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Gabriele Marcozzi* sull’apertura dei centri commerciali nei giorni

di | in: Cronaca e Attualità, Oblò: Spunti, Appunti e Contrappunti

Rifondazione Comunista

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Colgo l’occasione che ci offre l’appello lanciato dai dieci parroci della diocesi sulla questione dell’apertura dei centri commerciali nei giorni festivi, per esprimere la posizione mia e del circolo su una tematica importante come quella del lavoro!
La posizione di Rifondazione Comunista sulla liberalizzazione dell’orario dei negozi è nota ai più ed è sempre stata coerente con l’idea che noi abbiamo di futuro, di lavoro e di funzionamento dell’economia.

Siamo ben contenti che la chiesa cattolica, soprattutto quella diocesana che ahimè non si esprime con il suo massimo rappresentante seppur sollecitato dagli stessi lavoratori, abbia posto al centro del dibattito questo problema che noi abbiamo già sollevato insieme alla CGIL quando il sindaco fece l’ordinanza per far rimanere aperti i negozi nei giorni del 25 aprile e del 1 maggio.
Qui ci sono vari punti da discutere.
In primo luogo tenere aperti i centri commerciali la domenica e i giorni festivi non giova al guadagno dell’esercizio e non fa aumentare la spesa dei clienti.

Le famiglie hanno un tot di soldi, che è sempre minore per via delle misure che questo governo sta adottando, e possono spendere una cifra che rimane quella.

Accade che la spesa si potrebbe distribuire solo sui giorni festivi facendola contrarre negli altri giorni che rimarranno un costo fissoper il negozio!
In secondo luogo i lavoratori per quanto espresso sopra, non potranno
aumentare di numero perché un negozio che allunga il suo orario di lavoro non
assume maggiore manodopera, ma grazie alle detassazioni sugli straordinari,
faranno lavorare di più quella che già hanno con un aggravio per i precari che
saranno costretti ad orari spezzati e anche a uno sfruttamento perché
difficilmente verrebbero ben retribuiti. E anche se lo fossero sarebbero sempre
costretti a un pluslavoro che non andrebbe a beneficio dell’intera economia.
In terzo luogo e non meno importante, sono le relazioni affettive che una
persona vive! La famiglia, gli amici etc. etc. può sembrare banale ma sono cose
importanti nella vita delle persone che vanno rispettate. E ovviamente,
religione a parte, le feste sono per natura i luoghi dove tutto questo si può
verificare. Non è la stessa cosa stare con la famiglia durante la settimana,
perché uno che per esempio si vuole godere i figli non può farlo perché essi
stanno a scuola. Ci sono delle pause dal lavoro che vanno rispettate dove è
possibile. Per quanto riguarda il commercio questo è possibile e doveroso!

In questo paese c’è bisogno di fare tre grandi distribuzioni per uscire dalla
crisi e mettere le basi per una nuova società.

Distribuire la ricchezza! Oggi in Italia il 10% della popolazione detiene il
60% della ricchezza! è chiaro che un lavoratore con il suo stipendio fa
funzionare l’economia, mentre lo straricco con la sua rendita porta avanti
evasione fiscale e speculazione finanziaria che viene poi usata per aggravare
la crisi stessa del paese.

Distribuire il potere! Questo governo vede la democrazia come un ostacolo e i
mercati come Dèi ai quali sacrificare tutto il resto. Bisogna creare una nuova
concezione di pubblico, che non deve essere lo stato ma che sono i cittadini
che attraverso la partecipazione alle decisioni e alla gestione dei beni
comuni, intervenga in economia e riprogrammi tutto, dal superamento dell’idea
di merce concetto puramente capitalista alla riorganizzazione e programmazione
dell’economia.

Ditribuire il lavoro! Non è possibile che ci siano sempre più licenziati e
poca gente che lavora a ritmi mostruosi, oltre a un aumento dell’età
pensionabile. Bisogna ridurre gli orari di lavoro e aumentare le persone che
lavorano. Non è vero che questo non funziona. Un lavoratore oggi in otto e più
ore di lavoro produce molta più ricchezza che serve per far funzionare
un’azienda. Il resto è plusvalore e pluslavoro che serve solo per il profitto.
Inoltre la distribuzione del lavoro deve andare di pari passo con una
riconversione ambientale dell’economia.

Sarebbe il caso che si cominciasse a discutere su queste cose, più che su
queste miserie di guerra tra poveri, perché questo dibattito sulla
liberalizzazione dell’orario di lavoro nel commercio altro non è che una guerra
tra chi il lavoro ce l’ha e chi non ce l’ha, tra chi i diritti ce li ha e chi
non ce li ha. E’ ora di finirla e di cominciare a costruire una coscienza
comune che ci porti a lottare per un aumento delle condizioni generali di
tutti!! nessuno escluso!

*segretario PRC San Benedetto del Tronto




1 Novembre 2012 alle 20:02 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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