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Vashti Bunyan “Heartleap”

di | in: Primo Piano, Recensioni

“Heartleap” (Fat Cat, 2014)

Etichetta: Fat Cat 

Brani: Across The Water / Holy Smoke / Mother / Jellyfish / Shell / The Boy / Gunpowder / Blue Shed / Here / Heartleap

 

 

“Heartleap”, a detta di Vashti Bunyan, sarà il suo ultimo album. Una dichiarazione del genere non è rara nel mondo della discografia ma, contrariamente a quanto accade di solito, nel caso della Bunyan, non c’è motivo di non prenderla sul serio.

 

 

“Heartleap” è solamente il terzo album in quasi cinquant’anni di carriera, trenta dei quali passati lontani dalla scena. Nata a Londra nel 1945, incide il primo singolo nel 1965 grazie a Andrew Loog Oldham, il manager dei Rolling Stones, ma l’album d’esordio arriva soltanto nel 1970: è il mitico “Just Another Diamond Day”, prodotto da Joe Boyd e arrangiato da Robert Kirby. A quel punto, Vashti scompare dimenticandosi della sua musica e del suo unico disco, che però all’inizio del nuovo millennio viene ristampato in cd e diventa oggetto di culto per una nuova generazione di musicisti. E’ così che nel 2005, incoraggiata dagli apprezzamenti di Devendra Banhart, Piano Magic, Animal Collective e Joanna Newsom, Vashti Bunyan incide il suo secondo album, “Lookaftering”.

 

Quasi un decennio dopo, Vashti torna con un nuovo lavoro che si pone in perfetta continuità con i due precedenti, deliziando l’ascoltatore con un distillato di soave malinconia folk. Ogni istante è dilatato in un’attesa complice ma mai ammiccante: quella di Vashti Bunyan è, per antonomasia, un’arte da assaporare senza fretta. Holy Smoke, Jellyfish, Blue Shed nascondono una musica impalpabile e allo stesso tempo densissima, fatta di arpeggi che mimano lo stordimento onirico, mentre la title-track, posta significativamente in chiusura, è una ballata percorsa da un’intensità sacrale. Non dotata di una gran voce – spesso ridotta a semplice sospiro, ma con una rara capacità ipnotica – Vashti sposa con grazia innata sensazioni di calore domestico (Mother) e uno straniamento cosmico (Here) che rende etereo anche il dolore.

 

 

 




18 Novembre 2014 alle 20:28 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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