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Jason Isbell “Southeastern”

di | in: Primo Piano, Recensioni

Jason Isbell “Southeastern” (2013)

 

Etichetta: Southeastern Records
Brani: Cover Me Up / Stockholm / Traveling Alone / Elephant / Flying Over Water / Different Days / Live Oak / Songs That She Sang In The Shower / New South Wales / Super 8 / Yvette / Relatively Easy
Produttore: David Cobb

 

Già la copertina suggerisce con precisione il contenuto. La faccia di Jason Isbell (ex Drive By Trukers e 400 Unit) ritratta senza trucchi su fondo nero, nerissimo, l’espressione di chi ha qualcosa da dire e l’urgenza di farlo. E difatti “Southeastern” è un album verboso ed austero, crudo e dal sapore antico, roots e, ovviamente, southern.

La confessione inizia con una ballata da brividi, Cover Me Up, con cui Jason prende a raccontare il dolore legato al vizio della bottiglia («I sobered up/I swore off that stuff/forever this time»). Finalmente disintossicatosi e sposatosi con Amanda Shires, presente al violino su “Southeastern”, Jason parla per tutti i quarantasette minuti di vivere e (rischiare di) morire, di creatività e distruzione, di atroci addii e amori salvifici. L’essenzialità e la nudità espressiva sono tali che le parole e la voce dominino costantemente la scena, immortalando scene di una vita fragile che è stata faticosamente ricomposta. Ecco, nelle ballate di “Southeastern” si avverte questo, la fatica, e si tratta beninteso di un pregio, se il cantautore sfrutta i suoi sforzi per accendere ogni volta una fiammella, una speranza, un delicato e struggente canto. Alieno da qualsiasi velleità modaiola, il disco è figlio di un artigianato musicale che si muove tra la rude solennità dell’ultimo Springsteen (Relatively Easy) e il malinconico fatalismo di Townes Van Zandt (Live Oak).

Il difetto di “Southeastern” sta, semmai, nella rinuncia a variare il ritmo delle composizioni che, fedeli ad un canovaccio country-rock fin troppo convenzionale, possono finire per risultare monotone. Non è un caso che il pezzo più riuscito sia anche quello con le chitarre ben attaccate agli amplificatori, Super 8, un irresistibile rock’n’roll sudista in cui Jason urla il suo dire sì alla vita («I don’t want to die in a Super 8 Motel/just because somebody’s evening didn’t go so well/if I ever get back to Bristol/I’m better off sleeping in a county jail/I don’t want to die in a Super 8 Motel») e, ascoltandolo, non si può fare a meno di fare il tifo per lui.




10 Dicembre 2013 alle 20:39 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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