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Consiglio Provinciale aperto anniversario Provincia

di | in: Cronaca e Attualità, dal Piceno

un momento della cerimonia

Il saluto del Presidente del Consiglio Armando Falcioni

ASCOLI PICENO – Oggi siamo qui perché ricorre anche il 150 ° anniversario delle prime elezioni della provincia di Ascoli Piceno, la nostra piccola patria.
Siamo qui perché abbiamo il dovere di ricordare il ruolo che questa provincia ha avuto nella costruzione dell’unità d’Italia,per il suo valore storico, una delle prime dell’Italia unita,rammentiamolo, una provincia che inizialmente doveva tentare di armonizzare popolazioni, culture, territori, politiche che per secoli sono state profondamente divise da un fronte, rappresentato dai fiumi Tronto e Castellano, che per secoli ha separato due Stati.
Immagino l’obiezione sull’opportunità di festeggiare, o meglio celebrare, sei anni dopo aver subito una divisione imposta, traumatica e costosissima, su cui non ritornerò questa sera perché non è la sede e non sarebbe opportuno, che quella provincia non esiste più, la stessa inopportunità di assistere a tappi che saltano in aria e gridolini di giubilo con una camera ardente in casa.
Siamo qui per amor di verità, perchè la provincia di Ascoli è nata con l’Unità d’Italia, esiste e festeggerà ancora altri anniversari.
Ha modificato i confini territoriali, è vero,ma ritengo doveroso ricordare quello che la Provincia di Ascoli Piceno ha rappresentato e rappresenta per tutto il territorio, indipendentemente dalle recenti, dolorose vicende vissute.

Non sotterrare quello di buono, ed è tanto , che la provincia di Ascoli Piceno ha portato dal Tronto al Chienti, ed il fatto che il simbolo della Provincia, sia rimasto lo stesso, è proprio per questo segnale dell’immanenza di essa, che supera secessioni e mortificazioni, che non cancella un passato, che la storia non si rinnega e non si emargina come onta da cancellare.
Però la politica matura è altra, è lungimirante, dove guardare oltre. Ecco il messaggio che questo compleanno provinciale vuole dare, ritrovandosi qui, insieme a tutti coloro che quotidianamente operano per la provincia di Ascoli Piceno, con quel calore e quell’atmosfera di intimità, come in quelle cerimonie di pochi dove sono presenti solo coloro che hanno piacere di esserci, evitando quelle feste oceaniche come quei matrimoni ove si imbarcano tutti, dalle lontane parentele alle amicizie occasionali.
Il Natale della nostra provincia lo festeggiamo tra di noi,tra storia e musica, con temi a noi cari, e oggi lo faremo con illustri talenti della nostra terra, perchè credo che una provincia che si ama debba prima scegliere, rivalutare i propri figli, esaltare le proprie intelligenze.
Ma oggi sarà anche l’occasione per chiederci quale sarà il futuro di una provincia che porta dietro di sé una storia lunga quanto la nostra nazione, e di questo dobbiamo inorgoglirci, ma le cui nuove dimensioni impongono una riflessione.
Temo che questa provincia abbia perduto, con la divisione da Fermo, quella forte percentuale di marchigianità che il territorio fermano contribuiva ad alimentare. Ora dall’Aso al Tronto la nuova provincia di Ascoli sembra più una zona franca, nel senso di identità culturale, storica,sociale inserita entro i confini amministrativi delle Marche. Il rischio di una appendice più che parte integrante della Regione. Una provincia, quindi, che deve ripensarsi e riorganizzarsi in fretta.


