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Paolo For Lee “Minneapolis”

di | in: Recensioni

Etichetta: Plumbers & Flowers

Brani: Minneapolis / My City 1952 / The Last Prayer / Bad Creatures I Know / In Love And War / Hidden In A Furnace / The Passionate Mulder / Conversation With Frank Rayner / Ten Times Harsh / Do You Remember? / The Riley’s Song / It’s All Over

 

Dopo gli apprezzabili episodi firmati Bungalow62, Paolo Forlì torna con un nuovo progetto chiaramente figlio delle sue fascinazioni americane, in particolare dell’amore per il cantautorato lo-fi degli anni Novanta, e percorso da una poetica centrata sul lato oscuro della vita. Il più grande pregio di Minneapolis è proprio quello di riuscire da subito a precipitare l’ascoltatore in un’atmosfera sinistra, maleodorante, melmosa. Ascoltate una dietro l’altra, le dodici tracce aprono una voragine e tentano di riempirla con la stessa aria malsana cara agli amati Bill Callahan, Will Oldham, Pall Jenkins, Mark Kozelek, Mark Eitzel: questi i riferimenti principali del progetto, ai quali non possono non aggiungersi cattivi maestri come Johnny Cash, Leonard Cohen, Nick Cave.

Paolo si muove con disinvoltura tra le pieghe di un folk notturno e corroso, che ha bisogno di pochi elementi – un arpeggio appena abbozzato, un sussurro, un fruscio – per aprire il sipario sui suoi mostri. Grazie alle registrazioni casalinghe e alla produzione rispettosa di Mattia Coletti, i silenzi e le assenze hanno lo stesso peso specifico delle parole, e se è vero che il risultato è sempre convincente – a partire da quel quadretto di morbosa quotidianità che è la title-track, passando per i deliqui pianistici di My City 1952 e Bad Creatures I Know, per finire con i travestimenti da man in black in The Last Prayer, Ten Times Harsh, It’s All Over – è anche vero che a metà lavoro arriva la scossa migliore e inaspettata, la blues explosion di The Passionate Mulder, che si distacca dalla sacralità oppiacea del resto del disco, dandogli una luce e un senso compiuti.

Minneapolis è un disco spettrale, che non arretra di un centimetro rispetto all’idea di una forma canzone scarnificata e ripetitiva, nuda. Se avete voglia di canticchiare sopra un ritornello, stategli alla larga.

 

 




30 Settembre 2015 alle 18:48 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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