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Riforma dell’Università, più dubbi che certezze

di | in: Primo Piano


Ieri è stato presentato il disegno di legge sulla riforma dell’università dal Ministro Gelmini in Consiglio dei Ministri. Il testo modifica in molti ambiti l’attuale prospettiva universitaria. Le novità più salienti sono sicuramente : il reclutamento per i professori basato su un concorso nazionale, e solo dopo il superamento di esso l’accesso ai bandi locali; non più contratti a tempo indeterminato per i ricercatori ma solo contratti 3+3 alla fine dei quali, i più meritevoli, potranno essere assunti come associati; il rettore sarà incaricato per un massimo di due mandati e separazione di Consiglio di Amministrazione e Senato Accademico; e per finire istituzione di un fondo per il merito a cui potranno accedere gli studenti brillanti.


Questa riforma vuole fornire una risposta alla necessità di una modifica radicale del sistema universitario italiano, date le ultime statistiche internazionali che lo vedono agli ultimi posti nel mondo, qualitativamente parlando.


Ma dagli atenei si sono subito levate voci di dissenso. Una, quella dell’UDU, l’unione degli Universitari, ha ribadito come le riforme si intraprendano senza tener conto dei diretti interessati e cioè degli studenti. A parer loro e di molti altri, il colpo di grazia, vero o presunto che sia, lo riceveranno proprio i ricercatori: perché un simile progetto è idoneo e funzionale in un paese in cui sia fiorente la ricerca e si intenda investire in essa. In Italia, attualmente, l’unico obiettivo perseguito dal Governo, è quello di risparmiare il più possibile. Quindi in un clima del genere, quanti ricercatori a tempo determinato realmente potranno diventare professori associati? E se tale valutazione di meritevolezza spetta ai commissari interni, non si finisce per aumentare i poteri del baronato invece che eroderli? Come garantire un controllo serio sull’attività dei docenti se si pretende di farlo con i giudizi degli studenti, i quali spesso si compiacciono soltanto di trovare la via più facile per affrontare un esame?


E ancora: inserire membri esterni nei Cda non equivale a concepire l’Università come un’azienda, se a loro spetta il compito di controllare bilanci e basarsi su essi per programmare le attività di ricerca? Si rischia appunto di dimenticare che tutto, fuorché il guadagno, è lo scopo della ricerca e dell’istruzione.


L’elenco delle perplessità e dei dubbi è lungo. Su alcuni punti invece sembra evincersi la buona volontà di ridurre gli sperperi, come la riduzione dei corsi e l’accorpamento delle sedi distaccate.


A onor del vero, bisognerà attendere i primi risultati dell’applicazione delle nuove disposizioni per giudicare.


Anche se il buongiorno si vede dal mattino.




29 Ottobre 2009 alle 19:51 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |
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