MACERATA – La neonata etichetta Repubblicani Radicali è l’esternazione politica del Minimo Teatro finalizzata alla soluzione di grandi questioni: attualmente studia la chiusura delle carceri. Sono immaginabili le domande, le reticenze, i rifiuti, le riflessioni, i tentativi di pratiche che un tema così impegnativo può suscitare. Comunque, con coraggio e con la forza della ricerca teatrale applicata con la classe di Ingegneria Umanistica del Minimo Teatro, tale studio è iniziato nella terza sessione 2020 del progetto La Lettura – il futuro edificabile (Minimo Teatro in collaborazione con il Comune di Macerata).
Come documento del penultimo appuntamento della sessione di studio è stato redatto il seguente documento approssimativo da trattare e da operare successivamente secondo i criteri dell’Ingegneria Umanistica.
https://www.facebook.com/maurizio.boldrini.58/videos/4124848810865190
– “La pena intesa come sofferenza non è un efficace deterrente ai delitti. Anzi se consideriamo le recidive di chi ha subito pene, dovremmo affermare che se mai la pena porta ad altra pena. A che serve allora la pena? Facciamo il caso estremo di una mamma o di un padre al quali sia stato ucciso un figlio. Questo non è un danno, poiché il danno è risarcibile, questo caso è l’irreparabile, infatti niente e nessuno potrà restituire la vita del figlio. Allora, magari il giudice condanna l’assassino a un risarcimento in denaro, valuta come pezza per un valore, la vita, che non ha prezzo. In più il giudice condanna l’assassino ad una lunga pena detentiva, la durata della pena pare sia la maggiore efficacia nell’inefficacia dello strumento. Chi si giova di questa pena inflitta? Il carcerato? In rarissimi casi sì. I genitori che hanno perduto il figlio? A pena se ne giovano, nel senso che sapendo che chi ha procurato la morte del figlio ora, e per lungo periodo pena e penerà. Magra, magrissima consolazione che per taluni alberga nella bettola della pseudo soddisfazione della vendetta, per altri nelle lussuose stanze del senso di giustizia. La pena detentiva però è uno strumento rudimentale di difesa, fino a quando il carcerato è dietro le sbarre, chi sta fuori è preservato da altri eventuali delitti che quel carcerato potrebbe commettere se stesse fuori, non considerando che il carcere è anche, come si dice, una palestra per compiere delitti quando si è dentro e quando si uscirà. A seguito di queste considerazioni ci appare che la cosa fondamentale per una collettività sia non l’infliggere pene a chi a procurato pene ma difendersi dai criminali e, se possibile, provare a fare in nodo che questi non nuocciano ulteriormente a se stessi e agli altri.” A seguito di trattamento e versamento testuale, la scrittura che resta è la seguente: “se una persona commette l’irreparabile, un giudice condanna la persona che è il reato a un risarcimento in denaro – valuta come pezza per un valore – e aggiunge la pena del carcere – consolazione che alberga nelle bettole della vendetta o nelle stanze del senso di giustizia. Testimonianza dell’inefficacia della difesa, la persona è alle sbarre, chi è fuori si pensa preservato, chi è dentro è preservato da chi è fuori e esposto a chi è dentro. Il carcere, contenitore di corpi, è palestra di delitto. La questione è difendersi. Strumento: la conoscenza. Luogo: l’orto (segue disegno): per provare a passare dal controllo dei corpi alla conoscenza dei corpi. La scrittura ci porta dal carcere, dalla pena all’orto. Si aprono altri interrogativi, tra i quali: come superare la questione atavica del controllo dei corpi? E come difendere e difendersi?
A seguire, la classe dell’Università del Tempo Libero “Thomas Santarelli” di Montegranaro ha continuato lo studio della classe di Ingegneria Umanistica specificando materialmente il luogo alternativo: l’orto, e il principale gestore, l’ortomastro, che con coraggio innesta vita per professione ed ha il compito di avviare l’ex carcerato nella sua pratica di coltura/cultura. La prossima fase di studio si concentrerà sulla “regola” nell’orto, una risposta in tal senso è già possibile: non si tratta di controllare i corpi ma di rischiare con cura il corpo per la salute del proprio e l’altrui corpo, “essere speranza”, come diceva e faceva Marco Pannella e prima di lui altri sconosciuti o noti poeti dell’anima. Jalaluddin Rumi (XIII secolo): “Ben oltre le idee di giusto e sbagliato c’è un campo. Ti aspetterò laggiù”. E ancora, Altiero Spinelli, uno dei padri dell’unione europea, incarcerato durante il fascismo, scrisse una volta a Calamandrei: ”Più penso al problema del carcere e più penso che non c’è che una riforma da effettuare: l’abolizione del carcere penale”.
Prossimamente i Repubblicani Radicali organizzeranno conferenze per presentare e dettagliare i risultati e le prospettive dello studio operativo, intanto si può sostenere e partecipare alla ricerca iscrivendosi e frequentando. Chi intendesse tesserarsi e partecipare può scrivere a repubblicaniradicali@yahoo.it o telefonare al 347 1054651.