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“Baciami ancora”: intervista a Gabriele Muccino

di | in: in Vetrina, Interviste

di Pierluigi Lucadei


Dopo la doppia esperienza hollywoodiana con “La ricerca della felicità” e “Sette anime”, Gabriele Muccino torna alla storia che ha fatto decollare la sua carriera, la storia d’amore più famosa del cinema italiano degli ultimi anni, quella tra Giulia e  Carlo, già protagonista de “L’ultimo bacio” e ora ripresa in mano per offrire allo spettatore uno spaccato realistico, desolante ma romantico, dei quarantenni di oggi. Con “Baciami ancora” il regista romano realizza un vero e proprio seguito, a dieci anni di distanza, che non mancherà di suggestionare chi ha amato il primo film. Invariati i protagonisti, con la sola Vittoria Puccini chiamata a sostituire la rinunciataria Giovanna Mezzogiorno. E’ sua la splendida interpretazione di Giulia, misurata e calda allo stesso tempo; accanto a lei un intenso Stefano Accorsi; poi Claudio Santamaria, Pierfrancesco Favino, Sabrina Impacciatore e tutti gli altri, chiamati anche loro, ognuno con la propria storia e la propria voglia di non rassegnarsi a smettere di lottare e di amare, a contribuire alla storia di tutte le storie d’amore, come ama definirla Muccino. Abbiamo rivolto alcune domande al regista.


Come mai la voglia di riprendere i personaggi de “L’ultimo bacio” dieci anni dopo?
Dopo dieci anni ho sentito la necessità di aprire la porta ad una realtà ipotetica che era andata avanti durante questo tempo. Aprendo la porta ho ritrovato i miei personaggi, con le loro vittorie e le loro sconfitte, i drammi quotidiani…


Come sono cambiati i personaggi?
Sono cresciuti. Anzi direi che siamo cresciuti, perché insieme ai personaggi siamo cresciuti anche io e gli attori. Eravamo ragazzi, meno saggi, più istintivi. Siamo diventati uomini, sappiamo riflettere sulle nostre scelte un pochino di più. Dieci anni fa non conoscevamo noi stessi e non volevamo conoscerci, oggi abbiamo una consapevolezza diversa.


E’ sbagliato definirlo un film generazionale?
Non è un film generazionale. Io non faccio film generazionali. I miei film sono storie di uomini e di donne che vogliono riprodurre nel modo più fedele possibile alcune realtà che io vedo intorno a me. Credo sia un film su quanto sia complesso e articolato vivere e quanti danni possiamo causare a noi stessi e a chi ci circonda.


Quanto c’è di autobiografico nel film?
Il film è autobiografico quanto qualunque cosa un artista possa scrivere. Quello che scrivi è stato elaborato dalla tua coscienza e poi si trasferisce nella storia come una parte di te. Nulla di quello che c’è nel film è realmente accaduto a me, anche se, allo stesso tempo, molto di me e della mia vita riecheggia nel film.


I personaggi sembrano sempre un po’ sopra le righe.
Erano così anche dieci anni fa. Possono cambiare, può succedere che qualcuno diventi più saggio, qualcuno più depresso, che chi fuggiva decida di tornare, ma certe dinamiche, quelle profonde alla base dei nostri comportamenti e del nostro rapportarci agli altri, finiscono per cambiare poco. I personaggi hanno molte paure in eredità dal primo film, hanno paura soprattutto della stasi, del restare fermi, per questo si mettono in movimento, per questo Marco Cocci si mette in moto verso qualcosa che non c’è, Stefano Accorsi verso una direzione che porta alla famiglia come isola di pacificazione.


Il tuo pessimismo sui rapporti di coppia sembra sempre dominare su tutto.
La comunicazione tra uomo e donna è ancestralmente difficilissima. Credo che ognuno di noi abbia i propri spettri, derivanti dall’infanzia o non so da dove, e questi spettri ci fanno vedere anche nell’altra persona dei fantasmi che non esistono e che complicano le relazioni tra uomo e donna in modo incredibile. Io ho fatto, nei miei film, un’indagine su queste difficoltà. D’altra parte osservando la realtà che mi circonda vedo situazioni molto complesse, mai facili.


Il regista con il cast di "Baciami ancora"Cosa puoi dire di questo affiatato gruppo di attori?
Che sono fortunato. Ho avuto il lusso e la fortuna di incontrare  questo gruppo di attori molto tempo fa, due di loro addirittura nel 1997 (Claudio Santamaria e Giorgio Pasotti, protagonisti del primo film di Muccino “Ecco fatto”, nda). Nel 2000 misi insieme la squadra al completo. Girammo  “L’ultimo bacio” senza nessuna aspettativa, nessuno ci aspettava al varco, invece quel film ha lanciato le nostre carriere, ci ha lanciato come personaggi pubblici. “L’ultimo bacio” è stato anche un misuratore d’ansia per noi, perché per ogni film che abbiamo fatto dopo siamo stati costretti a misurarci con quel successo.


Tranne Giovanna Mezzogiorno, hanno risposto tutti con entusiasmo alla chiamata?
Sì, tutti hanno risposto subito di sì.


Quanto è stato difficile sostituire Giovanna Mezzogiorno?
Il problema di rimpiazzare Giovanna è stato risolto nel momento stesso in cui ho fatto il provino con Vittoria. Non ho avuto sin da subito il minimo dubbio che potesse sovrapporsi a Giovanna. Poi abbiamo fatto un provino con lei e Stefano insieme ed è stato una conferma. E’ stato qualcosa di miracoloso, anche perché non era facile ereditare quel personaggio.


E sulla questione Martina Stella puoi dirci come sono andate esattamente le cose?
La questione è molto semplice. Avevo scritto un primo copione in cui era previsto un suo cameo all’inizio del film, solo una scena in cui lei incontrava Stefano Accorsi ad una festa, ma poi mi sono reso conto che il copione era troppo lungo e tolsi quella scena. Nel frattempo era arrivata nelle mani di Martina una copia del vecchio copione e lei disse che avrebbe rifiutato la parte perché troppo piccola, ma il problema non esisteva visto che avevo già tolto la scena.


Ti senti un regista diverso dopo le esperienze ad Hollywood?
Io mi sento lo stesso, certo sono più esperto, più bravo a gestire la macchina. Direi che prima vivevo per fare film mentre oggi vivo per la gioia di fare film: sembra la stessa cosa ma c’è una sottile differenza. Poi il cambiamento, se c’è, non è assolutamente misurabile. E’ come se mi chiedessi quanto sono cresciuti i miei capelli negli ultimi dieci giorni. Non lo so. So che sono cresciuti ma non so quanto.




4 Febbraio 2010 alle 19:01 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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