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Musicultura XXIII edizione, buona la seconda!

di | in: Primo Piano

Musicultura

La serata di ieri: Concato, Pino Daniele, Pacifico e un quattro finalisti interessanti


di Emanuela Sabbatini


MACERATA, 2012-06-17 – Forse bisognava davvero scaldare i motori, e la prima serata, serviva per questo. Se infatti venerdì Musicultura ha aperto i battenti dello Sferisterio con uno show lento e a tratti noioso, fatta eccezione per un De Gregori in stato di grazia, e dove i quattro concorrenti sono sembrati poco convincenti, ieri è apparso tutto più agile e piacevole.

Altri quattro finalisti, grandi ospiti e il consueto show Frizzi style, per un’arena gremita di gente.

I primi a salire sul palco sono stati gli Anonima Straccioni, che hanno dato vita ad una esibizione a cavallo tra teatro e hip hop sperimentale, con qualche incursione vocale nel raggamuffin e il consueto human beatbox, la batteria umana sempre in grado di riscuotere il plauso del pubblico. Didgeridoo come sintetizzatore naturale e contrabbasso a tessere base ritmica e melodia, il quintetto di Senigallia racconta in “Professori” quella scuola incapace di capire le stranezze e il mondo di quegli studenti etichettati come irrequieti. La tenuta di palco è davvero molto buona e la band sembra non essere inibita per nulla dalla magnificenza dello Sferisterio, tanto da “racchettare” sul pubblico poesie accartocciate in palline di carta.

Cambia l’atmosfera con Lubjan, tastiera, batteria, chitarra e percussioni: attacca con un cantar-parlando che poi si piega all’inevitabile potenza di una voce limpida e capace perfettamente di cogliere le note alte. Un testo provocatorio, quello di “Parole assenti”, che nel mettere assieme frasi ripetute e comuni, apre però un passaggio segreto verso un mondo interiore di evidente sofferenza. Singolare e interessantissima questa freddezza musicale che diventa strada emozionale. Forse avrebbe potuto regalarne una versione più energica e rabbiosa, peccato.

A seguire il rock delle montagne de L’Orage, ritmo coinvolgente che raccoglie e miscela le influenze più svariate, dalla canzone italiana al cantautorato francese per poi cedere al folk e alla tradizione. Il gioco linguistico del testo “Queste ferite sono verdi”, omaggio a Rimbaud firmato dallo scrittore Dario Voltarini, si sposa alla perfezione con l’orchestrazione melodica che si fa forte di strumenti tradizionali come la ghironda e l’organetto. Rapporto molto fisico con il palco ed in questo sicuramente si manifesta quel folk-rock che li contraddistingue. Convincono il pubblico che li vota e li fa accedere alla finale, ed anche la giuria che gli conferisce il premio per la migliore musica. L’ultima a calcare il palco è NaElia. Suono minimal iniziale, la tastiera dalla voce elettrica, il rhodes, riproduce un motivetto semplice, sul quale NaElia tesse il testo accattivante di “Camaleonte”. Mai titolo fu più azzeccato, la melodia danza tra generi musicali diversi: da influenze elettroniche a funk, strizzando l’occhio al jazz. Davvero eccezionali i cambiamenti di ritmo e la gestione della voce. Il pubblico gli regala la finale di stasera e l’Afi, associazione fonografici italiani, la premia come miglior progetto discografico. Ci sta.

Prima dei grandi ospiti musicali, l’arena abbassa le luci sulla poesia di Mark Strand, poeta americano, vincitore del premio Pulitzer, che, con alle spalle le immagini dei quadri di Hopper, legge “Sul non morire” e altre tre brevi prose prossime alla pubblicazione.

Vecchia conoscenza di Musicultura, visto che era nato musicalmente proprio su questo palco nel 2001, torna sul legno dello Sferisterio, Pacifico. “Una voce non basta” e infatti si abbandona al duetto con Simona Severini che lo accompagna anche sulle note di “Pioggia cadi su di me”, “Le mie parole”e “In cosa credi”. I testi sono poesia pura potenziata da quella filosofia del duetto Pacifico con cui l’artista ha sfornato il suo ultimo album.

Dopo la consueta pausa, è Pino Daniele a scaldare il pubblico dell’arena. Appena rientrato dal tour statunitense, il bluesman partenopeo dal sound sempre elegante scioglie le redini ai suoi cavalli di battaglia: “Invece no”, “Amore senza fine”, “Quando, quando”, “Se mi vuoi” e “Napul’è” concessa su richiestissimo bis. I display dei cellulari si illuminano tra fotografie, registrazioni e ascolti a distanza. Pino Daniele può fare anche questo effetto. Il nome successivo è quello di Marco Ferradini, noto essenzialmente per “Teorema”. Il musicista però sorprende non poco con il suo omaggio al poeta tormentato Herbert Pagani. Regala al pubblico i testi e le musiche di questo artista della parola, del suono e dell’immagine. Spalleggiato da Miriam Meghnagi, e Caroline, rispettivamente sorella e moglie di Pagani, che recitano frammenti di testo, Ferradini riscopre “La mia generazione” e poi, duetta con Fabio Concato su “Cento scalini”.

A seguire è ovviamente l’attesissimo Concato, che finalmente dopo ben 11 anni di silenzio, ha sfornato “Tutto qua”, nuovo album di inediti. Apre con “Un trenino nel petto” e “Stazione nord”. Poi omaggia i trent’anni di “Domenica bestiale” e l’arena canta all’unisono, per poi cedere al ritmo portato con le mani in “Rosalina”. Sempre eccezionale nel lasciare forte sensazioni e melanconie, il Maestro è poi capace di ricucire e carezzare ogni ferita.

La serata potrebbe concludersi qui e invece a strafare ci si sbaglia. Il doveroso e quanto mai condiviso omaggio ad un poeta della canzone italiana come lo è stato Lucio Dalla viene affidato al Coro Equivoci e sembra che l’arena venga di botto traghettata in una di quelle trasmissioni della Clerici. Forse sarebbe stato meglio un applauso commosso, come quello al quale il pubblico dello Sferisterio si è spontaneamente abbandonato.




17 Giugno 2012 alle 16:32 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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