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Donne senza pausa: un percorso a 360° nella medicina antiaging

di | in: Benessere e Salute

Donne senza pausa

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Strategie a tutto tondo, per accompagnare la donna nel delicato periodo che va dal climaterio alla menopausa, volte a trasformare uno dei momenti più delicati e spesso fonte di sofferenza, in un passaggio consapevole in cui prolungare la salute e il benessere. Di questo si è parlato venerdì 3 maggio all’incontro “Donne senza pausa”, aperto alla cittadinanza e che si è tenuto all’Hotel Calabresi di San Benedetto del Tronto.

Neuroscienziati, biologi nutrizionisti, biochimici, psicologi e medici estetici hanno illustrato come la gestione della salute femminile a 360° rappresenti la nuova frontiera della medicina antiaging.

Si è partiti dagli aspetti psicologici del climaterio e della menopausa, la stagione del cambiamento, il periodo che ogni donna teme per i mutamenti fisici e mentali che comporta. “A livello psicologico la menopausa rappresenta una crisi di transizione verso un altro periodo della vita personale e familiare” ha affermato Maria Rita Giosuè, psicologa e psicoterapeuta sistemico-relazionale “e il vissuto corporeo, come accade nell’adolescenza, viene percepito in maniera distorta”. E’ emerso che l’”invisibile” che ogni donna nutre in sé in questo delicato passaggio è troppo spesso “non detto” e l’irritazione o l’umore depresso che di frequente lo caratterizzano potrebbero essere meglio affrontati se la donna riuscisse a “dire” ad esprimere e condividere il proprio sentire con la famiglia o con altre donne che stanno vivendo la stessa esperienza o anche, nel caso di sintomi più importanti come la depressione, con uno specialista. In questo modo è più facile accettare le trasformazioni con la possibilità di conoscere in sé nuove risorse. Ed allora la menopausa diventa una possibilità per continuare ad esprimere la forza creativa in forme diverse da quella generativa-riproduttiva. E’ necessario dunque ribaltare il pregiudizio “menopausa alias depressione” perché “la menopausa non è una malattia” ha concluso la psicoterapeuta “ma una delicata fase di passaggio dove equilibri ormonali si intrecciano con i bilanci personali e la malinconia può trovare sfogo in libertà e prospettive finora ignorate”.

