Film da ri(vedere) in quarantena: “Breathless”

Film da ri(vedere) in quarantena: “Breathless”

Un esordio devastante. Yang Ik-june – un nome già come attore del nuovo cinema coreano – qui scrive, produce, recita e dirige. Come fosse un veterano non sbaglia un colpo. E di colpi ne dà tanti, assestandoli per bene, con la giusta cattiveria, con una dose enorme di violenza.
In un tempo e in uno spazio nei quali casa e famiglia sono stigmate e i dolori si lasciano taciuti a scavare il proprio profondo, Sang-hoon è un picchiaduro al servizio di un amico strozzino, Yeon-hee una liceale orfana di madre costretta a subire violenze fisiche e psicologiche dal padre e dal fratello. I due diventano stranamente amici, tra picchi d’orgoglio e il disperato bisogno di gettare la maschera. Il non detto per i personaggi di Ik-june supera di gran lunga il dichiarato, i propri bisogni vitali relegati sullo sfondo a forza di botte. E’ spietato Ik-june nel mostrare come la violenza, una volta messa in moto, non sia in grado di fermarsi prima di aver concluso il suo circolo generazionale. Nondimeno riesce a far sorridere. I dialoghi sboccati settano il tono della pellicola verso lo spassoso, laddove il peso generale della storia è nero come la colpa, bordeaux come il sangue mosto. E’ un alleggerimento non da poco, i 130 minuti scorrono via in un attimo e si arriva al finale (prevedibile?) in cui Sang-hoon muore e il suo posto viene idealmente preso dal suo assassino, il fratello di Yeon-hee, senza essersi accorti che la lancetta dell’orologio abbia fatto per più di due volte il giro. E alla fine Ik-june riesce nel difficile obiettivo di congelare la violenza, nella felicità del dopo. La sensazione però è che le intimidazioni e i pestaggi per queste vite non finiranno e che il sangue mosto non dormirà per molto.

 

 

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