce e chitarra dei Sabbath, possano essere un valido antidoto alla crudeltà e alla stupidità dei grandi. Sa che le sue parole rimarranno inascoltate ma procede per pura necessità, perché scrivere di ciò che ama lo aiuta a ricomporre il cristallo frantumato nella sua mente.

Un po’ saggio musicale, un po’ romanzo di formazione, il libro di John Darnielle, cantante dei Mountain Goats ma anche affermato scrittore (con Il lupo nel furgone bianco è stato finalista al National Book Award) racconta il potere salvifico della musica. Ogni lettore può sostituire a Master of Reality il proprio album del cuore e il senso del libro acquisterà improvvisamente una valenza universale e inattaccabile. Evviva la musica scagliata contro l’incomunicabilità tra generazioni, evviva l’adolescenza e i suoi traumi, evviva l’heavy metal e le sue contraddizioni: le pagine di Darnielle non fanno che dire questo. Evviva la libertà di un paio di cuffie e il volume più alto possibile.

 

 

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