Traslando dalla psiche al corpo, uno dei disturbi più frequenti in menopausa è l’osteoporosi. Della relazione tra menopausa, osteopenia-ospeoporosi e stress ossidativo si è occupato Eugenio Luigi Iorio, medico e ricercatore, specialista in biochimica clinica e fondatore dell’Osservatorio Internazionale dello Stress Ossidativo. Secondo Iorio l’osteoporosi in menopausa non può essere ricondotta esclusivamente al fattore ormonale. Nuove correnti di pensiero sostengono che essa si inserisce nel naturale processo di senescenza, anzi, come rileva il British Medical Journal, non sarebbe più da considerare una patologia e la causa è da ricercarsi sostanzialmente nella perdita dell’equilibrio fra osteoblasti e osteoclasti (osteopenia). La prima categoria di cellule contribuisce alla formazione ossea, la seconda contribuisce al riassorbimento osseo. Nella menopausa si riscontra un maggiore produzione di osteoclasti, causata dalla perdita di estrogeni, ma non solo. Il ricercatore ha illustrato studi che provano che la teoria estrogeno-centrica, in cui la carenza di estrogeni era considerata la principale causa dell’osteoporosi, è ormai superata e che il co-responsabile sarebbe l’aumento delle specie reattive dell’ossigeno (ROS) ovvero i radicali liberi responsabili dello stress ossidativo. La perdita di estrogeni andrebbe a diminuire la difesa contro lo stress ossidativo dell’osso e questo spiega l’aumento del riassorbimento osseo associato con la caduta di questi ormoni. Ma cosa si intende per stress ossidativo? “Lo stress ossidativo” ha spiegato Iorio “è la perdita dell’equilibrio tra la produzione e l’eliminazione dei cosiddetti radicali liberi (atomi che reagendo con qualsiasi molecola generano ossidazione con conseguente danno cellulare ndr)”. Tale condizione patologica se protratta nel tempo conduce ad un’accelerazione del processo di invecchiamento e all’insorgenza di patologie. Ne consegue l’importanza della corretta diagnosi del bilancio ossidativo che, come ha affermato il biochimico, “oggi è possibile valutare mediante il d-ROMs test e l’anti-ROMs test”. Essi, raccomandati dalla comunità scientifica internazionale e dall’Osservatorio Internazionale dello Stress Ossidativo, misurano: il primo la capacità ossidante di un campione di plasma nei confronti di una particolare sostanza usata come indicatore; il secondo, ovvero l’anti ROMs test, la capacità antiossidante del siero. Se i risultati mostrano una condizione di stress ossidativo sarà compito del medico stabilire, attraverso l’inserimento dei risultati del test nel quadro clinico specifico di ciascun paziente, quale strategia mettere in atto per ricondurre nella norma eventuali valori anormali. Nello specifico dell’osteoporosi sarebbe molto indicato intervenire e fare prevenzione in fase di osteopenia. “Tra le soluzioni attualmente disponibili” ha concluso lo specialista “c’è il silicio colloidale che si è dimostrato in grado di migliorare il pattern osseo nelle donne osteopeniche e di abbassare il livello di colesterolo ossidato, vero marcatore di rischio cardiovascolare”. Senza tralasciare le soluzioni che individuano nel miglioramento dello stile di vita (fare attività fisica moderata, esporsi al sole e non fumare) e del regime alimentare (preferire salmone, soia e mandorle, assumere poche proteine, niente bevande dolci e niente latte) già in fase di climaterio, la strategia vincente per raggiungere la menopausa nelle migliori condizioni possibili.

Altre indagini finalizzate ad una diagnosi precoce dei disturbi legati alla menopausa sono i test genetici (analisi del DNA o di alcuni prodotti del DNA) e biochimici (valutazione dello stato ossidativo, dell’equilibrio dei neurotrasmettitori, delle intolleranze alimentari ecc.). Essi, come ha sostenuto Cristiana Aperio, biologa nutrizionista “vanno a braccetto e permettono di predire il rischio di malattia e intervenire con un programma terapeutico personalizzato per prevenire e monitorare l’insorgenza di patologie”. Aperio ha illustrato come, nel caso dei disturbi legati alla menopausa, sia possibile intervenire con estratti fitoterapici, integratori e ormoni naturali che agendo a livello dei più sottili meccanismi biologici, regolano quei processi dal cui squilibrio derivano i fenomeni degenerativi peculiari dell’invecchiamento. E come, una volta valutato lo stress ossidativo in soggetti anche giovani, sia possibile riequilibrarlo mediante un corretto programma alimentare volto a prevenire l’invecchiamento cellulare e a limitare i danni che lo stesso può provocare in casi di patologie infiammatorie croniche, quali diabete, malattie cardiovascolari, epatopatie, malattie oncologiche, e in casi di stili di vita poco corretti legati all’alimentazione, all’esercizio fisico incongruo e al fumo di sigaretta. La nutrizionista ha anche parlato di Epigenetica la scienza che studia come l’ambiente influisce nel regolare l’espressione dei nostri geni senza provocare mutazioni del DNA e di come l’alimentazione costituisca il maggiore fattore ambientale capace di influenzare i nostri geni. Oggi infatti si parla molto anche di Nutrigenetica (scienza che studia come il nostro patrimonio genetico condiziona la risposta del nostro organismo al cibo) e Nutrigenomica (scienza che studia come il cibo può cambiare in modo significativo l’espressione genica) con uno sguardo all’ultima frontiera in materia di test biochimici: la Lipidomica che rivela la mappatura e lo stato di equilibrio funzionale degli acidi grassi della membrana che avvolge i globuli rossi e pare che questi acidi diano preziose informazioni sullo stato generale di salute generale. Un’interessante applicazione delle informazioni fornite dalla lipidomica sarà la dermatologia viste le alterazioni nella concentrazione lipidica tipiche dell’invecchiamento cutaneo.

