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#romanzobreve n.2: “L’Avvoltoio”

di | in: Calcio, Calci e Calciattori, Foto e Vignette

Subbuteo

 

di Brevevita Gruppo Letterario

 

13 giugno 2003. Per quel che se ne può pensare guardandolo, Vito Riga è un centravanti sul viale del tramonto, in tutti i sensi.

 

Ha trentasei anni e vive ancora con sua madre. Soffre di microalterazioni ipercifotiche alla colonna vertebrale, cioè gobba, raggio di curvatura minimo, ma pur sempre di gobba si tratta. E’ calvo, ma non quel calvo inventato da Vialli a fine anni ’90. Vito Riga è il classico coccia pelata di mezza età, con i capelli solo ai lati.

 

Nonostante queste importanti menomazioni, il suo procuratore riesce a strappargli l’ennesimo ingaggio milionario.

 

Davvero la notizia ha del sensazionale.

 

Soprattutto se si pensa che Riga non ha nessuna dote: non è alto, non è veloce, non è bravo palla al piede. In allenamento, ha difficoltà persino a far passare la palla tra i birilli. Nei test atletici precampionato, totalizza una serie di tempi che lo qualificherebbero ai quarti di finale di un ospizio.

 

Egli non ha mai saltato un uomo in 500 gare, mai battuto una punizione di potenza, mai una foglia morta, mai scagliato un bolide improvviso dai venticinque metri.

 

Inoltre, è assolutamente certo che Vito Riga non retrocederà per nulla al mondo a dar manforte ai difensori, non si è mai distinto per lo “spizzare” o il “far da sponda”, lotterà palla su palla così come pierino (quello delle barzellette) fa i compiti, e tutto è, meno che un centravanti di manovra.

 

Dalla descrizione data, avrete già capito che non si tratta manco di uno di quei tori che si “cugnano” e tengono impegnate le difese.

 

Ma quale toro!

 

Riga peserà sì e no 60 chili, è alto uno e settantacinque ed ha due gambe che sembrano grissini.

 

Fisicamente ricorda un uccellaccio, vecchio e spennacchiato, disidratato dal caldo e dalla passione per gli alcolici. A memoria d’uomo, non si trova un centravanti con le sue caratteristiche. Mi viene in mente Rush, del ’61, fisico da uccello pure lui; ma Rush era perlomeno un Aquila Reale, non una specie di quaglia rinsecchita; ed il gallese amava la birra di qualità, non del becero vino rosso mescolato alla gassosa.

 

Durante una partita di calcio Vito Riga tocca due o tre palle, di cui una in occasione del calcio d’inizio, e corre solo se strettamente necessario, ad esempio se deve ribadire in gol una corta respinta del portiere.

 

Ecco!

 

Il punto è questo. Il gol.

 

Vito Riga ha segnato, in carriera, con tutte le parti del suo esile corpo. 525 gol, tutti bruttissimi, frutto di rimpalli, di inspiegabili amnesie difensive, di fuorigioco non segnalati, di viscide deviazioni quando la palla è già ampiamente diretta nel sacco.

 

Gli allenatori avversari organizzano gabbie.

 

Mi fanno ridere.

 

Riga è innocuo per 89 minuti e mezzo su novanta. Una gabbia su di lui equivale ad estraniare dal gioco tre elementi. E non paga. Perché in quei trenta secondi di fulminea vitalità non c’è gabbia che tenga. Non c’è rimedio.

 

Gli avvoltoi come Vito Riga sono fatti per volare alti nel cielo. Con traiettorie circolari. Apparentemente placide e tranquille.

 

La loro ferocia è inconsapevole.

 

Dio li ha realizzati e programmati per ripulire l’area di rigore dalle carogne di animale, ivi comprese alcune pregiate razze di stopper inglesi e terzini da guardia maremmani.

 

La scienza ha appurato che questi predatori hanno in testa un unico pensiero, fissato sottopelle come un microchip: ubbidire a irrefrenabili impulsi primordiali che si manifestano con un “bip”. Atavici richiami di caccia, uccidere, razziare e devastare, “bip”, “bip”, “bip”. Conto alla rovescia, è l’ora, DEVO UCCIDERE IL PORTIERE, “bip”, “bip”, “bip”, ragazzi, quando canta l’uccellino è notte.

 

La loro discesa in terra contiene una sorta di meccanica inesorabile violenza.

 

Un qualcosa di diversamente divino, inevitabile, un mostro sanguinario che non potrebbe essere altrimenti.

 

Sanno scegliere l’esatto istante in cui calarsi in picchiata.

Sembra incredibile ma loro lo sanno.

Come quella gente che parla coi morti e non sa di parlarci . . . .

Gli avvoltoi conoscono il logaritmo segreto dell’attimo fuggente senza minimamente aver studiato.

 

Eccolo, sta arrivando quel misterioso contrassegno sonoro . . .

Suoni dall’oltretomba . . .

Segnali da un altro mondo, onde magiche . . .

 

Biiip: difensore esala l’ultimo respiro.

Biiip: avvoltoio cala in area piccola, artigli sul pallone con zampata.

Biiip: mangiare il portiere appena muore.

Biiip: palla oltre la linea bianca.

 

Quel suono che senti è il senso del gol.

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Brevevita Gruppo Letterario

 

 

 

 

 

 

*SPIEGAZIONE ANTROPOLOGICA CON PRECISAZIONI STORIOGRAFICHE.

Nel loro ampio portfolio di vigliaccheria e sciacallaggio, osserviamo le vittime di questa spaventosa specie di uccelli: M.N., stopper, 27 anni, G.C., terzino destro, 18 anni, F.P., mediano di rottura, 23 anni, ecc. Da questo archivio appare chiaro che questi animali, storicamente, come pasto quotidiano, hanno da sempre prediletto le difese ordinate e diligenti, meglio se tenere, meglio se inesperte, meglio se giovani.

 

 




10 Dicembre 2013 alle 15:33 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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