2020 con un calo medio di fatturato del 30%, perdita che nelle proiezioni potrebbe arrivare al 50% nel 2021.
Fondamentale per la Cna sostenere e ripristinare la filiera di eccellenza dei piccoli laboratori artigiani e ridare speranza a giovani con le scuole di formazione del settore moda (Ipsia in primis) nuovamente in grado di forgiare stilisti e operatori del fashion al passo con i tempi e con le esigenze delle aziende
Il settore moda sta pagando pesantemente gli effetti della crisi pandemica che ha travolto il 2020 e della quale ancora non si vede la conclusione. Le ultime stime, elaborate dal Centro Studi della Cna Nazionale, prospettano, nel nostro Paese e nel Piceno, una riduzione per il 2020 di oltre il 30% del fatturato complessivo del settore moda: almeno 30 miliardi persi, con picchi aziendali che arrivano anche a superare il 50%.
La recente indagine sulle aspettative per il 2021 oltre il 35% degli imprenditori dichiara di essere a rischio chiusura nell’anno in corso, mentre il 42% ha ridimensionato la propria attività e non prevede di tornare ai livelli pre-crisi nel 2021. L’85% delle imprese del settore chiede al Governo aiuti economici e il 31% investimenti in Scuola, Università, ricerca e sviluppo e altre misure necessarie al sostegno al reddito dei lavoratori e agli investimento in politiche sociali. “Il 2020 è stato un anno in cui solo qualche impresa è riuscita a evadere gli ordini di fine anno precedente e trarne ancora qualche beneficio – spiega Doriana Marini, vice presidente nazionale e presidente regionale di Cna Federmoda – ma per il 2021 possiamo parlare di un vero e proprio anno cancellato. Consideriamo che per la stagione autunno/inverno 2020/2021 la campagna vendite sì è conclusa a fine febbraio, quando solitamente arriva a metà aprile, e che i negozi sono stati chiusi gran parte dell’anno. Al momento si può quindi solo lavorare e sperare che quello che si farà nel 2021 torni a essere normalità nelle prime collezioni del 2022”.
Le imprese produttrici – rileva sempre la Cna – hanno avviato la campagna commerciale 2021 verso distributori in grande difficoltà economica a causa delle mancate vendite del 2020 e spesso non in condizione di pagare la merce consegnata dalla produzione, che si è conclusa con cali dal 30% al 50%.
L’anno nuovo – prevede Cna – inizia quindi con scarsi ordini da portare in produzione e con una campagna vendite A/I 2021/2022 posticipata di un mese e mezzo, che compromette le prossime produzioni 2021. Lo spostamento o cancellazione degli eventi fieristici in Italia ed all’estero e delle presentazioni delle collezioni fanno pensare a una forte ripercussione sulle produzioni che dovrebbero essere realizzate tra giugno e ottobre 2021 con stime di ulteriori perdite dal 30% al 50%.
“Una risposta del Piceno a questa gravissima crisi – aggiunge Massimo Mancini – portavoce Cna per il settore sartoria – deve essere, oltre al sostegno alle imprese, anche uno sforzo non ancora portato a compimento, sulla formazione. Le imprese, malgrado le difficoltà, hanno bisogno di professionalità da inserire nelle aziende. Per questo il baluardo che ci può fare sperare resta l’istruzione del settore moda dell’Ipsia. Settore che nel Piceno ha prodotto eccellenze e che non può disperdersi per carenze di strutture e di innovazione negli strumenti della didattica e dei laboratori”.
“C’è forte difficoltà per le sartorie nel reperire anche la materia prima, dai tessuti agli accessori, a causa delle chiusure dovute al lockdown – precisa Irene Cicchiello, responsabile Federmoda per la Cna di Ascoli Piceno – e a seguito di questo il materiale disponibile ha costi elevati e poca scelta. Tutto ciò ci porta a prestare grandissima attenzione nel ripristinare quella filiera di piccole produzioni artigiane di eccellenza che per ora vivono in una sorta di stato ibernato e che devono essere accompagnate e sostenute nella ripartenza”.
“In questo contesto stiamo assistendo a un inesorabile processo di estinzione – conclude Arianna Trillini, vice presidente vicario della Cna di Ascoli Piceno – e comparando i costi di manodopera con paesi vicini in cui il lavoro delle persone ‘vale’ un decimo, non è possibile remunerare adeguatamente le competenze e le abilità dei nostri artigiani. La perdita di queste abilità è uno dei fattori che limitano lo sviluppo della manifattura, non solo nel nostro territorio. Il sostegno al sistema tessile deve prevedere un piano organico che parta dalla formazione tecnica specialistica dei nostri giovani, a politiche del lavoro per settore in base ai contenuti di manodopera dei processi, agli incentivi per le aziende che puntano sull’innovazione sostenibile. Solo una politica economica organica e stabile nel medio-lungo periodo, può dare la possibilità ai nostri piccoli imprenditori di ritrovare le energie necessarie per riorganizzare le proprie aziende e ripartire, imprenditori a cui non mancano grinta e capacità, ma solo la fiducia, spesso minata da troppa incertezza. In questa direzione si sta muovendo la nostra associazione, con coerenza e visione strategica, puntando alla qualificazione delle scuole tecniche, allo snellimento delle procedure, fornendo servizi alle imprese, partecipando attivamente ai tavoli per la concertazione delle politiche sul lavoro e per gli incentivi alle imprese”.