Tema quest’ultimo che è stato trattato da Silvio Marinozzi, medico estetico, specialista in chirurgia d’urgenza ed omeopata. Il suo intervento è stata una disamina alle più frequenti domande che le pazienti gli pongono nella pratica quotidiana. Egli ha fatto chiarezza sulle varie aree di intervento che vanno dalla chirurgia plastica all’estetica professionale passando per la medicina estetica precisando che tutti e tre costituiscono ambiti di intervento che prevedono professionalità, apparecchiature e tecniche totalmente diverse ma finalizzate ad un unico scopo: ridurre un inestetismo. “Inestetismo che non deve essere percepito come un difetto fisico” ha affermato lo specialista “perché a volte può celare o essere esso stesso un sintomo di malattia” e in questi casi il trattamento dell’inestetismo sarà secondario rispetto alla cura della malattia che cela o che rappresenta. Importanza primaria dunque riveste la preparazione di chi lavora nel settore estetico specialmente nel caso di operatori che non appartengono all’ambito medico. Mai intervenire nei casi dubbi ma indirizzare il paziente o il cliente dallo specialista. Riguardo alla menopausa, Marinozzi ha sottolineato che tale condizione non costituisce in nessun modo un ostacolo al trattamento estetico perché non la si può considerare una malattia anche se è indiscutibilmente un dato anamnestico importante. Via libera allora a filler, laser, peeling, radiofrequenza o semplicemente massoterapia ma senza mai dimenticare, ha concluso Marinozzi “(che) ogni donna va considerata una opera d’arte di madre natura unica e irripetibile. La medicina estetica può solo valorizzarla e mai sconvolgerla”.

Un altro disturbo correlato alla menopausa è l’insonnia. Sono circa tra il 25% e il 50% le donne che soffrono di disturbi del sonno nel periodo menopausale. Secondo Ascanio Polimeni, specialista in bronco pneumologia, neuroendocrinologia e cronobiologia, che è stato uno dei pionieri della medicina Antiaging in Europa, tra le cause della maggiore diffusione dei disturbi del sonno durante il periodo menopausale e postmenopausale, va considerato, in primis, il “trasloco ormonale” ma non solo. Ad esso si aggiungono la sindrome delle gambe senza riposo e l’apnea ostruttiva, molto diffusi nella popolazione che invecchia e che sono altresì favoriti dalla ridotta capacità di fronteggiare lo stress da parte della popolazione anziana, che possono promuovere un invecchiamento non favorevole ed essere concausa di molteplici patologie correlate all’età quali l’obesità, il diabete, le patologie cardiovascolari e la sindrome metabolica ma anche disturbi del tono dell’umore e della memoria e dell’inflammaging o infiammazione a basso grado di intensità. Proprio quest’ultimo aspetto determina una discrepanza di genere per cui le donne insonni, specie nel periodo menopausale “presentano una maggiore mortalità per malattie coronariche” ha affermato Polimeni “rispetto agli uomini della stessa età affetti da disturbi del sonno”. Lo specialista ha concluso ricordando come l’importanza di un sonno architettonicamente equilibrato costituisca una strategia di benessere. Ma come fare per favorire un sonno ristoratore? Innanzitutto bisogna rispettare le norme di igiene del sonno: ambientali (sconsigliati, in camera da letto, apparecchi che generano campi elettromagnetici che alterano le funzioni della ghiandola pineale), alimentari (evitare nelle ore serali pasti abbondanti, bevande a base di caffeina, alcol e fumo) e di stile di vita (evitare l’esercizio fisico intenso nelle ore prima di coricarsi e cercare di coricarsi e alzarsi in orari regolari). Inoltre è bene intervenire anche sul riequilibrio dell’assetto ormonale con terapie a base di ormoni bioidentici (ovvero ormoni sintetici ma di derivazione naturale ricavati dalla soia o dalla patata dolce, chimicamente identici a quelli prodotti dal corpo umano), valutate in base alle necessità individuali. Intervenendo in tal senso si potrà recuperare un sonno ristoratore “che consentirà di trasformare la menopausa vissuta con stress in una menopausa serena”.