Intanto evitare che il solco segnato sul fiume Aso sei anni fa non si trasformi in voragine con politiche di buon senso, ricordare che alcuni organi dello Stato sono ancora in comune, alcune organizzazioni di categoria, alcune dirigenze scolastiche. Per non parlare poi delle circoscrizioni dei Tribunali o degli ambiti sanitari. E, soprattutto nel secondo caso, non posso nascondere una certa sorpresa nel vedere comunità non appartenere al nostro comprensorio se provincia significa anche servizi comuni, e solidarietà, nel medesimo ambito territoriale.
Nel contempo ritengo che, di contro, la provincia di Ascoli possa trovare nuova forza proprio scoprendo un ruolo centrale, indiscutibile di un territorio più ampio che travalichi i meri confini amministrativi, che non si inchiodi alle linee rosse disegnate sulle carte geografiche.
Insomma esiste una provincia amministrativa ed un provincia di fatto, un territorio omogeneo che vede Ascoli Piceno, San Benedetto, la sua vallata, i suoi due parchi montani, i suoi campanili, come punto di riferimento naturale di territori confinanti appartenenti a quattro regioni e cinque province diverse, con le quali condivide quotidianamente relazioni di carattere sociale, economico, culturale.
Ecco la motivazione del titolo delle manifestazioni : IL PICENO: DA CONFINE DI STATO A TERRITORIO SENZA CONFINI, che per la prima parte è un fatto incontrovertibile, per la seconda un momento di riflessione e per quanto riguarda chi legge, anche un auspicio.
E qui non c’entrano annessione o secessioni o diaspore di popolazioni, queste si lasciano, come recita la Costituzione, alla libera scelta delle popolazioni locali e la provincia non deve mostrare la benché minima ingerenza e lasciar trasparire un minimo trasporto campanilistico; però l’esigenza di una armonizzazioni di leggi regionali, di politiche comuni in zone di confine amministrativamente distinte, ma socialmente omogenee, è particolarmente sentita.
Una politica moderna, quindi, deve prevenire situazioni di disagio, di concorrenza sleale tra amministrazione, di situazioni paradossali come ad esempio, ma è solo una banale citazione, quello dell’offerta turistica della Montagna dei Fiori, o quello dell’Ascoli – Teramo o vedere Civitella, 10 Km da Ascoli,o Norcia ed Amatrice, a 30 minuti di auto, fuori dai nostri circuiti artistici.
Di contro trovo lungimiranti alcuni recenti protocolli di intesa per esaltare eccellenze di questi territori con i nostri.
Ecco i motivi di questa celebrazione: partire da quell’orgoglio, da quello spirito di appartenenza, oggi esaltato quella picenità, o picenismo se preferite ( neologismo orrendo ma ritengo colorito ed efficace) che fino ad adesso è mancato.
Il grande limite di questo territorio è proprio la mancanza di coesione, la capacità di fare cartello nei momenti campali, per le grandi decisioni, per le grandi strategie che interessano tutti.
Da noi ancora questo senso comune stenta ad emergere. Credo che sia l’auspicio migliore, il più bell’augurio che possiamo fare per la nostra amata terra rispetto a quella che rimane la nostra più pesante palla al piede.
Primo una divisione politica. Spesso di una iniziativa, di una proposta prima se ne individua il colore, la paternità, si marchia a fuoco, poi se ne valuta, conseguentemente, la bontà. Con il limite che se ne sposa la causa in base all’origine.
Secondo una divisione territoriale. Ancora oggi si percepisce, in maniera neppure tanto fievole, questa distacco tra capoluogo e circondario, l’uno visto come arroccato centro di potere amministrativo e di, presunti, privilegi proprio per il suo ruolo.
Dall’altra il capoluogo, nonostante gli sforzi delle amministrazioni locali, ancora stenta ad essere veramente punto di riferimento, naturale guida, rimane ancorato ai suoi confini naturali, quando potrebbe avere un occhio diverso verso quella che solo negli anni sessanta, dopo il Ponte di San Filippo, era solo aperta campagna, con le esigenze conseguenti.
Ora, per fare solo qualche esempio Grottammare è oramai una città, Monteprandone, Folignano superano i 10.000 abitanti, Castel di Lama li lambisce, a Spinetoli se ne contano più di 7.000. Quindi parlare di capoluogo e zone rurali è una divisione anacronistica.
Per non dire poi del rapporto tra il capoluogo e San Benedetto del Tronto, oramai di pari popolazione ed importanza. Pur auspicando una maggiore frequentazione del litorale verso Ascoli, questa motivata solo per pratiche meramente amministrative,visto che il flusso è impari, questo reciproco rapporto fa sì che le vecchie diffidenze, oramai arcinote, stiano affievolendosi, lasciandole solo a quelle sportive, che sono le uniche giustificabili.

Per ultimo, visto che ricorrono i 150° anni delle prime elezioni del Consiglio Provinciale vorrei rimarcare il ruolo, la dignità, l’importanza del consiglio, pur mostrando ammirazione, rispetto per il ruolo della giunta, per il lavoro improbo, per le responsabilità che l’esecutivo quotidianamente si assume..
A quel tempo il consiglio aveva compiti diversi ed un ruolo profondo, anzi il consiglio era la provincia, diversamente da quelle competenze attualmente previste dalla normativa vigente.
Per questo la speranza di un rafforzamento delle assemblee elettive,dei suoi compiti,del potere di controllo e maggior coinvolgimento.
Avendo l’onore di rappresentarlo rifuggo all’idea, non è il nostro caso del nostro consiglio, che esso sia un inciampo alla vita amministrativa, un compito da sbrigare in fretta, un passaggio formale ed obbligatorio per legge e mi auguro che la riforma delle Autonomie rivaluti il vero organo propulsore, il vero consesso dove si discute di politica per non ridurre un Ente Locale, pur con un occhio ad una doverosa ottica moderna e rapida risposta ai cittadini, ad organizzazioni di tipo aziendalistico e vedute da ditta privata.
Il consiglio come organo di indirizzo e controllo,il consiglio come rappresentanza di tutte le intelligenze locali, dei molteplici pensieri politici, e , quindi, luogo di discussione, quella che purtroppo manca oggi al comune uomo della strada, con i partiti tutti che non hanno la forza propulsiva di un tempo, se non in vicinanza di appuntamenti elettorali.
Ecco perchè mi auguro, e questo rappresenta anche un impegno, che oltre i compiti ordinari e previsti per legge questo consiglio si apra, rifacendomi al titolo scelto per questo manifestazioni. Che si apra al suo territorio ed ai territori che tocca, che sia itinerante affinché l’ente provincia sia vicino ai problemi delle singole comunità locali e ne discuta compiutamente, che sia aperto alla società civile su temi di grande respiro, alcuni di questi di particolare attualità.
Il consiglio come anima politica del piceno e dei piceni.
Questo è l’auspicio dopo 150° delle prime elezioni del primo Consiglio provinciale.
Dobbiamo esserne orgogliosi se siamo ancora qui sotto il caldo velluto di quel blasone e del carico di storia che questo ente porta con sé.
Anche perché, ne sono certo, in questa austera sala continueremo ad accapigliarci, i confronti saranno duri, le posizioni politiche e personali continueranno, su alcuni tempi perseveranno, come è giusto che sia, distanze anche abissali. Ma se la provincia di Ascoli continuerà ad operare, come ha fatto fino ad oggi, perché tutti gli amministratori che si sono succeduti, noi compresi ne sono certo, hanno amato visceralmente questa piccola patria e non lo cambierebbero per nessun altra al mondo.

VIVA LA PROVINCIA DI ASCOLI PICENO – VIVA L’ITALIA

Pubblicato il 16/3/2011 alle ore 11:47




16 Marzo 2011 alle 19:45 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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