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Sufjan Stevens “Carrie & Lowell”

di | in: Primo Piano, Recensioni

Etichetta: Asthmatic Kitty
Brani: Death With Dignity / Should Have Known Better / All Of Me Wants All Of You / Drawn To The Blood / Eugene / Fourth of July / The Only Thing / Carrie & Lowell / John My Beloved / No Shade In The Shadow Of The Cross / Blue Bucket Of Gold

 

 

Una voce e una chitarra si addentrano nel trauma e ne escono cariche di meraviglie. Bastano i primi istanti di Death With Dignity per capire come, pur con così pochi elementi, l’arte di Sufjan riesca a coagulare emozioni, commozioni, ricordi spesso spiacevoli, senza inscenare il dolore, ma solo l’amore per la bellezza e per la verità. Carrie, la mamma di Sufjan scomparsa nel 2012, alcolista e malata psichiatrica, è la protagonista del disco, l’oggetto dell’amore di un figlio che, nonostante i torti subiti (Carrie abbandonò la famiglia quando Sufjan aveva un anno), incondizionatamente dedica un disco a lei e al suo compagno Lowell. Mai prima d’ora il musicista di Detroit aveva scavato nel proprio vissuto con questa ostinazione, tanto che ci si sente un po’ voyeur ad entrare in brani come All Of Me Wants All Of You, Eugene o Fourth Of July (con quel «were all gonna die» ripetuto allo sfinimento). Senza gli arrangiamenti sontuosi di “Illinoise” e senza i campionatori di “The Age Of Adz”, “Carrie & Lowell” è un disco giocato su suoni acustici asciugati del superfluo, in cui sono le parole, cesellate con la precisione di un anatomopatologo, a disegnare con efficacia le due figure di perdenti del titolo e a rendersi indimenticabili. «When I was three, three maybe four/she left us at the video store», canta Sufjan in Should Have Know Better, un brano che raggiunge l’arte che fu di Elliott Smith, vivisezionare il dolore senza rinunciare alla melodia fatale.

Sufjan Stevens è un artista che, dopo quindici anni di carriera, avrebbe potuto godere del credito accumulato, non avendo più nulla da dimostrare. Si mette invece in gioco con audacia e, cantandola, analizza la perdita in cerca di riconciliazione, una sfida quest’ultima che solo i migliori riescono a vincere con un’innata predisposizione al bello. In tempi non troppo remoti ci erano riusciti Lou Reed e John Cale con “Songs For Drella”, pubblicato dopo la morte di Andy Warhol, e più recentemente aveva toccato vertici di intensità e commozione Rufus Wainwright con “All Days Are Nught: Songs For Lulu”, dedicato alla madre Kate McGarrigle. Con “Carrie & Lowell”, Sufjan aggiunge un nuovo titolo all’ideale discoteca di chiunque sia sensibile all’intimità in musica, un titolo destinato a durare perché in ognuna delle undici canzoni suona qualcosa di splendidamente definitivo.




1 Aprile 2015 alle 22:10 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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