Benvenuto e Buona Navigazione, sono le ore 14:08 di Ven 19 Apr 2024

Equilibrismi, Equilibristi, Equilibri

di | in: Editoriali

Marchionne

di Franco De Anna

2010-12-31 – Qualche tempo fa, quando ne avevo ancora voglia, avevo scritto su ‘ Il Mascalzone’ che Marchionne era uno – se non il – fra i più ammirati  managers del settore industriale italiano.

Mosso dalla sola logica economica della creazione di profitto-valore aziendale, nella contingenza italiana  di disgregazione ideo-sociologica delle componenti che (una volta) identificavano “la Sinistra dei Lavoratori” e del livello d’incapacità d’azione del Governo in carica da  quindici anni (subdolamente voluta o effettivamente espressa che sia),  lui ha fatto il suo mestiere. Unico a saperlo fare.

Asetticamente, colpiscono la validità della pianificazione, la concretezza della comunicazione persuasiva, la determinazione del mantenimento delle posizioni decisionali iniziali: di più, colpisce la tempistica d’attuazione dell’azione a cui, in questo Paese dei balocchi, non si è abituati perché nulla di concreto sembra mai accadere se non l’interminabile parlare di tutti su tutto.

FIAT, come produttore di automobili – non so se ancora qualcuno si illuda – ha un futuro difficilissimo in uno scenario che vede una continuatività assodata di perdita di quota di mercato estero ed interno:  e Marchionne non poteva più temporeggiare. Il ‘risanamento’ aziendale, con l’occasione storica che ha saputo individuare e sfruttare, l’ha iniziato dal manpower, senz’altro anteponendendolo, ad esempio, a quello dell’avvicendamento dell’offerta dei modelli che non riesce  a tenere  il passo dei concorrenti.

Uno dei massimi obiettivi aziendali già raggiunto, posso immaginare un Marchionne infastidito nel percepire il lamento del buon Bersani  (‘ Fiat accetti la Fiom ’…), lo squittire del Landini-Fiom ( ‘ E’ un ricatto ’…), il suggerimento sottovoce della Camusso-Cigl (‘ Facciamo il referendum di fabbrica ’…).

Li lascerà parlare, lui l’equilibrio d’interesse l’ha raggiunto già.

 

Se è vero quello che ormai si afferma sulla scomparsa delle classi sociali e, dunque, sul conflitto fra le stesse, ho l’impressione che non possa più essere disconosciuto l’imperioso sorgere di un diverso contendere che le canoniche lotte di classe superavano o  quantomeno mantenevamo sopito: quello fra i declamatori pubblici, i comunicatori del nulla di nulla ed i capaci di concretezze operative, i professionisti-professionali.  Un dualismo tutto interno allo scenario nazionale: gli uni, i capitalisti che detengono  la maggioranza stragrande dei mezzi di comunicazione; gli altri, quelli che gestiscono l’azione economica pregnante per  il capitalismo d’azionariato detentore dei mezzi di produzione.

Sarei  in errore se mi venisse spontaneo ritenere che, in un simile palcoscenico italiano, stia proliferando indisturbata l’azione ( che temo cancerogena) dell’unica classe sociale rimasta com’è sempre stata: il Clero?

Ma questa è senz’altro un’altra di quelle storie che non raggiungerà  concretezze di miglioramento sociale : anzi, si potrebbe  arrivare a scoprire come a molti  equilibristi sulla scena possa addirittura convenire un  punto d’equilibrio comune  sotto il mantello aperto del cardinal Bagnasco.

Certo,  se, per ottimizzare l’equilibrio, si potesse ancora aiutare Sua Eminenza con l’assunzione nelle scuole pubbliche di altri ventimila insegnanti di Religione Cattolica oltre i ventimila già assunti…  E se tale materia da ‘facoltativa’ in qualche maniera si potesse far assurgere a ‘fondamentale’ senza tanto formalizzarsi sullo Stato Laico … Non potrebbe forse partire un parallelo circolo virtuoso occupazionale nelle parrocchie generato dall’incremento sostanziale delle vocazioni a scuola?




31 Dicembre 2010 alle 14:31 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

Ricerca personalizzata