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BPS Click “Bo.Low Life”

di | in: Recensioni


Etichetta: Autoproduzione

Brani: Lo Life / Mo Basta / Non Fidarti feat Chiodo & Brain (FNO) / Vieni Con Noi / Voodoo Funk feat / Cripto Mc & Dj Lugi / Animal Attraction (Dj Lugi Rmx) / Fuori Per Necessità / Mercurio / Nuove Strade feat Micha Soul (FNO) / Dieci / Big Flus$ Anthem feat Rischio & Royal Mehdi / Niente Da Perdere / Il Momento Giusto / Outro


Sono giorni che mi lavo la testa a suon di Wu-Tang. Il rap deve prenderti, nel senso che devi starci. Nel senso che se alla tua vita vuoi un sottofondo vada bene quel che capita, purchè non disturbi il filo del discorso; se invece vuoi sentirti parte attiva di qualcosa allora alzi il volume e per un attimo svuoti il cestino scegliendo di riempirlo con qualcosa di meno voluminoso e più sensato, purchè mi riempia. Ed il Wu-Tang è voluminoso quanto basta per riempire questi giorni di autunno bastardo

Quelle dei BPS Click sono basi tritate finemente, allineate a strisce sottili come la bamba che ti fai in ufficio e poi come uno scemo ci resti secco. Quattordici pezzi motivati e ben gestiti, stilati su una base solida e tuttavia semplice, volutamente old school: beat scarni, pungenti e poco profondi. Poco distratti, tutto sommato compatti e sensati. Inflessioni funky (“Voodoo Funk”) si alternato a suggestioni dove l’elettronica ha un decoltè modesto, e gli ornamenti stilosi del suono sono dimezzati quanto basta per dirsi fuori da quel circolo vizioso dell’hip hop moderno, dove brillantine e arraggiamenti orchestrali valgono più di una stracazzuta base piccola e pulita ma sincera (ché se una volta era il lessico a fare la sostanza oggi sono le sneakers a darti l’apparenza).

“Bo.Low Life” è un album musicalmente ben organizzato (da “Lo Life” all’ottima “Animal Attraction”); testi che raramente cadono in tematiche banali ed espedienti autocelebrativi, evitando l’accusa comune ad un hip hop eternamente ancorato al suo aspetto più inconsistente (ché la figa ce l’abbiamo negli occhi e il fumo lo vendiamo a tocchi); le tracce scorrono invece con un flow giovane ma compatto, costruito con rispetto nei confronti della tradizione bolognese, che ha sempre detestato i luoghi comuni esigendo la necessità di parole nuove. E che sia chiaro, qui di rivoluzionario non c’è nulla (quanto dovremo aspettare ancora per parlare ad una generazione nuova?), ma per lo meno c’è la netta presa di posizione nei confronti di quella nuova classe del rap italiano che si compiace allo specchio mentre alita sulle sneakers lucidandole con il polso della camicia.

Un album che nel complesso si lascia piacere. Un lavoro giovane ma certamente efficace, e soprattutto gestito con personalità. Buoni i feat presenti (tra cui Fuoco negli Occhi e Royal Mehdi), e una mano in produzione da parte di Dj Lugi, a testimoniare la vena nostalgicamente underground, filo conduttore del lavoro.




26 Novembre 2009 alle 1:29 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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