Il tema del rischio cardiovascolare e metabolico in menopausa è stato approfondito da Andrea Letta, andrologo e professore presso l’Università di Chieti. Il professore ha illustrato le due correnti di pensiero riguardo alla malattia cardiovascolare nella donna. La prima è propensa a ritenere che la donna in età fertile e pre-menopausale sia meno esposta all’insorgenza della malattia cardiovascolare rispetto agli uomini di analoga età. La seconda corrente di pensiero è invece propensa a ritenere che non vi sia una predisposizione su base sessuale e endocrina per le cardiovasculopatie ma che determinanti siano i fattori di rischio cardiovascolari ed in particolare lo stress, il fumo di sigaretta e l’ipertensione che avrebbero incidenze maggiori nel sesso maschile. E’ certo comunque che la situazione ambientale, la predisposizione genetica, l’età, uno stile di vita sedentario, la fluttuazione ormonale, lo stress ossidativo e l’obesità concorrono alla riduzione di produzione di estrogeni lasciando le donne più vulnerabili e più esposte al rischio di ischemie cardiache. Più recentemente è stata evidenziata l’importanza della componente genetica: una storia familiare di cardiovasculopatia prima dei 50 anni nei familiari di primo grado conferisce un fattore di rischio più alto da 2 a 4 volte. Sul versante della prevenzione che Ledda ha considerato fondamentale, è importante, dopo aver individuato i soggetti a rischio in entrambi i sessi, misurare “lo spessore del complesso ‘intima-media’ (IMT) che permette di stabilire l’età vascolare del paziente e di seguire nel tempo l’ispessimento della parete arteriosa dando al medico la possibilità di rallentarlo e, così facendo, migliorare la salute vascolare dei pazienti”.

Ma ciò che maggiormente spaventa ogni donna è ammalarsi di cancro al seno. Dall’intervento di Gianluca Pazzaglia, medico specialista in diagnostica per immagini, che si occupa da più di vent’anni di diagnosi precoce delle malattie del seno è emerso che il cancro al seno colpisce 1 donna su 8 e che, in caso di famigliarità, il rischio di ammalarsi raggiunge l’80%. Inoltre la frequenza dei tumori al seno aumenta con l’avanzare dell’età e in generale più si invecchia e più aumenta la probabilità di ammalarsi. Questa idea lo ha portato a cercare di decifrare i meccanismi dell’invecchiamento ed a studiare le persone che lo hanno fatto con successo come i super-centenari. Ne è risultato che l’invecchiamento è determinato da un progresso decadimento delle funzioni ormonali, per cui si può parlare di endocrino-senescenza, mentre i super centenari mantengono un assetto ormonale paragonabile a quello di un settantenne. Pazzaglia ha poi presentato una sorta di pap-test per il seno a cui egli ha dato il nome di Pap-Breast, che rappresenta un nuovo programma di prevenzione del tumore al seno. Questo esame permette di predire le atipie ovvero le lesioni pre-tumorali del tessuto mammario con un anticipo di decenni. L’esame, non invasivo, consiste nell’estrarre del segreto mammario mediante uno specifico macchinario. In base i risultati del test si può conoscere se si è a basso o ad alto rischio di sviluppare un tumore al seno. “Il valore del test è duplice,” fa notare lo specialista “da un lato, se si è a rischio, suggerisce alla paziente di sottoporsi a dei controlli più regolari; dall’altro permette alle donne di verificare quanto l’eventuale ‘aggiustamento’ dei propri comportamenti va a incidere sul rischio personale”. Gli “aggiustamenti” riguardano lo stile di vita e alimentazione nonché terapie farmacologiche di prevenzione a discrezione del medico curante.

