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Trl Jazz: Jeremy Pelt Quintet, la quintessenza del think positive

di | in: Primo Piano

Jeremy Pelt

Il celebre trombettista americano calca il palco del Lauro Rossi


MACERATA – La cosa che riempie di gioia quando si è ad un concerto jazz, è assistere a quei sorrisi compiaciuti che si scambiano tra loro i musicisti e scoprire, un attimo dopo, di avere stampata sul volto la stessa espressione gioviale. E ieri sera, al Lauro Rossi di Macerata, quando Jeremy Pelt, nel bel mezzo del concerto, tromba alle labbra, ha iniziato un dialogo a più voci con se stesso, di sorrisini se ne sono visti molti. La capacità del “Rising Star” della tromba di ottenere numerosissimi effetti sonori senza il supporto di nessun artificio elettronico, lascia basiti. Il suono che si diparte dalla campana di ottone, definisce percorsi diversi e tutti naturali: dal roccioso allo sdrucciolevole, dall’arioso all’acqueo. Il giovane trombettista newyorkese giunge a Macerata, per la sola data marchigiana, all’interno della stagione TRL Jazz, organizzata da Musicamdo, e rivela subito le sue intenzioni, stupire e conquistare il pubblico per ritornare magari in un futuro prossimo, a calcare il palcoscenico della cittadina collinare.

E di fatto la foga deve davvero essere molta. Un quintetto di altissimo livello composta da Roxy Cossal sax alto, Danny Grissett al piano, Dezron Dougas al contrabbasso e il romano Nicola Angelucci alla batteria. Nel corso del tour su e giù per lo stivale la formazione ha subito qualche modifica come per l’appunto, l’innesto di questo virtuoso del ritmo quale è Mister Angelucci.

Non si fatica a dire che la serata si divide in due parti. Una prima che straborda di ritmiche accelerate e persistenti, con un esuberante desiderio di catturare il pubblico e stordirlo con una esecuzione esemplare, senza sbavatura alcuna, contraddistinta da una pulizia del suono incredibile, eppur incapace, e si tratta solo di una considerazione personale, di stimolare una riflessione intima. Non c’è aria insomma, nessun tempo d’attesa per riprendere fiato tra un crescendo e l’altro, tra una ritmica serrata e l’altra.

Non c’è che dire, la tromba di Pelt non ha lo struggimento alla Baker né la visione onirica ed evocativa alla Fresu. Si tratta, come è ovvio sentendolo suonare anche pochi attimi, di un guru della tromba, con una capacità impensabile di rendere semplice il complesso, e di rivelare una varietà possibile di suoni nemmeno minimamente immaginabile. Ma pare mancare un po’ di melanconia, quel briciolo che basta a creare del distacco necessario da se stessi per capirsi e leggersi dentro. Ma è la seconda parte a farci rimettere in gioco ogni giudizio. Il batterista impugna le spazzole, il clima si distende, la melodia del piano non si limita più a fare da base sulla quale lasciar emergere, a mo di esploso, blocchi sonori autonomi. Due pezzi di tema amoroso e finalmente riusciamo ad assaporare la qualità e la maturità di questo quintetto. Si evidenzia bene, più che in altre ensemble, come all’interno di questa formazione se ne nascondano molte altre autosufficienti e di eccellente qualità.

Il contrabbasso di Dezron Douglas è un campo sterminato di possibilità, con una storia musicale che spazia dallo swing al blues senza nascondere qualche venatura r’n’b. A tratti si ha l’impressione che canti, quando da solo emerge e si stacca dal gruppo ritagliandosi uno spazio tutto proprio. La timidezza formale di Roxy Coss, la lady del sax, si sperde di fatto in una esecuzione piena di personalità e di qualche virtuosismo, che virtuosismo non è. Danny Grissett è l’eleganza. Nell’esecuzione, nel portamento, nel suono. Nessuna esuberanza, una costante tensione al perfetto e la capacità, tutta dei pianisti di livello, di esserci e rendersi fondamentale anche quando sembrerebbe essere schiacciato dalla potenza sonora di altri strumenti. Angelucci è un cavaliere della ritmica. Mai ordinario, intraprendente ed amante della variazione sul tema. A tratti diremmo esuberante, specie nella prima parte ma di sicuro spessore tecnico ed artistico.

Un concerto non facile. Richiedeva attese ed attenzione perché alla melodia e alla riflessione occorreva arrivarci tramite percorsi impervi. Più d’ogni altra cosa emerge una positività trasversale che ora nelle quote più energiche, ora nella parti più liriche, non lasciano mai spazio a struggimento e negatività.




12 Febbraio 2013 alle 14:54 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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