Milleseicento Anni (e qualche ricordo nebuloso)

Milleseicento Anni (e qualche ricordo nebuloso)

Non sono pochi, ammesso che siano. Ormai ci crediamo tutti che sia sorta nel 421 e, per di più, il 25 marzo come oggi. Che poi, come afferma Marin (Sanudo, ovviamente), il 25 marzo coincida con, nell’ordine, la Creazione di Adamo, l’Annunciazione dell’angelo a Maria, il Concepimento di Gesù e la Crocefissione di Cristo sul Calvario non puo’ che avvalorare il peso storico, mitologico e mistico di Venezia.
Comeaccennavo giorni fa (Mitologica Venexia), a Venezia ci sono nato settantacinque anni fa, nel Sestriere di Dorsoduro, in Calle Foscari e là vicino mi hanno battezzato chiamandomi in terzo nome Carmelo anche perché la chiesa era quella di Santa Maria del Carmelo che a Venezia si dice “ i Carmini “.
Calle Foscari, andando verso Rialto, diventa Calle Larga Foscari : le due calli sono divise da Rio di Cà Foscari e unite da un ponte limitrofo alla Stazione dei Pompieri con le lance rosse ormeggiate sotto gli archi del palazzo di fronte l’Università: appena in grado di camminare, con mio padre facevo la passeggiatina di una quarantina di metri, dalla porta di casa fino al ponte, per vedere l’uscita delle lance a sirena spiegata. Dalla base del ponte, poi – avro’ avuto tre-quattr’anni – mio padre un’estate mi calo’ in laguna per insegnarmi a nuotare: sotto stazionava mio zio, suo fratello e, col sole, l’acqua era verde smeraldo, limpida e pulita…indimenticabile.
Questo mio zio abitava non distante, nel Sestriere di San Polo, in un edificio attaccato alla Scuola Grande di San Rocco, proprio quella della Confraternita dei Battuti che deteneva la reliquia del Santo fin dalla fine del Quattrocento: erano senza figli mio zio e sua moglie e si divertivano a farmi divertire con il sistema didascalico furbissimo delle visite storico-artistiche in città (le opportunità certo non mancavano!). Una delle prime che mi fecero fare, ad esempio, fu di andare ad ammirare l’Assunta del Vecellio nella chiesa dei Frari, a trenta metri dalla loro casa; ma, ecco il divertimento: là dentro, oltre al Tiziano, c’era anche il mastodontico monumento al Doge Pesaro scolpito dal Longhena…con un “errore”, disse mio zio sorridendo sotto i baffi (li aveva veramente), i quattro mori che sorreggono la possente architrave del complesso hanno cuscini sulle spalle ma i cuscini…non appaiono schiacciati!
Tanto per rammentare ancora, sempre nel Sestriere di San Polo, a soli trecento metri dalla casa di questi zii, c’era l’abitazione di un’altra zia, sorella dello zio succitato e di mio padre, che aveva sposato un medico. La casa era a San Tomà, in Calle del Scaleter: sei-settecentesca, stupenda! Con l’ingresso ad arco gotico sul ponte che dà anche in Ca’ Centani dove nacque Goldoni, con un “campiello” interno pavimentato in cotto a spinapesce e dotato di scala lavorata in pietra d’Istria (con leoncino e pigne) e il pozzetto, con il rimessaggio della barca sul Rio San Tomà. Lo zio medico possedeva un “caicio” a motore per le visite…  e anche per portare in giro me la domenica. Bene, mentre la prima coppia di zii mi ‘deliziava’ con la storia dell’arte, la seconda mi ‘spronava’ precocemente agli studi di medicina: ma avevo solo cinque o sei anni e, alla domanda di cosa volessi far da grande, pare rispondessi – me lo hanno ricordato loro stessi a lungo – “il gondoliere” perché mi piaceva da morire attraversare in gondola il Canal dal pontile di San Tomà. Per la verità, siccome mi accompagnavano spesso anche da Toni, un restauratore di mobilio settecentesco che aveva bottega là vicino, mi esprimevo a favore anche di quell’attività. Avevo già le idee chiare. (Come tutti i veneziani, lo zio medico non sapeva ben guidare le vetture a ruote: ci lascio’ la pelle, in terraferma, mentre guidava la sua).
Ho portato a Venezia, appena mi è stato possibile, tutti e tre i miei nipoti che avevano ancora pochi anni (adesso ne hanno 21, 18 e 12) riempiendogli gli occhi e la testa di immagini, nomi, fatti storici.  Avrebbero voluto ma, educati come sono, non mi hanno mai chiesto pietà: i primi due sono nati e abitano a Bruxelles e mi hanno fatto notare come la Grand Place abbia palazzi più belli della Scuola Grande di San Rocco, si sono spaventati molto per il rollio della gondola a San Tomà ma tutti e tre, buon Dio, sono rimasti colpiti dai colombi di Piazza San Marco che gli beccavano in mano.
Ora che sono il più vecchio dell’intero ramo familiare e in famiglia nessuno più abita e possiede case a Venezia (anni fa ho venduta una casa, sempre in “Sestrier de Dorsoduro” alla Calle Pometti, proprio a fronte dell’Antica Locanda Montin celebrata nel film del 1970 Anonimo Veneziano (con  la Bolkan, Musante e le musiche di Cipriani…), adesso che sono il più vecchio e mi sono trasferito qui nella Marca, nello Stato della Chiesa, adesso dicevo… Ma non ricordo più cosa volessi scrivere (FdA)

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