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Aspettando Fahrenheit

di | in: Primo Piano

[ Mantova \ Festivaletteratura 2010   Trasmissione del 12. 9. ‘10   Piazza Concordia ]

 

Aspettando Fahrenheit, può succedere d’assistere alla scena del tizio (sul quintale) che all’una in punto arriva e sulla lavagna scolastica della radio, zac, scrive “War Milk’s”-La grande truffa del latte, contattatemi, Luca Barbieri, poi guarda soddisfatto l’opera, mette le virgolette che mancavano, corregge uno sbaglio, gira, riguadagna la piazza, scioglie la mucca che aveva parcheggiato e se ne va. Tutto vero, tranne la mucca.

Ma nelle nostre due ore e mezza in attesa delle 15, vedi un sacco di cose sotto il gazebone di Radio 3 e Illy caffè. Intanto ti prendi una sfilza di caffè, ottimi e gratis.

 

A saper usare la fotocamera del telefonino, non stavo a scrivere che è bel tempo e che un sole africano quasi squaglia i tavolini tondi e le sedie di plastica giallo-verdine oggetto di desiderio e accaparramento.

Noi acchiappiamo appena in tempo un tavolo e due sedie, prima fila a sinistra, ma la fauna d’appassionati di Fahrenheit, a guardar le facce, è lì da ore. Forse c’ha dormito. La tecnica è che uno prende il posto per gli altri, familiari, amici. Zainetti – berretti – cataloghi – bottiglie d’acqua Pejo o Maniva – bustoni Agip o Radio 3 – tonnellate di Soli 24 ore tutti di domenica 5 – pargoli addormentati: tutto va bene per occupare il posto. Ci si dà il cambio, si fanno i turni. L’altro va a prender da mangiare, quando torna con la busta dei panini ci si azzittisce, temporaneamente placati. Per il caffè non c’è problema, dicevo, overdose di caffeina.

Intanto l’imperturbato tecnico ha preparato il tavolo degli ospiti, fatto i collegamenti attraverso le finestre della tovaglia verde come un prestigiatore, cambiato a occhi chiusi le batterie ai 4 microfoni e richiuso il vissutissimo bauletto d’alluminio: tutto pronto.  Le 14.30, mettono Miles Davis, ci quasi siamo. Il tavolato scricchiola, tutti che chiamano e si accoccolano, siamo in duecento in manco 150 metriquadri, 22 stesi per terra davanti, sarebbe il parterre, ovvio. Come si dice da noi, a buttare “ddu zocch de sale”, nemmeno arrivano a terra. Qualcuno sta pure incastrato tra i 6 cespugli ai bordi del gazebo. D’improvviso partono i telefonini, si avverte a casa, bah, mica è la TV… La temperatura aumenta, ci si sventola con la piantina di Mantova. Le 3 meno 10.

Eccoli: Marino Sinibaldi, con addosso tutti i toni dell’azzurro; Michele De Mieri serissimo come Leopardi, e Susanna Tartaro coi foglietti e gli schemi e l’inconfondibile  chioma tiziano.

Il tavolo (4 tavolini affiancati) s’è riempito di roba, chissà chi ce l’ha messa, libri, appunti, attrezzature, cuffie… Ovvio, s’applaude, perché puntuali balenano Margherita Hack, Patrizio Roversi ed Emilio Rigatti.

Potrebbero esser venuti in bici, giacchè è il tema. Sì, anche la Hack, sulla sua bici col sellino da corsa a punta (!) che alla lunga è più comodo, dice, “anche se le chiappe pendono di qua e di là”. Rigatti, che dalle parti di Udine fa l’insegnante e anche d’inverno va a scuola in bicicletta, parlerà del libro “Se la scuola avesse le ruote”(così verrebbe lei da lui…). Roversi ricorderà con affetto la sua lussuosa “Dei”, che gliela fregarono.

Gustoso teatrino, questi tre. Specie la Hack, monella di 88 anni che oggi non parla d’astronomia ma  ricorda la sua prima bici (una sottomarca della Bianchi!), la salita per arrivare al “Galileo”(me la bevevo, la salita…), le discese di Firenze, lei teneva per Binda (Guerra invece era proprio di Mantova)…e poi le ferie che si passavano, allora, ai giardini pubblici, mica in viaggi esotici, e il mistero del perché “non si dimentica mai l’andare in bicicletta, bah”. Proprio una signora che deve aver pedalato tanto. Ma Roversi e Rigatti non stanno a guardare, e mentre il “pazzo” Rigatti racconta del recente bici-viaggio da solo (senza Altan e Rumiz) “sulla via di Damasco senza arrivarci”, dopo aver raggiunto Istanbul in barca-stop, rivelando una particolare tranquillità (in Turchia non rubano biciclette!), il mantovano Roversi si butta in un elogio della pianura: a Mantova “l’esotico è la salita”, non ce n’è una, se vuoi salire devi andare sul cavalcavia. Ha l’aria del professore: potrebbe insegnare pedalogia.

Stop, è ora d’andar via, l’ultimo evento di Festivaletteratura è prenotato,  ci arriveremo in bici. Le sedie vanno a due fanciulle del parterre ormai anchilosate che ci abbracciano come parenti, e via. Macchè, azz, ho una ruota bucata, azz. Giusto poco fa la Hack aveva ricordato delle antiche sputate sulla camera d’aria per trovare il buco, e poi delle pezzoline, e del mastice che non s’attaccava…e il Rigatti che invece la leccava tutta, la camera d’aria, per scovare i fori piccolini…e il Roversi che invece giurava di non aver mai bucato… Ma va là, con il pavè di Mantova…

PGC




18 Settembre 2010 alle 23:45 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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