I dati emersi dagli studi del dottor Pazzaglia in merito all’assetto endocrino dei super-centenari potrebbero sicuramente riguardare gli abitanti dell’isola giapponese di Okinawa, la popolazione, in assoluto, più longeva al mondo. In questa zona, inoltre, sono molto rare patologie quali il cancro al seno, quello alla prostata e quello al colon, il morbo di Alzheimer, l’ictus e l’infarto cardiaco. Il segreto di tanto benessere sembrerebbe derivare non tanto dal loro prezioso patrimonio genetico, quanto dal loro regime alimentare e dal loro stile di vita. E’ quanto risulta dai recenti studi che avrebbe dovuto presentare Giovanni Scapagnini, neuro scienziato e professore associato di Biochimica clinica All’Università del Molise, purtroppo assente all’incontro per motivi familiari. Secondo le ricerche del professore il segreto di questo popolo risiede nell’adeguata assunzione di sostanze in grado di ridurre lo stress ossidativo e infiammazione soprattutto a livello cerebrale. La loro alimentazione infatti è ricca di pesce, proteine della soia, verdure è invece povera di frutta e la maggiore fonte di carboidrati è una patata dolce color porpora (il beni-imo). Il tutto spolverato di curry e accompagnato da tè verde. Dunque polifenoli, omega 3 e curcumina potrebbero costituire l’elisir di lunga vita. Molti studi infatti confermano la capacità di queste sostanze di attivare i “vitageni” quei geni cioè che producono sostanze antiossidanti, antiinfiammatorie e antitumorali. Riguardo alla curcumina, il professore è riuscito a dimostrare, in uno studio condotto dal 2001 al 2006, che essa protegge i neuroni e previene l’insorgenza dell’Alzheimer. Ricerca che rappresenta un tassello importante per la nutrigenomica. Ma c’è dell’altro. Dalle ricerche del neuro scienziato si evince anche che i centenari di Okinawa assumono una quantità di calorie di molto inferiori agli stessi giapponesi i quali, a loro volta, hanno un regime alimentare molto meno calorico di italiani ed americani. Sembra che questa abitudine derivi da un antico detto giapponese “Hara hachi-bu” vale a dire “Mangia sino a quando sei quasi sazio” che le nonne dell’isola trasmettono ai nipoti fin dalla tenera età. E questo fattore, ai fini della longevità sembra essere il più determinante. Lo dimostra il confronto con coloro che, nel 1945, lasciarono l’arcipelago giapponese per emigrare in Canada e in Brasile. Gli studi hanno dimostrato che gli ex abitanti di Okinawa avevano perso i privilegi dei loro connazionali e la vita media e le malattie erano ora molto più vicine a quelle dei nuovi connazionali dei quali avevano assunto il medesimo regime alimentare e stile di vita.

Climaterio e menopausa dunque non più percepiti come tabù di cui spesso le donne preferiscono non parlare ma vissuti con la piena consapevolezza di essere protagoniste di un cambiamento naturale dell’assetto ormonale le cui problematiche possono essere affrontate serenamente e in condizioni di benessere adottando le semplici accortezze che gli esperti intervenuti al convegno hanno sapientemente illustrato. Perché, come scrive Christiane Northrup “Le scelte che una donna fa (in questo periodo) hanno il potere di determinare la buona salute e il benessere per il resto della vita”.

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5 Maggio 2013 alle 21:40 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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