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Francesca Kay “Il bambino sbagliato”

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Il bambino sbagliato (Bollati Boringhieri, 2012)

di Renzo Vitellozzi

 

La chiesa cattolico-romana del Sacro Cuore è situata nel quartiere londinese di Battersea, poco a sud del Tamigi. La variegata comunità religiosa viene gestita dal giovane ed efficiente padre Diamond, sacerdote certamente autorevole e scrupoloso ma anche divorato dal timore di non essere all’altezza della vocazione sacerdotale e segretamente innamorato dell’affascinante e attraente Stella Morrison. Protagoniste del romanzo, ambientato nei nostri giorni, quasi tutte donne provenienti da diverse classi sociali. Quattro in particolare. Mrs Armitage parrocchiana un po’ impicciona ma caritatevole e volenterosa, costantemente vicina ai più bisognosi e con la quotidiana angoscia al pensiero per la sorte del figlio, soldato in Afghanistan. Mary-Margaret O’Reilly, infantile e credulona, mentalmente un po’ instabile, che pulendo maldestramente una statua del Cristo crocifisso nella Cappella delle Anime Sante è convinta di aver visto uscire del sangue dalla corona di spine. Fidelma, la mamma inferma di Margaret, donna frustrata ed abnorme, auto-reclusa al ventiduesimo piano di un grigio ed anonimo palazzone e che consuma malinconicamente le sue giornate immobile ed esausta davanti a una finestra. Infine Stella Morrison, la figura centrale del romanzo; moglie elegante, devota e silenziosa di un parlamentare in carriera, amante del giardinaggio e dei fiori, apparentemente appagata ma in realtà profondamente infelice per la lontananza dai figli e per un matrimonio ormai privo di fantasia che si trascina stancamente, senza sussulti, donna simbolo di una borghesia superficiale che non avverte minimamente il dolore e il cambiamento del mondo circostante. Il suo animo è nobile e gentile, la sua fede equilibrata con un sereno distacco da ogni manifestazione di isterismo religioso.

Le vite di questi ed altri personaggi si incrociano nella chiesa di Battersea. L’ingenua Mary-Margaret è sicura di essere stata prescelta dall’Alto e come gesto di ringraziamento e di dimostrazione di fede si vedrà costretta a compiere azioni dall’esito catastrofico. L’atto sacrificale, dal sapore biblico, scompiglierà la tranquillità comunità e colpirà la più fortunata e impreparata delle protagoniste.

Convincente, direi splendido romanzo di Francesca Kay, quasi un giallo che descrive (in taluni episodi anche con leggera ironia) le contraddizioni e le ambiguità della fede esplorando con rara maestria i turbamenti interiori di tutti gli attori in scena. Aspirare alla redenzione non è cosa da poco; tra sofferte maternità, inconfessabili passioni, laceranti solitudini e alienanti incomunicabilità. Quasi un calvario. Una narrazione lunga e avvincente che intercetta magnificamente il malessere di una parte non trascurabile della società contemporanea.




8 Dicembre 2013 alle 13:24 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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