Le Marche, nel 2021, hanno speso per la sanità pubblica 3,1 miliardi di euro, equivalenti a 2.091 euro annui per abitante, cifra inferiore al valore medio del Paese (2.144 euro annui). Nella regione, la partecipazione delle famiglie alla spesa sanitaria totale è del 23,7%. E’ il quadro che emerge dai dati Istat del 2021. Soprattutto dopo la pandemia da Covid-19, emerge sempre più il problema della rinuncia alle prestazioni sanitarie: nel 2023, il 9,7% della popolazione marchigiana ha dichiarato di aver rinunciato a visite specialistiche o esami diagnostici pur avendone bisogno. La quota è in crescita sia rispetto all’anno precedente che al 2019. “Dalla giunta, finora, solo propaganda, si scivola sempre più verso il privato”, denuncia Loredana Longhin, segretaria regionale Cgil Marche al convegno di oggi “Contro il mercato della salute: per una sanità pubblica e universale”, promosso dalla Cgil Marche, in programma ad Ancona. A proposito, è opportuno notare che, tra i maggiori Paesi europei, l’Italia detiene insieme alla Spagna la minore spesa pro capite per la sanità pubblica: in base ai dati Ocse, infatti, la differenza con la Germania è oltre 3 mila dollari annui in meno per abitante, mentre con la Francia il divario si attesta a -2 mila dollari.
IL CASO MARCHE – L’alternativa alla rinuncia, in una buona parte dei casi, è lo spostamento. A riguardo l’Agenas riscontra che la spesa effettuata dalla Regione Marche per i propri residenti che vanno a curarsi in strutture sanitarie di altre regioni è più alta rispetto ai ricavi per le cure offerte dalle proprie strutture ai residenti di altre regioni. Nel 2022, per i ricoveri, il saldo è di circa -27 milioni di euro (peggioramento del 34% rispetto al 2019) mentre per le prestazioni ambulatoriali (prestazioni di diagnostica, terapeutiche e di laboratorio) il valore si attesta a -13,9 milioni di euro.
I dati sulla mobilità trovano parziale riscontro anche in un indicatore come quello dei tempi di attesa, costantemente monitorato dalla stessa Agenas. Nel dettaglio, osservando il rispetto dei tempi di attesa per interventi di classe A in area oncologica, emerge che nel 2022 nelle strutture marchigiane solo il 62,7% dei pazienti ha effettuato l’intervento entro 30 giorni dalla prenotazione, contro il 73,8% a livello nazionale. La differenza tra strutture pubbliche e private accreditate è significativa: nelle prime il rispetto del tempo viene garantito al 61,1% dei pazienti, mentre in quelle private accreditate la percentuale di pazienti che effettua l’intervento entro 30 giorni dalla prenotazione si attesta all’89,4%.
Tutti indicatori che invitano a porsi interrogativi sulla reale universalità del diritto alla salute.
L’ANALISI – “La situazione della sanità marchigiana è preoccupante – fa presente Longhin – ; le riforme della Giunta non hanno prodotto risultati positivi, a partire dall’organizzazione sanitaria e dal piano socio sanitario regionale”. E ancora: “Quelle che vengono sbandierate dalla Giunta come eccellenze socio sanitarie sono solo propaganda per non parlare dei problemi veri che i cittadini vivono tutti i giorni a partire dalle liste d’attesa, dall’affollamento dei pronto soccorso, ai medici gettonisti delle cooperative, alle retribuzioni degli operatori sanitari, alle rette nelle case di riposo”. Ormai, conclude, “anche nelle Marche assistiamo ad uno scivolamento verso il sistema privato, dove prevale la logica della prestazione e non la presa in carico della persona. L’unica idea di salute possibile è quella pubblica e universale capace di rimettere al centro la persona con tutti i suoi bisogni”.