Il periodo a cavallo tra l’estate e l’autunno invoglia tutti a fare conserve: insieme alle ultime disponibilità di ortaggi e frutti estivi, si affacciano i primi ingredienti utili per chi ama fare queste lavorazioni casalinghe. Ma che differenza c’è tra marmellate, confetture e composte?
Sui social impazzano video di ogni genere, dove, tra suggerimenti corretti e notizie infondate, si susseguono carrellate di preparazioni di vario genere, dove quello che manca davvero è un po’ di chiarezza. Cominciamo dicendo che le marmellate sono solo di agrumi, pertanto questo termine si può usare solo ed esclusivamente se state trattando arance, limoni, mandarini, pompelmi, cedri, bergamotti. Seguendo la stagionalità dei prodotti italiani, le marmellate possono essere fatte solo in determinati mesi, in particolare le arance si trovano dal mese di novembre, insieme ai mandarini. Qui no alle ”marmellate” di susine, di fragole, di pesche, di more… in questo caso parliamo di confetture. Ma vediamo nel dettaglio quali sono le differenze secondo la direttiva UE 2001/113/CE.
Le confetture hanno più frutta, con una percentuale minima del 35%, le confetture extra hanno almeno il 45% di frutta: le marmellate, quindi, contengono più zucchero. Bisogna considerare la materia prima di partenza: se gli agrumi sono potenzialmente più aspri, gli altri tipi di frutta tendono a concentrare gli zuccheri man mano che vanno avanti nel processo di maturazione. Pertanto nel bilanciamento totale del sapore, si prevede, per legge, che le confetture contengano meno zuccheri: queste sono le indicazioni generali, ma nello specifico bisogna sempre considerare il prodotto. Va anche detto che la presenza di zucchero garantisce una buona shelf life del prodotto, pertanto se questa componente non è naturalmente presente in quantità elevata nel frutto di partenza, occorre procedere con una lavorazione che garantisca il giusto bilanciamento per assicurare la conservabilità. Sfruttiamo il potere igroscopico dello zucchero che porta l’aW ad un valore piuttosto basso: il parametro dell’aW (activity water) ci permette di rilevare la presenza di acqua libera e acqua legata nella matrice alimentare, condizione in base alla quale si stabilisce la conservabilità del prodotto. La quantità di acqua libera nella matrice alimentare favorisce le reazioni chimiche e la crescita microbica: se abbiamo un basso valore di aW, significa che abbiamo più acqua legata e quindi una maggiore stabilità, con un ridotto rischio ridotto di deterioramento e degradazione. Nelle marmellate troviamo un minimo del 20% di frutta e, molto spesso, la scorza è inclusa nella preparazione a patto che il frutto sia biologico. Hanno un gusto molto intenso che risulta anche amarognolo per la presenza di oli essenziali. Chiaramente nelle lavorazioni artigianali possiamo variare nelle percentuali, arrivando anche a un 60 % di frutta per le confetture. Teniamo però presente che se abbiamo un minimo di 65% di frutta allora si parla di composta, una lavorazione che può anche arrivare ad un 100% di frutta senza aggiungere zuccheri: un prodotto finito che valorizza solo il sapore e gli zuccheri semplici presenti nella matrice alimentare. Se con i prodotti dolci possiamo scongiurare il rischio botulino con un adeguato quantitativo di zucchero (1:1), oppure acidificando con del succo di limone, nelle conserve salate dobbiamo necessariamente arrivare ad un pH inferiore a 4,6 per essere sicuri.




































