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Articolo 18: possibilità del reintegro anche in caso di licenziamenti per cause economiche

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vince il lavoro

RIFORMA DEL LAVORO: E’ STATO RIPARATO L’ERRORE PIU’ GRAVE


2012-04-07 – Il governo Monti ha presentato il disegno di legge sulla riforma del mondo del lavoro. La novità più importante, rispetto alla prima bozza, è la possibilità del reintegro nel posto di lavoro anche in caso di licenziamenti per cause economiche (nella prima versione del disegno di legge era previsto solo un indennizzo). E’ stato evitato il peggio, visto che la vicenda era iniziata in nome della bizzarra idea di ostentare ai mercati finanziari e agli investitori esteri lo «scalpo» della liberalizzazione dei licenziamenti. La riformulazione dell’articolo 18 è l’esito dell’impegno del PD e il risultato del lavoro serio e costruttivo portato avanti dal segretario Bersani. Questa modifica sulla riforma del mercato del lavoro risponde positivamente alle preoccupazioni di milioni di lavoratori e alle istanze che il Pd, compatto, ha giustamente raccolto.

 

Sui licenziamenti economici è scomparsa la formula aberrante inizialmente proposta: quella che vincolava il giudice a disporre solo la monetizzazione ove il motivo economico risultasse «inesistente». Si può dire che sul punto ha vinto la ragione. Ora infatti la disposizione è radicalmente cambiata. Oltre a prevedere un filtro sindacale, con il ricorso preventivo all’ufficio del lavoro, si reintroduce la possibilità della reintegrazione, e non solo dell’indennizzo, da parte del giudice ove risulti che il motivo economico è «manifestamente infondato», espressione da ritenersi inclusiva dell’ipotesi per cui tra il motivo economico e la scelta di quel lavoratore o lavoratrice non sussiste un nesso causale. In questo modo resta salvo il principio della reintegrazione e si mantiene la sua essenziale funzione deterrente sul piano della garanzia complessiva dei diritti in corso di svolgimento dei rapporti di lavoro, come il Pd e il suo segretario non si sono stancati di ripetere nelle scorse settimane. Logica avrebbe voluto che attribuendo al giudice la scelta tra indennizzo o reintegrazione si fosse anche abbassata la soglia dei 15 dipendenti, ormai priva di ogni vero carattere selettivo.


Questo comunque è già più accettabile, per quanto nulla tolga ai due errori commessi dal governo nel corso di questa vicenda. Il primo consiste nell’aver diffuso il messaggio per cui la portata innovativa della riforma andava misurata sul grado di liberalizzazione dei licenziamenti e su uno scambio tra minore flessibilità in entrata e maggiore «flessibilità in uscita» (formula del gergo economicista che in italiano si traduce in «licenziamenti più facili»). Quando il problema principale del Paese, di fronte alla dura recessione in corso, consiste nel fatto che il lavoro scarseggia, per chi ce l’ha e rischia di perderlo e per chi lo cerca, soprattutto giovani e donne, e non lo trova, o lo trova solo precario, di cattiva qualità. L’accento andava quindi posto, al contrario, fin dall’inizio, sulle misure necessarie a riavviare la crescita, lo sviluppo compatibile.

Nei prossimi giorni si potrà dare una valutazione più analitica. Al Pd spetterà anche il compito di vigilare affinchè non avvengano passi indietro nell’iter parlamentare, dove dobbiamo anzi contribuire a migliorare il testo in alcune sue parti dove le tutele e i diritti necessitano di essere rafforzati.




7 Aprile 2012 alle 10:56 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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